Sport paralimpici: a che punto siamo in Italia? Ne parliamo con Efrem Morelli
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Cremona, Lombardia - Quella del 2024 sarà un’estate ricca di grandi eventi sportivi. Prima gli europei di calcio che si terranno in Germania dal 14 giugno al 14 luglio, poi i Giochi Olimpici di Parigi, in programma dal 26 luglio all’11 agosto. E infine i Giochi Paralimpici, che avranno luogo dal 28 agosto all’8 settembre, sempre nella capitale francese. Mentre delle prime due manifestazioni si sta parlando molto, storicamente gli sport paralimpici non hanno avuto e non hanno ancora oggi lo stesso interesse mediatico.
Lo sport paralimpico – ovvero sport di persone con disabilità fisica che gareggiano in varie discipline e in categorie diverse a seconda della loro disabilità – sembra restare sempre un po’ nell’ombra rispetto allo sport delle persone senza disabilità. Ma ultimamente questa cosa sta cambiando. Ne abbiamo parlato con Efrem Morelli, nuotatore paraplegico e vincitore della medaglia di bronzo alle paralimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016.
Buongiorno Efrem! Vuole presentarsi? Chi è Lei e come è arrivato nel mondo degli sport paralimpici?
Iniziamo dal principio. Io ho sempre praticato sport fin da quando ero un ragazzino. Ho sempre avuto la passione per le moto, tramandata da mio padre, in particolare per il motocross, che ho praticato a lungo. A 17 anni sono passato tra i professionisti e ho cercato di rendere questo sport la mia professione.
A 20 anni, proprio durante una gara di motocross per il Campionato Italiano, ho avuto un incidente che mi ha reso paraplegico. Da allora diciamo che ho un po’ rigettato tutto. Dopo vari anni di fisioterapia ho iniziato a nuotare, inizialmente solo a livello terapeutico. Progressivamente è rinata un po’ la passione per lo sport che poi si è di nuovo tramutata in agonismo. Tutto è nato da lì, dalla fisioterapia in acqua e dalla voglia di rimettermi in gioco.
Quali sono le differenze tra sport e parasport?
Secondo me non ci sono differenze. Lo sport è sport per tutti, anche se magari nel parasport necessito di vari adattamenti. Ma io questo lo considero un aspetto molto, molto relativa.
In Italia, gli sport paralimpici ricevono la stessa attenzione – anche da parte dei media – e gli stessi finanziamenti dello sport delle persone non disabili?
Per quanto riguarda l’attenzione dei media verso il parasport [esita, ndr] ci stiamo arrivando. Piano piano. Stiamo costruendo qualcosa di importante a livello mediatico. Abbiamo degli ambasciatori molto conosciuti, come Bebe Vio o in passato Alex Zanardi, e tantissimi altri che stanno portando gli sport paralimpici a un livello mediatico molto importante. C’è ancora molto da lavorare e la strada è lunga, però si iniziano a vedere le gare in diretta, le paralimpiadi hanno un palinsesto ragguardevole e questa è una cosa molto positiva.
Per quanto riguarda le retribuzioni, qui la cosa importante che abbiamo ottenuto negli ultimi anni – negli due, per essere precisi – è stata quella dell’arruolamento anche degli atleti paralimpici nelle forze armate, come polizia, carabinieri, esercito, fiamme azzurre, fiamme gialle e così via. Questa è una cosa veramente positiva, perché significa che gli atleti disabili vengono equiparati agli atleti non disabili: tutti gli atleti hanno lo stesso valore. Di conseguenza anche le retribuzioni stanno pian piano salendo al livello degli atleti non disabili. Ci sono ancora cose da migliorare, ma siamo su una strada buona.
Come vengono visti gli sport paralimpici in Italia?
Il parasport in Italia negli ultimi anni ha subito una rivoluzione importantissima e molto positiva. All’inizio della mia carriera non era così. Quando io mi sono avvicinato agli sport paralimpici c’era poca considerazione. Spesso noi atleti paralimpici non venivamo visti come “veri atleti” che lavorano per qualcosa di importante. Importante per noi, per l’Italia, per chi ci segue da casa. E per la disabilità e l’evoluzione di essa a livello sportivo. Poi però negli anni la considerazione è cresciuta e questo per me è anche un motivo di orgoglio personale.
Credo che in generale oggi lo sport paralimpico venga visto in modo positivo. Tante persone giovani si stanno avvicinando agli sport paralimpici e questo è la dimostrazione che comunque si sta crescendo un po’ su tutti i fronti. Anche qua, ovviamente, bisogna continuare a lavorare, a promuovere lo sport, a parlare con la gente in modo da evolversi e diffondere il messaggio che lo sport paralimpico c’è e che offre tante possibilità. Anche a livello agonistico. Il nostro obiettivo è sempre andare bene nelle gare e portare a casa degli ottimi risultati, ma anche lanciare un segnale positivo a chi ci guarda.
Lei parteciperà alle paralimpiadi di Parigi quest’estate?
L’obiettivo è sicuramente quello. Sarebbe la mia quinta paralimpiade. La prima è stata il 2008 a Pechino e questa di Parigi sarebbe il coronamento della mia carriera. Ma prima dovrò affrontate alcune prove importanti, come il Campionato Europeo a Funchal in aprile.
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