18 Apr 2024

Sanità e diritto alla cura: cronache da un’Ogliastra che vuole vivere, non sopravvivere

Scritto da: Lisa Ferreli

In Sardegna la situazione sanitaria è giunta a un punto critico: tra carenze di personale medico, reparti ospedalieri traballanti e servizi essenziali in declino, i tagli alla sanità degli ultimi dieci anni stanno dando i loro amari frutti. La testimonianza dell'attivista ogliastrina Veronica Comida rivela una realtà segnata da un diritto alla salute continuamente messo in discussione, dove la mancanza di alternative territoriali e il sottodimensionamento del presidio ospedaliero locale stanno spogliando il territorio delle sue risorse vitali, costringendo molti, troppi, a rinunciare alle cure.

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Ogliastra - Mancano medici di base, negli ospedali c’è carenza di organico, i posti letto in specialità a elevata assistenza non sono abbastanza, le liste d’attesa sono “un incubo” mentre i reparti aprono e chiudono a singhiozzo. All’anamnesi della Sardegna dal punto di vista della sanità segue una diagnosi inequivocabile: tra inefficienza e sottodimensionamento, se il diritto alla salute nell’Isola è un miraggio per pochi, per tanti da inalienabile è diventato un privilegio a cui accedere indebitandosi o direttamente rinunciare. Le storie di chi vive una quotidianità in cui l’accesso alle cure è un salto a ostacoli raccontano un’Isola in cui abitare è sinonimo di lottare. «Qua è forse garantita la sopravvivenza, ma non la vita».

La testimonianza dell’attivista Veronica Comida arriva da un’Ogliastra in cui «a mala pena» si vive, si muore, ma non si nasce: nel presidio sanitario del territorio, l’Ospedale di Lanusei, riferimento per oltre 50mila abitanti, il Punto nascite è stato chiuso due anni fa. “Non definitivamente”, precisano dalla ASL, ma la situazione sanitaria nel territorio non è rosea: traballano i reparti ancora aperti mentre la mancanza di disponibilità di personale chiude le porte delle guardie mediche. Il diritto alla salute in Ogliastra è un fragile barlume attorno cui però è unita una comunità che in quell'”inalienabile”, continua a credere. E rivendicare.

sanità ogliastra
Veronica Comida, foto di Chiara Piras
Da anni in Ogliastra una contrazione dell’offerta sanitaria va avanti senza alternative territoriali. In virtù di questa situazione com’è non solo abitare, ma anche vivere qui?

Qua l’ospedale è ridotto al minimo a causa dei continui tagli e della scarso interesse istituzionale verso il tema della sanità. Senza dimenticare che ci sono comunità intere senza medico di base o guardia medica: qualunque cosa accada ti devi recare altrove, intasare i pronto soccorso o rinunciare alle cure. Si sta sempre peggio.

Ci sono stati anni durante i quali la popolazione ogliastrina forse ha fatto anche troppo silenzio, ma in tanti altri momenti si è risvegliata in maniera forte; eppure la sanità continua a perdere pezzi. Otto anni fa scendevamo in piazza per chiedere che l’ospedale rimanesse punto di primo livello per mantenere attivi i reparti, ora siamo al punto in cui chi vuole fare famiglia sceglie di andare altrove e l’Ogliastra continua a svuotarsi.

E dal punto di vista della sanità, com’è “altrove”?

Altrettanto problematico. Se pensiamo al presidio più vicino, quello di Nuoro – a 70 chilometri di curve, zone d’ombra, strade a una corsia per senso di marcia e zero corsie di emergenza –, anche lì la situazione è in grossa difficoltà. Di recente ci sono stati alcuni giorni di “infarti vietati“: nel reparto di Emodinamica di Nuoro – quello di Lanusei è chiuso –, fortemente ridimensionato, l’attività di emergenza-urgenza è stata sospesa per mancanza di personale.

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Dal punto di vista comunitario, qual è la problematica più forte al momento?

La rassegnazione. Sembra che ci stiamo sempre più abituando a questa situazione di sospensione dei diritti istituzionalizzata. Sono tantissime le persone che non avendo i mezzi per curarsi e non potendo accedere alla sanità pubblica rinunciano alle cure: se non hai i soldi che fai? Ci sono tante, troppe storie così, invisibilizzate da una situazione in cui non hanno alternativa, persone che si vedono costrette a lasciar aggravare situazioni. Basta pensare alle quotidianità delle tante donne incinte.

La chiusura del punto nascite è una grande ferita nel territorio. “Le gravide a termine facciano riferimento ad altre strutture della regione”, ha liquidato la ASL nel 2022, ovvero i più vicini Punti nascita di Nuoro e Cagliari, quest’ultimo a 130 chilometri di distanza, paradossalmente più agevoli dal punto di vista della viabilità rispetto al collegamento per Nuoro: alcuni punti sono più scorrevoli ma non si tratta comunque di un’autostrada, non ci sono corsie di emergenza e c’è una corsia per senso di marcia. Tra parti in strada e viaggi in elicottero in emergenza, anche la quotidianità di donne, minori e famiglie pare in affanno.

Esatto, già durante la gestazione: visite che potresti fare nel tuo territorio devi invece svolgerle altrove prendendo una giornata intera e se non si è automuniti la situazione diventa ancora più complessa. Ricordiamo che qua non abbiamo treni e gli spostamenti pubblici sicuramente non sono funzionali a rispondere a situazioni di emergenza. Senza contare poi che se si ci si muove nella stagione invernale ci sono problemi legati al tempo soprattutto su Nuoro dove la tratta attraversa i punti più alti dell’Isola; in quella estiva ci sono invece i grossi problemi legati al traffico, soprattutto su Cagliari.

Con un presidio vicino ci sarebbe una serenità diversa nell’affrontare le cose della vita. pensiamo anche a tutte le altre situazioni sanitarie, affrontare viaggi per dover andare a fare cure tumorali ad esempio, così non è fattibile. Avevamo molti più servizi vent’anni fa che oggi.

L’Ogliastra continua ad essere presentata come una piccola oasi per il turista ma non ci si preoccupa dell’inferno di chi lo abita

Ritorniamo alla domanda iniziale, riformulandola: come sta il territorio?

Queste politiche spogliano i territori: qua è a mala pena garantita la sopravvivenza, non la vita. Una ogni giorno deve essere una combattente: se ti tolgono tutto, quale voglia hai di far crescere una famiglia in un luogo sempre più povero? Il territorio è di chi lo vive e di chi lo abita, l’attenzione dovrebbe essere su questo invece qua abbiamo un’Ogliastra dove ci si concentra sul turismo senza pensare a chi qua vuole vivere.

Siamo bombardate da chi ci dice che dobbiamo fare figli, ma dove li dobbiamo fare? Dove la sanità non esiste e non si riesce a trovare una casa in affitto? Per crescere devo andarmene da qua, è un luogo che continua a essere presentato come una piccola oasi per il turista ma non ci si preoccupa dell’inferno di chi lo abita.

La situazione sanitaria tra l’altro riguarda anche chi sceglie l’Ogliastra per una vacanza.

Il problema è di pubblica sicurezza. Si pensa di poter vivere di turismo, ma se tu a un turista non garantisci servizi essenziali come l’accesso alle cure se necessario, cosa stai offrendo? Per il ponte del 25 aprile ad esempio a Tortolì saremo senza guardia medica, la ASL ha dichiarato che per diversi giorni il servizio non sarà garantito per mancanza di personale. Nei giorni in cui sono previsti arrivi, escursioni, spostamenti, questo servizio non sarà garantito e anche per una cosa banale si dovrà andare al pronto soccorso, intasandolo.

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Facendo nuovamente un passo indietro, che cosa alimenta la rassegnazione?

A portare sfiducia è la risposta delle istituzioni, le loro “mani legate”. Ma davvero un sindaco, un esponente delle istituzioni non può fare niente per tutto ciò? Se i primi a dirti che non hanno potere sulle politiche sanitarie sono le istituzioni che invece il potere ce l’hanno, noi come popolazione, civilmente, cosa possiamo fare? Oltre lottare, essere presenti e attivi e voler mantenere in vita il territorio perché non sia destinato a morire.

Il diritto alla salute è stato messo in discussione da tempo, con le scelte errate negli anni che hanno svenduto territorio in mano alle varie speculazioni e servitù, da quelle industriali, alle energetiche, alle militari: tutto ciò non ha niente a che fare col diritto di accesso alla sanità degli abitanti. Pensiamo a quanto accade a chi abita attorno alle basi militari: ci avvelenano per un tozzo di pane, per poi privarci del diritto alle cure nel territorio.

Un futuro però invischiato in questa realtà complessa c’è. Qual è?

Io sono fiduciosa, vedo soprattutto nelle nuove generazioni molta più consapevolezza riguardo a tantissime tematiche. Sarebbe bello che tutti insieme a livello comunitario, con uno scambio generazionale, dessimo voce a chi vuole abitare il territorio e ci vuole stare, senza sentirsi costretta ad andarsene. Dobbiamo riprenderci gli spazi e le parole, ricominciare davvero a ritrovarci e costruire occasioni di confronto e di azione collettiva. Basta tagli alla sanità, il diritto alla salute non può essere messo in discussione e l’Ospedale di Lanusei deve restare aperto.

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