Progetto Pace cura un orticello di solidarietà dove si coltivano diversità e inclusione sociale
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Campania - Via Pia 49 è una traversa di via Epomeo, la strada principale del quartiere Soccavo di Napoli, ricca di bar, negozi, botteghe e attività commerciali di diverso tipo. Sorprende quindi trovare proprio qui, circondato da edifici, un orto rigoglioso e fertile, curato dall’associazione di volontariato Progetto Pace. Si tratta di un orto speciale e non solo perché cresce circondato dal cemento: oltre a frutta e verdura infatti vi si raccolgono amore, solidarietà, speranza e gioia di vivere.
Questo spazio verde è animato da attività ludiche e ricreative e offre un rifugio e nuove opportunità a chi si trova in situazioni di esclusione o di emarginazione sociale. A raccontarci la storia e l’impegno portato aventi da Progetto Pace è stata proprio Antonietta Di Leva, la presidente dell’associazione.
LA STORIA DI PROGETTO PACE
Vent’anni fa, un gruppo di donne decise di mettere a disposizione un po’ del proprio tempo per aiutare gli altri. «Abbiamo iniziato assistendo malati oncologici che non avevano nessuno che si prendesse cura di loro», ha raccontato Antonietta. «Li aiutavamo nelle faccende domestiche e in quelle piccole incombenze quotidiane che diventano enormi quando si affronta una malattia». Ma fu per volontà di Padre Giuseppe Tenaglia, sacerdote e fondatore dell’ordine dei dehoniani, che nacque ufficialmente l’associazione Progetto Pace.
Una di queste persone, in segno di gratitudine per il tempo e l’affetto dimostrato, decise di lasciare la propria casa in eredità all’associazione, che a sua volta per onorare il gesto decise di trasformarla in un luogo di ritrovo e aggregazione per persone che soffrivano maggiormente la solitudine, non potendo accedere a normali luoghi di socializzazione. È così che l’impegno di Progetto Pace iniziò a rivolgersi soprattutto verso persone con disabilità, sia fisica che mentale, che avevano terminato la scuola e che non erano più accettate dai centri di riabilitazione.
IL DESIDERIO DI CITTADINANZA ATTIVA
«Molte persone con disabilità, una volta terminata la scuola, rimangono totalmente isolate e le loro condizioni peggiorano. Purtroppo non tutte hanno alle spalle una famiglia che riesce a sostenerle. Ci siamo rese conto presto che la cosa che più mancava loro era proprio un luogo dove ritrovarsi, incontrarsi e stare insieme. Abbiamo iniziato con una serie di attività ludiche, ma dopo un po’ di tempo abbiamo cominciato a sentire il bisogno di impegnarci in qualcosa di nuovo, di diventare cittadinanza attiva», ha raccontato ancora Antonietta.
«Abbiamo preso in adozione alcune aiuole nelle nostre zone e abbiamo iniziato a curarle. Volevamo metterci in gioco in un’attività nuova, ma anche rinnovare e portare un po’ di verde nel nostro quartiere. Intorno a quelle aiuole si creò in poco tempo uno spazio di condivisione: ci si recava lì anche solo per passare un po’ di tempo al sole, leggere all’aria aperta o semplicemente fare due chiacchiere con il vicinato».
NASCE L’ORTO SOCIALE DI PROGETTO PACE
Né Antonietta né nessun altro dei ragazzi e delle ragazze del Progetto Pace avrebbero mai immaginato quanto bene avrebbe fatto loro prendersi cura di quelle aiuole. «Ai ragazzi piaceva tantissimo occuparsi delle piantine, vederle crescere e cercare di capire di cosa avessero bisogno. Si sentivano estremamente orgogliosi quando riuscivano a far nascere qualcosa di nuovo. Così, ci siamo impegnati per trovare un pezzo di terra da coltivare e dare vita a un orto sociale».
Progetto Pace si trasferì allora in via Pia 49, dove le attività ludiche abituali – che vanno dal teatro, allo yoga in natura a laboratori di rap – si alternano al lavoro nell’orto e alla trasformazione dei prodotti in marmellate, conserve sott’olio e vini biologici. Lavorare insieme è stimolante e divertente. «Prima di iniziare un nuovo laboratorio, chiediamo sempre ai ragazzi cosa piacerebbe fare loro. Sono partecipi e attivi nella scelta di tutte le attività», ha spiegato Antonietta.
UN AIUTO SPECIALE PER I RAGAZZI DI PROGETTO PACE
I ragazzi amano lavorare l’orto e sono sempre entusiasti di proporre cosa piantare e quali prodotti elaborare, anche se sono costantemente guidati e supportati. Progetto Pace ha scelto per loro dei mentori speciali: anziani del quartiere che condividono le proprie conoscenze e esperienze per aiutare i più giovani a crescere. Questo approccio permette ai ragazzi di sviluppare competenze pratiche ed esperienza, mentre le persone anziane, anche loro troppo spesso colpite dalla solitudine e dalla noia, ritrovano la compagnia e tornano a sentirsi utili per la comunità.
La lavorazione dell’orto coinvolge tutti: volontari, anziani e ragazzi. Oltre a essere un momento di impegno e crescita, è anche un’occasione di condivisione e socializzazione. «I momenti più belli sono quelli in cui tutti attendiamo insieme la cottura della marmellata o quando prepariamo il pranzo con i prodotti dell’orto, scambiando esperienze di vita», raccontano.
Il gruppo è molto coeso e le differenze sono una forza più che un ostacolo. «Non abbiamo mai fatto distinzioni riguardo al tipo di disabilità. Ci sono ragazzi con autismo, altri con sindrome di Down e altri ancora con lievi ritardi cognitivi o motori. La diversità non è mai stata un problema e anzi compensa le difficoltà. Nel momento di difficoltà, c’è sempre un amico a cui chiedere aiuto».
COME PROGETTO PACE TRASFORMA I CUORI DI CHI ENTRA A FARNE PARTE
Progetto Pace accoglie anche chi presta servizi socialmente utili come alternativa alla detenzione. «Si tratta di persone che hanno commesso reati minori e che aiutano in tutte le attività svolte dal gruppo, a seconda nella necessità. È un’alternativa alla detenzione, con cui si cerca di offrire loro la possibilità di reinserirsi in società. Per alcuni di loro, lavorare con Progetto Pace è stata un’esperienza meravigliosa».
Antonietta racconta che la loro trasformazione è stata più che mai evidente proprio perché si trattava di persone che non avevano già una sensibilità sviluppata nei confronti di certi temi, e che probabilmente non si sarebbero mai avvicinati volontariamente a Progetto Pace. «Si sono legati così tanto ai ragazzi che spesso tornano anche dopo aver terminato il periodo di messa alla prova, perché chi entra a contatto con questi ragazzi, ne esce irrimediabilmente cambiato», ha raccontato ancora Antonietta.
E questo vale per tutti. «Noi volontari proviamo un’enorme stima per la determinazione e la forza con cui questi ragazzi e ragazze superano gli ostacoli quotidiani. Chi nasce senza disabilità non sa cosa vuol dire dover lottare quotidianamente con le difficoltà che la disabilità comporta, oltre che per difendere i propri diritti, la propria dignità e combattere stigmi e pregiudizi. Eppure, nonostante le difficoltà, questi ragazzi riescono sempre a trovare gioia in quello che fanno». Quando hanno ricevuto la visita dell’Assessore alle politiche sociali, gli hanno detto: «Qui ci sentiamo forti, perché possiamo metterci alla prova e superare i nostri limiti senza aver paura di sbagliare».
Progetto Pace è un ambiente in cui è possibile crescere insieme, dove ciascuno ha la possibilità contribuire secondo le proprie capacità. Ogni persona è accolta senza pregiudizi né discriminazioni, perché l’associazione abbraccia una visione di comunità inclusiva, dove le diversità sono valorizzate, e non solo accettate. È in questo che sta tutta la forza e la bellezza di Progetto Pace.
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