Navi da crociera: ecco cosa è emerso dall’inchiesta sul loro impatto
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Grandi, maestose e colorate. A vederle da lontano le navi da crociera appaiono come enormi imbarcazioni affascinanti, con ogni sorta di divertimenti, prelibatezza culinaria e attività di ogni genere al loro interno. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un crescendo di dimensioni e di conseguenza del numero di persone che possono trasportare, ma sappiamo che nulla è slegato in questo mondo. Qual è dunque l’impatto che queste grandi navi hanno sul nostro eco sistema? Qual è l’inquinamento che producono e cosa stanno facendo per ridurlo?
Raccontiamo ogni giorno di normative, progetti e realtà virtuose che si interrogano sistematicamente per ridurre l’impatto dell’essere umano nelle città e non solo. Tale processo sta avvenendo anche per queste enormi città mobili o rimane ancora della strada da fare? L’inchiesta sulle navi da crociere è giunta al suo termine, almeno per ora, e vi raccontiamo cosa è emerso.
I NUMERI DEL SETTORE
Sono circa 13 milioni i passeggeri che sono transitati per i porti italiani nel 2023, un record storico negli ultimi trent’anni. Erano stati 9,3 milioni del 2022 e si prevede che crescano fino a 13,8 milioni nel 20241. Secondo i dati presentati all’ultima edizione dell’Italian Cruise Day, la regione Liguria sarebbe la prima in classifica per 3 milioni di passeggeri circa movimentati lo scorso anno e ci si aspetta un’ulteriore crescita anche qui.
Per comprendere il tipo di impatto che queste navi hanno sul territorio in cui vengono ormeggiate per partenze e per singole tappe, ma anche lungo l’intera tratta percorsa, è necessario comprendere l’entità di ogni singola nave movimentata. Le stime medie del numero complessivo delle persone a bordo sono di circa 4000 persone per imbarcazione, la quale ha una stazza calcolata tra le 100 e le 200mila tonnellate.
Ma i numeri sono in rapida ascesa. La gara alla nave più grande è ancora in corsa e proprio in questi ultimi mesi è stato inaugurato il nuovo record: si chiama Icon of the Seas ed è stata creata per trasportare fino a diecimila persone circa tra passeggeri e personale di bordo. È lunga 365 metri e pesa circa 250mila tonnellate. Il motivo di questa folle corsa alla nave più grande è di natura economica.
Aumentando infatti le dimensioni si ottimizzano i costi fissi delle navi intercettando però un numero sempre maggiore di passeggeri e quindi di conseguenti ricavi. Ma tutto ciò ha un prezzo molto alto, che va ben al di là del costo del biglietto per acquistare una vacanza in crociera.
L’IMPATTO PERCEPITO E NON
Come riportato infatti da Repubblica, “secondo il Consiglio internazionale per il trasporto pulito, una no profit di Washington, il passeggero di una crociera produce in media 420 chili di anidride carbonica al giorno, mentre se stesse in hotel, aggiungendo i mezzi per spostarsi, ne produrrebbe 81. A questi dati vanno aggiunti i danni alla fauna e flora marina prodotti dalla navigazione”.
Tale impatto porta le navi da crociera a essere tra i mezzi per viaggiare più impattanti al mondo e le sostanze più inquinanti emesse dalle navi da crociera sono principalmente gli ossidi azoto, i più comuni dei quali sono i vari biossidi di azoto. “Esiste una proporzionalità diretta – prosegue il report – tra la concentrazione media annuale dell’inquinante e i danni alla salute, espressi come mortalità per cause naturali, mortalità respiratoria e ricoveri ospedalieri”. Ma non solo. Ad aggiungersi agli effetti degli ossidi di azoto ci sono anche le polveri sottili e da qualche anno sappiamo che più il diametro di queste particelle è inferiore, più sono pericolose per la salute umana.
Sono diverse le associazioni e comitati locali, anche liguri, che cercano attraverso report e analisi di far sentire la loro voce e chiedere nuove normative più stringenti per limitarne l’impatto. Durante l’inchiesta abbiamo sentito diverse campane, tra cui quella della rete di monitoraggio popolare Che Aria Tira, attiva a Genova dal 2018, che ha installato diverse mini centraline in città proprio al fine di rilevare dati utili a comprendere la gravità della situazione.
Nell’intervista al chimico dell’Ecoistituto di Reggio Emilia e Genova Federico Valerio, collaboratore della rete, ci è stato spiegato che «in uno degli articoli pubblicati abbiamo provato a stimare quale fosse l’inquinamento a oggi della zona limitrofe al porto di Genova: è emerso che se si rispettassero le indicazioni ultime previste dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, si avrebbero 300 morti in meno all’anno».
ANCHE IL MARE NE PAGA LE CONSEGUENZE
Inquinamento atmosferico nelle cittadine dei porti, con le conseguenze del caso, ma non solo. Le sostanze inquinanti prodotte dalle navi sono un problema non solo per le persone che lavorano e vivono nel raggio di qualche chilometro dal porto, ma anche per altri organismi, dai vegetali agli altri animali, al plancton. «È indubbio – ci spiega Federico Valerio – che le dinamiche e gli impatti sono diversi, in quanto gli organismi sono diversi, ma è stato ampiamente accertato che l’acidificazione del mare ai solfati acidi solforici emessi dalle navi ha un impatto su tutti gli organismi viventi».
Ma questo non è l’unica conseguenza per il mare e i suoi abitanti. A illustrarci nel dettaglio la situazione è stata la biologa e divulgatrice scientifica Maddalena Jahoda in un’intervista in cui ci ha spiegato che «il primo grande problema è il rischio di collisioni, elemento venuto alla luce solo di recente. Succede sempre più spesso infatti che navi da crociera, ma anche navi cargo, investano accidentalmente dei cetacei».
Il problema riguarda principalmente due specie, entrambe di grandi dimensioni: la balenottera comune e il capodoglio. I risultati di una ricerca mostrano che dagli anni ‘70 ai primi anni 2000 sono state accertate 420 collisioni con cetacei con grandi navi. Di questi 280 i cetacei trovati spiaggiati e 140 quelli sopravvissuti, con segni evidenti. La tendenza in questi ultimi vent’anni è però in costante aumento.
SOLUZIONI ATTUALI E FUTURE
I nuovi parametri di riferimento suggeriti dall’OMS sottolineano che per poter garantire la salute della popolazione dobbiamo diminuire drasticamente i valori dell’inquinamento. Il limite previsto fino ad oggi viene calcolato su una media annuale, ma le ultime ricerche epidemiologiche dimostrano che esistono danni anche a seguito di esposizioni brevi, di un solo giorno.
Le soluzioni in atto per ridurre tali valori sono ancora da concretizzarsi, ma gli obblighi imposti alle navi prevedono di cambiare il combustibile utilizzato una volta avvicinate al porto, ma non solo. Da anni si parla di una possibile soluzione, adottata da molte città europee e sempre più diffusa anche in Italia: l’elettrificazione delle banchine portuali, strategia utilizzata per ridurre al minimo l’utilizzo dei combustibili fossili e il relativo impatto ambientale quando le navi sono attraccate al porto.
Nonostante la tecnologia sia molto efficace, i limiti esistono: pochi porti ad oggi sono già operativi per ospitare navi con questa predisposizione. Inoltre, nonostante alcuni porti possiedano più banchine elettrificate, la quantità di energia a disposizione non è sufficiente per poter fornire contemporaneamente l’elettricità a più navi. Ma non solo: questa soluzione limita l’inquinamento atmosferico prodotto vicino ai porti, ma cosa ne è di quello prodotto durante la navigazione? E del rischio già citato delle collisioni?
Sappiamo che mentre si attendono soluzioni tecnologiche per eliminare le conseguenze impattanti per gli ecosistemi più fragili, già messi a dura prova dall’uomo, come il mare, è possibile intervenire con normative specifiche per proteggerli. Da diversi Paesi arrivano esempi virtuosi di scelte coraggiose, come dal New England, negli Stati Uniti d’America, dove il traffico marino metteva a rischio la specie di balene franche, mammiferi molto lenti nei movimenti, che ha deciso di spostare le rotte dei traghetti, che erano tra i mezzi più numerosi.
Una scelta simile è stata adottata in Grecia: qui sono stati stipulati accordi con alcune compagnie di crociere, le quali hanno accettato di cambiare rotte per evitare gli habitat più fragili. In attesa quindi di trovare soluzioni tecnologiche più evolute, l’unica cosa possibile è quella di analizzare l’impatto di queste grandi navi e limitarne con normative specifiche le rotte e gli strumenti per ridurre il loro impatto e il loro inquinamento su terra ferma e non. A noi singoli cittadini rimane la possibilità di fare scelte basate sulla consapevolezza e sul rispetto di ciò che ci sta intorno, perché come ben sappiamo tutto è interconnesso e non possiamo dimenticarcene, soprattutto in vacanza!
Scopri l’intera inchiesta qui.
Note:
1 www.portnews.it/nel-2024-attesi-138-mln-di-passeggeri-nei-porti-italiani/
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