MAG4, la mutua autogestione piemontese, si schiera contro il mercato delle armi
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Torino - La cooperativa MAG4 Piemonte, insieme a decine di organizzazioni della società civile riunite nel coordinamento Basta favori ai mercanti di armi!, lancia una mobilitazione per chiedere al Parlamento di non peggiorare i meccanismi di autorizzazione e controllo e i presidi di trasparenza sull’esportazione di armamenti previsti dalla legge 185 del 1990.
MAG4 SCENDE IN CAMPO
Per questa mobilitazione – di cui abbiamo parlato diffusamente negli ultimi tempi dando spazio, fra gli altri, all’iniziativa di Banca Etica e all’appello di Alex Zanotelli – scende dunque in campo anche uno degli istituti storici del mondo della finanza etica italiana. La cooperativa MAG4 Piemonte nasce infatti 37 anni fa e proprio in seno ai movimenti per l’obiezione di coscienza alle spese militari.
«L’obiettivo allora come adesso è promuovere una finanza che rifiuta di fare affari con chi produce strumenti di morte. Una finanzia etica, mutualistica e solidale. Mai avremmo pensato di tornare indietro di trent’anni», spiegano da MAG4, molto attiva non solo nelle operazioni finanziarie per sostenere in maniera mutualistica progetti etici, ecologici e solidali, ma anche nella divulgazione di consapevolezza economica e del concetto di “votare col portafoglio”.
LA LEGGE 185 È IN PERICOLO
Ma veniamo al nocciolo della questione: «Il Senato – ricordano da MAG4 – ha approvato in aula il 21 febbraio 2024 un disegno di legge di iniziativa governativa che cancella i meccanismi di trasparenza e controllo parlamentare sul commercio e le esportazioni di armi e sulle banche che finanziano tali operazioni. Con una fretta inconsueta e degna di miglior causa e approfittando della distrazione della stampa e dell’opinione pubblica, il disegno di legge è stato approvato prima in commissione e poi in aula al Senato, dove sono stati bocciati tutti gli emendamenti che tentavano di mitigare gli effetti più nefasti del provvedimento».
Il testo è ora al vaglio della Camera: sarà esaminato dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa e si prevede che arriverà in aula a maggio. Decine di organizzazioni della società civile – fra le altre, Banca Etica, Libera, Altromercato, ARCI, CGIL, Legambiente, Mani Tese, Reti di Pace – chiedono ai deputati di modificare il disegno di legge per ripristinare il controllo del Parlamento sull’export di armi e sulle banche che fanno affari con tali operazioni.
I PUNTI CHIAVE
Ma perché la legge 185/90 è così importante? «Si tratta di una norma innovativa che il Parlamento ha approvato nel 1990 dopo una grande campagna di mobilitazione della società civile, inserendo per la prima volta dei criteri non economici nella valutazione di autorizzazione delle vendite estere di armi italiane. Un approccio che è stato poi ripreso sia dalla Posizione Comune UE sull’export di armi sia dal Trattato ATT (Arms Trade Treaty)».
«Sebbene nel corso degli anni la legge 185 – che prevede il divieto di invio di armi verso Paesi in conflitto e in cui ci siano gravi violazioni dei diritti umani – non sia stata in grado di fermare esportazioni di sistemi militari con impatti molto negativi, è indubbio il grande ruolo di trasparenza che essa ha avuto. Permettendo al Parlamento e alla società civile di conoscere i dettagli di un mercato spesso altamente opaco».
Ora questa possibilità di trasparenza è messa in pericolo a causa di decisioni che vogliono rendere sempre più liberalizzata la vendita di armi, con l’utilizzo di false retoriche: non è vero che c’è un problema di eccessivi controlli sull’esportazione di armi italiane e non è vero che questa modifica della legge 185/90 favorirà una maggiore sicurezza per l’Italia in un momento di crisi internazionale. Al contrario facilitare la vendita all’estero di armi che sicuramente finiranno nelle zone più conflittuali del mondo aumenterà l’insicurezza globale, e quindi anche quella di tutti noi, solo per garantire un facile profitto di pochi.
Questa modifica della legge 185/90 parte da lontano perché da anni la lobby dell’industria militare e i centri di ricerca e di pressione a essa collegati chiedono a gran voce di poter praticamente liberalizzare l’export di armi. A chi fa affari vendendo nel mondo armi e sistemi militari non fa piacere che ci sia trasparenza e controllo anche da parte della società civile, oltre che allineamento con principi che non prendono in considerazione solo i fatturati.
«Già nella situazione attuale sappiamo bene che non sempre le autorizzazioni rilasciate sono state in linea con i criteri della Legge 185/90 e dei trattati internazionali: se il nuovo disegno di legge dovesse passare la situazione peggiorerebbe, in particolare sulla questione degli intrecci tra finanza e produzione di armamenti», concludono da MAG4.
Clicca qui per firmare la petizione.
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