Jorge Eielson, l’artista peruviano che ha scelto Bari Sardo come dimora per l’eternità
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Ogliastra - Nel cimitero di Bari Sardo, paese dell’Ogliastra di circa 4000 abitanti, fra le varie tombe c’è quella in cui giace Jorge Eielson. Un sepolcro semplice, spoglio, come tanti altri: Eielson fu però un artista a 360 gradi, nato in Perù – a Lima il 13 aprile 1924 –, morto l’8 marzo 2006 a Milano, e per sua scelta sepolto in Sardegna. Nonostante il paese ogliastrino abbia omaggiato l’artista con la manifestazione “Is Reys de Gardalys” tenutasi a Bari Sardo nel 2014, ai più nell’Isola il suo nome è sconosciuto.
Nel 2023 è stata allestita al Museo MAN di Nuoro la mostra “Maria Lai e Jorge Eielson 100mila stelle”, la prima mostra istituzionale dedicata la profondo dialogo intellettuale e affettivo che legò i due artisti. Ma il legame con l’Isola dovette andare oltre la mera produzione artistica.
CHI ERA JEORGE EIELSON
Jorge nasce da padre norvegese e da madre peruviana. Sin da piccolo rivela particolari attitudini artistiche. Tra i suoi maestri fu determinante lo scrittore e antropologo José María Arguedas, perché fu lui per primo ad acculturarlo sulle civiltà antiche peruviane, queste ultime avranno infatti una profonda influenza sull’artista: il suo esordio è come poeta. Nel 1946 però inizia a dipingere. Due anni dopo, vince una borsa di studio che gli consente di andare a Parigi, dove entra a contatto con gli ambienti artistici del Quartiere latino.
Il 1951 è un anno determinante: Eielson fa il viaggio più importante della sua vita, in Italia; arriva a Roma, si stabilisce nella capitale e da qui collabora con diverse riviste, entrando nell’ambiente della Galleria Obelisco e conoscendo l’artista ogliastrino Michele Mulas, il quale diventerà il suo compagno di vita. Successivamente, insieme si stabilirono a Milano, mentre erano invece soliti trascorrere le vacanze estive nel paese natale di Mulas, Bari Sardo. Qua, lungo la costa ogliastrina, restaurarono una cascina in campagna contenente ancora oggi, diverse delle loro opere.
EIELSON E LA SARDEGNA
La questione sorge spontanea: perché Eielson si lega alla Sardegna? Secondo Damiano Rossi, guida museale della Stazione dell’arte di Ulassai, «il legame passa per Mulas e Lai». Citando lo stesso Eielson, Mulas rappresentava “un miracoloso miscuglio di puer aeternus, di naturale eleganza, di profonda generosità e umiltà, ma soprattutto d’una irresistibile gioia di vivere. Incontrarlo era sempre, per tutti, una festa, con quel suo sorriso aperto, e il suo bel viso scultoreo. Tutte queste sue qualità si riflettono nella sua opera, nelle diverse fasi attraversate, sempre con rinnovata freschezza, ma anche con un rigore inaspettato in una personalità come la sua […]”. Ma non è solo il sentimento e il rispetto profondo verso il compagno a legare l’artista peruviano all’Isola.
La Sardegna rurale è lo sfondo in cui Eielson si lega a Maria Lai. I due artisti intrecciano la loro storia privata con quella artistica: sono legati da un profondo affetto che consente loro di condividere riflessioni sul mondo e sull’estetica, e realizzare opere a quattro mani. Le poesie di Eielson danno spunti a Lai per le trame dei suoi fili, e a sua volta, la Sardegna di Maria Lai, il suo passato arcaico e fatato, ispirano i versi di dell’artista peruviano e i nodi di stoffa, eredità della cultura sudamericana. Sul rapporto tra Eielson e Lai, interviene anche Elisabetta Masala, curatrice del MAN Museo d’arte della provincia di Nuoro, dove nel 2023 si è tenuta la mostra.
Masala precisa che «lo sviluppo artistico dei due è indipendente, ma ciò che colpisce è che i loro percorsi, seppur paralleli e provenienti da contesti culturali e geografici differenti, arrivano ad un medesimo sviluppo, ossia l’approccio nei confronti del paesaggio della propria terra: Eielson sui paesaggi del Perù, Lai della Sardegna, manifestando un profondo legame con il proprio territorio d’origine. Per entrambi il paesaggio diventa quasi un immaginario ancestrale, che viene declinato in maniera personale». Eielson pare dunque ritrovare in Mulas e Lai, ma anche nella Sardegna che vede come incontaminata, quel mondo archetipo della civiltà della gli Inca, anch’essa densa di storia e cultura.
PROSPETTIVE E ARTE CONTEMPORANEA NELL’ISOLA
Ciò che emerge è una straordinaria vitalità di temi che vanno dal primordiale al contemporaneo, e che trova nella nostra Isola un territorio fertile per l’arte contemporanea. Se quest’ultima si caratterizza infatti per la capacità di rispondere ai contesti mutevoli del nostro mondo, con opere che vengono prodotte con tecniche e linguaggi interdipendenti, questi stessi aspetti li troviamo anche nelle opere di Eielson e di Lai. La Sardegna dunque si presenta culla di una cultura antica e contemporanea, troppo spesso relegata al ruolo di folklore.
Ciò che Damiano Rossi evidenzia è come nell’immaginario collettivo si sia creata «una sorta di ciambella, dove le coste sono oggetto di attenzione, mentre l’entroterra è spesso ignorato». Tutto ciò, a discapito di storie come quella di Eielson e Murgia, che hanno cucito costa e entroterra col fil rouge dell’arte, della sperimentazione e delle relazioni umane in grado di generare nuovi universi creativi. Elisabetta Masala ci offre però un altro punto di vista: «La Sardegna vive di contrasti: da un lato succube del proprio un isolamento, anche geografico; dall’altro possiamo osservare delle pulsioni che guardano verso l’esterno e che dunque consentono di portare elementi innovativi reinterpretati alla luce degli archetipi che fanno parte del nostro DNA»
In un senso identitario, ma allo stesso tempo variegato e unitario, si potrebbe riporre la speranza di un futuro che nel raccontare la Sardegna non lasci indietro la cultura tutta. Affinché mare e montagna non siano più una dicotomia, ma un insieme variegato dell’arte che ci rende opera permanente in continuo divenire.
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