Green Culture: cambiamento e innovazione per progettare la transizione ecologica
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Torino - Incrementare le competenze e diffondere pratiche sostenibili. Concetti apparentemente semplici che però, nel mare magnum dei progetti, dei bandi, dei corsi e dei momenti formativi a tema sostenibilità che si incontrano oggi, a volte non trovano un’attuazione all’altezza delle necessità. Già, perché oggi la transizione ecologica – reale, condivisa, efficace, sostenibile – non è più rimandabile.
A questo proposito, particolarmente significativa è l’esperienza di Green Culture, un percorso di cambiamento e innovazione per progettare la transizione ecologica che si rivolge agli enti culturali con l’obiettivo di porre le basi per una consapevolezza più profonda del ruolo delle industrie culturali e creative nella transizione ecologica stessa, fungendo da modello per le comunità di riferimento. Ne abbiamo parlato con il team di Green Culture, che può contare sulla sinergia di tre enti differenti del comprensorio piemontese.
Partiamo presentando sinteticamente le realtà promotrici di Green Culture, i loro background e l’apporto che garantiscono al progetto.
Green Culture è realizzato da tre enti con sede a Torino: Circolo del Design, Fondazione Santagata per l’economia della cultura e Legambiente Piemonte Valle d’Aosta. Il Circolo del Design è un centro di produzione culturale dedicato all’approfondimento e alla promozione del design contemporaneo. Con un palinsesto di attività culturali e formative il Circolo contribuisce a rinforzare il sistema del design, crea progetti per lo sviluppo di opportunità professionali e collabora con le istituzioni per generare progetti a servizio del territorio.
Fondazione Santagata per l’economia della cultura è un’organizzazione indipendente che si occupa di promuovere e sviluppare attività di ricerca, formazione e supporto a realtà che operano nel settore culturale, con particolare focus su: modelli di gestione del patrimonio culturale, processi di produzione e innovazione basati sulla creatività, turismo legato al patrimonio culturale materiale e immateriale e sostenibilità nelle attività culturali e creative.
Legambiente Piemonte Valle d’Aosta è un’associazione senza fini di lucro, fatta di cittadini e cittadine che hanno a cuore la tutela dell’ambiente in tutte le sue forme, la qualità della vita, per un mondo più equo, solidale e sostenibile. Ha fondato la sua missione sull’ambientalismo scientifico, raccogliendo dal basso migliaia di dati sul nostro ecosistema, che sono alla base di ogni denuncia e proposta.
Qual è il livello di consapevolezza e di padronanza degli strumenti pratici per mettere in atto una reale transizione ecologica oggi nel mondo degli enti culturali?
Il GPP ed i Criteri Ambientali Minimi rappresentano il telaio su cui poggia la transizione ecologica. L’articolo 57 del nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs. 36/2023) sancisce come obbligatoria per gli enti pubblici l’applicazione del Green Public Procurement (GPP) e dei Criteri ambientali minimi (CAM). In un contesto come quello attuale, caratterizzato dalla crisi climatica e dalla risposta che in parte a essa viene data dal PNRR, il tema degli appalti verdi diventa centrale.
Ad oggi, nonostante la conoscenza dei GPP sia consolidata per le amministrazioni pubbliche, l’applicazione dei suoi criteri resta ancora complessa, più per i Comuni che per i Capoluoghi. Analizzando esclusivamente i CAM relativi agli eventi, si vede come il 58% dei Capoluoghi ha previsto tali criteri, mentre i Comuni si fermano al 26%. Emergono sempre di più le criticità delle amministrazioni relative alla stesura dei bandi e alla mancanza di formazione del personale dipendente.
Qual è la peculiarità di Green Culture rispetto a molti altri progetti che si occupano di formazione sul tema della transizione ecologica?
La peculiarità di Green Culture è l’avere un doppio percorso gratuito di formazione che risponde alle sfide della sostenibilità ecologica. Dedicato da un lato alla formazione degli enti e delle organizzazioni culturali italiane, che vogliono intraprendere un percorso di cambiamento e innovazione per progettare la propria transizione ecologica attraverso momenti di capacity building, formazione partecipata e progettazione applicata.
Dall’altro dedicato alla formazione di una nuova figura professionale, il green coordinator: chi vuole acquisire, con una formazione teorica e momenti di co-progettazione, competenze e strumenti per progettare la transizione ecologica delle imprese culturali e creative e guidarle in questo percorso.
Quello di “transizione ecologica” è un concetto che ha diverse declinazioni e che a volte è stato un paravento per l’attuazione di politiche con un’incidenza bassa o nulla rispetto alla crisi ambientale. Come lo intendete voi?
In questi anni la “rivoluzione green” ha avuto una narrazione in negativo, paragonata a un bagno di sangue. I prossimi cinque anni saranno cruciali per raggiungere la giusta transizione ecologica, al cui centro ci deve essere la lotta alla crisi climatica, innovazione tecnologica, lavoro e inclusione sociale. Questo si deve tradurre in nuove leggi da approvare: dall’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili alla gestione illecita dei rifiuti e alle illegalità lungo le filiere agroalimentari; dal limitare il consumo di suolo, alla tutela della fauna e flora protette.
Significa velocizzare gli iter autorizzativi a partire dagli impianti a fonti rinnovabili e dell’economia circolare e investire in nuove infrastrutture green, a partire dalla mobilità urbana a zero emissioni, trasporto pendolare e riqualificazione degli edifici scolastici. Se la transizione ecologica italiana andrà in questa direzione potrà contribuire davvero a tutelare l’ambiente, creare nuova occupazione, realizzare nuovi impianti di economia verde e aiutare famiglie e imprese a ridurre il caro bollette, combattendo la povertà energetica e facilitando l’accesso a servizi e più innovative ai meno abbienti.
Dare supporto alla transizione ecologica del settore culturale e creativo aggiunge a queste sfide, che spaziano dalla mobilità, alle infrastrutture, alla corretta gestione degli edifici e delle attività, l’impatto che tali settori, tramite mostre, spettacoli, interventi delle città, installazioni, eventi, festival, possono avere nel sensibilizzare l’urgenza di un cambio di paradigma presso un pubblico ampio e diversificato.
La proposta di Green Culture è rivolta sia agli enti che agli esperti di settore; quali sono le differenze fra i due percorsi?
I due percorsi sono differenti tra loro, ma mantengono un comune principio: affiancare a momenti di formazione teorica anche appuntamenti di applicazione pratica. Il percorso dedicato agli enti culturali ha un impegno orario minore e prevede una formazione iniziale – “alfabetizzazione” – sui temi delle tre discipline cardine di questo progetto. È pensato anche come un percorso di accompagnamento verso la transizione ecologica e prevede infatti la ricezione di strumenti utili a monitorare e raccogliere i dati necessari a configurare il profilo della sostenibilità dell’ente e infine un piano operativo utile alla transizione ecologica dell’organizzazione.
Nel loro sviluppo i due percorsi formativi si incontrano per proseguire insieme: la fase finale del percorso formativo dedicato alle imprese culturali e creative si lega al percorso dedicato ai green coordinator, ognuno di questi ultimi infatti sarà abbinato ad un ente culturale. Da quel momento il green coordinator, con il supporto dell’ente, formulerà il piano operativo che porterà le organizzazioni culturali ad intraprendere il loro percorso di transizione ecologica. Alla fine del loro percorso i green coordinator riceveranno un certificato.
Potreste ripercorrere il filo rosso che lega i tre ambiti in cui declinate la transizione ecologica, ovvero ambientalismo scientifico, economia della cultura e design? In che modo sono interconnessi?
Quella della transizione ecologica è una sfida complessa a cui Green Culture risponde costruendo un percorso radicato nell’incontro tra tre discipline. Una è l’ambientalismo scientifico con la sua aggiornata ricerca e capacità di definizione dei temi ecologici calati su tutti i livelli della società. Poi l’economia della cultura, attraverso cui leggere i modelli di gestione, costruire la sostenibilità economica dei processi e articolare il ciclo del progetto dall’idea agli impatti, considerata l’importanza in termini di numerosità delle imprese e degli occupati dei settori culturali e creativi.
Infine il design, con il suo fondativo orientamento alla produzione di innovazione, la capacità di porre al centro l’esperienza delle persone coinvolte e la messa in campo di strumenti e pratiche che favoriscono la progettazione partecipata e orientata agli obiettivi.
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