Gaetano, terapista forestale dei Monti Lattari: “La foresta mi ha guarito”
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Campania - I monti Lattari sono dimora non solo di piccoli e grandi animali, ma anche di anime vaganti. Ed è tra queste anime che ho conosciuto Gaetano, un terapista forestale: zaino in spalla e scarponcini ai piedi, come me stava attraversando il faggeto di monte Faito – nel Comune di Vico Equense – per raggiungere il piccolo santuario dedicato a San Michele, l’arcangelo guerriero. Silenzioso, introverso, ribelle, con spalle forti, proseguiva falcata dopo falcata verso la “salita” dal purgatorio urbano. Non un respiro di troppo, i suoi movimenti e i suoi sospiri erano in completa armonia con il cinguettio degli uccelli, le danze dei fili d’erba e lo scrosciare delle foglie.
Gaetano – nome di fantasia – è della classe ‘76 e proviene da una famiglia di contadini: il suo paese, la sua casa, i suoi genitori non l’hanno mai capito veramente. Si è laureato, ha svolto il lavoro dei sogni – non i suoi –, ha avuto tutto, ma era infelice. Così in un loop infinito fin quando non ha “sentito il richiamo alla vita”: «Ero stanco, depresso, tutto ai miei occhi era grigio. Non riuscivo più a osservare un filo d’erba e a rimanerne estasiato, ero costantemente sotto tensione, tutti volevano un me che non ero mai stato.» Ed è stato grazie a questa aurea di insoddisfazione che “dopo tanto peregrinare” ha trovato l’impulso per partire, abbandonare tutto e riprendere a respirare.
IL SUO PRIMO PELLEGRINAGGIO: SANTIAGO DE COMPOSTELA
«Santiago mi ha dato ciò che mai avrei creduto di meritare: la pace. Mi son sentito finalmente vivo per la prima volta in vita mia, nonostante i miei 34 anni. Ero sempre stato l’ombra di qualcuno, non ero mai me stesso; dentro di me ruggivo, ma fuori riuscivo a far percepire appena un alito di vento. Poi ho mollato tutto, ho preparato uno zaino e sono andato via».
Lungo il Cammino di Santiago Gaetano ha pianto, ha gioito, ha camminato scalzo, ha amato e «desiderato che la pioggia scivolasse sul mio corpo, ho condiviso me senza finalmente veli». Dimissioni, vendita di tutti i beni materiali e via per un nuovo cammino. Ma il richiamo al verde era quasi un assillo. «Partivo per poi ritornare sempre. Nel mio verde ispiravo ed espiravo: mi sentivo, esistevo, ero vivo».
COSA VUOL DIRE ESSERE TERAPISTA FORESTALE?
«Voglio essere un egoista buono», prosegue Gaetano. «Voglio anteporre i miei bisogni a quelli del mondo; non posso pretendere di cambiare nulla al di fuori di me se prima non ho maturato, sviscerato ciò che di marcio è dentro di me. Io sono solo un uomo, non sono un guru o un cristo. Io sono io, con più difetti, che pregi. Io sono un albero in continuo movimento». Il silenzio, assordante ma leggero. «La mia prima seduta di terapia forestale l’ho vissuta in Giappone: nella cultura orientale c’è lo shinrin-yoku, letteralmente bagno di foresta: nessuna arrampicata o obiettivo da raggiungere; ai “pazienti” vien chiesto di ascoltare la melodia della natura, respirare a pieni polmoni, e osservare ciò che ci circonda».
Cellulare a casa o in modalità aereo e nessuna distrazione: “Mai intraprendere da solo un’escursione in montagna e in ogni caso lascia detto a qualcuno l’itinerario che prevedi di percorrere” è la terza regola per l’escursionista responsabile redatte dal Cai. «Per diventare terapista forestale è necessario un corso di formazione specializzato in terapia forestale o eco-terapia. Non basta l’amore per la natura, bisogna acquisire conoscenze di psicologia, educazione ambientale e pratiche all’aperto. Non ci sono regole generali da seguire, bisogna capire qual è la cura più adatta. L’unico file rouge è la natura e l’immersione totale nel mondo: ci si deve sentire parte della terra nera, ci si deve intingere nell’acqua, nel fango, nella resina e nella rugiada».
I MONTI LATTARI, LA CULLA
Una terra martoriata, spesso bistrattata, sottovalutata. «Ho visto e assistito a maltrattamenti veri e propri, ma pur essendo una terra stuprata, ancora c’è nascita. Quando sono a piedi e torso nudo mi sento amato. Tra i boschi di pini e querce c’è la mia casa. L’odore della resina e della rugiada sono ambra per i dolori del mio corpo e della mia anima. Son arrivato nei boschi da iperteso, con poca autostima, triste, patologicamente depresso; ora entro ed esco, sentendomi parte di un disegno perfetto, di un eden in terra».
EVOLUZIONE INTERIORE
Non importa che sia un pellegrinaggio, una fuga o una mera passeggiata: gli odori, i profumi e i paesaggi naturali hanno scientificamente delle proprietà benefiche sul nostro organismo, una replica balsamica sulle vie respiratorie, ma anche una reazione antinfiammatoria e antiossidante. Inoltre alcuni tipi di COV – composti organici volatili – hanno un effetto benefico anche per il cervello: influenzano l’attività del sistema nervoso e aiutano a combattere stress, ansia e depressione. E Gaetano lo sa bene, perché lui di questa terra nera ci si nutre. «Nonostante quanto ci viene offerto, fa comodo essere sordi e ciechi. Se solo imparassimo ad ascoltare la natura, i suoi lamenti, i suoi vagiti… Io dopo un’esistenza di distruzione, ho cominciato finalmente a vivere».
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