Cuscini Bio, la moda etica e quel giocattolo dentro a una fornitura tessile
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Forlì, Emilia-Romagna - Coerenza, valori e forza. Sono queste le sensazioni che la voce di Angela Persiani trasmette mentre mi racconta di Cuscini Bio, l’attività tessile che porta avanti da anni con la sua famiglia. Nell’ascoltarla sembra quasi che tutto sia stato semplice, senza intoppi particolari. E invece la sua storia testimonia quanto possa fare la differenza il modo di approcciarsi alle cose, di affrontare e leggere le difficoltà come segnali da considerare e osservare.
E a proposito di segnali, uno in particolare l’ha colpita così tanto da condizionare la sua vita e anche la direzione che Cuscini Bio, l’azienda familiare, ha preso negli anni. Mentre era bambina si è ritrovata ad aprire una fornitura di tessuto proveniente dai paesi asiatici, all’interno ha trovato il gioco di un bambino. Il messaggio era chiaro: dentro quel laboratorio c’era sicuramente un bambino che, invece di giocare, lavorava.
Il ritrovamento di quel gioco è stato come un fulmine a ciel sereno che ha colpito profondamente lei e la sua famiglia. «Mia nonna diceva sempre che per trovare la sorgente devi andare controcorrente. È in quel momento che abbiamo deciso di stravolgere completamente la nostra attività e quindi la nostra missione. Non era facile farlo negli anni ‘90 quando, allora come oggi, il mondo del tessile era spesso improntato sul consumo veloce e sul sottocosto», commenta Angela. I prezzi stracciati sul mercato sono l’amo a cui abboccano i tanti consumatori ignari degli effetti che i loro acquisti hanno nello sfruttamento ambientale e umano.
Da tutte queste riflessioni è nato il nuovo progetto di Cuscini Bio. Sabato 20 aprile verrà inaugurato un nuovo spazio espositivo con un evento dal titolo “La sostenibilità non è un gioco”, nome che rievoca quell’episodio di circa trent’anni fa. La data non è casuale e rientra nella settimana della Fashion Revolution Week, una campagna annuale che riunisce il più grande movimento di attivismo della moda al mondo per sette giorni di azioni.
Il settore della moda nel mondo è un’industria basata sullo sfruttamento endemico dei diritti umani, con salari bassissimi, spesso poca sicurezza e trasparenza e frequente violenza di genere. Emblematico per una presa di coscienza globale è stato il crollo nel 2013 del Rana Plaza, in Bangladesh, un grattacielo di otto piani sotto le cui macerie sono rimaste sepolte più di 1000 persone, il più grave incidente mortale avvenuto in una fabbrica tessile nella storia.
Quel giorno di aprile, nonostante le crepe sull’edificio e l’avviso di evitare di occuparlo, ai lavoratori fu detto di entrare e proseguire il lavoro. Il palazzo crollò causando 1.134 vittime e 2.515 feriti. All’interno erano tante le produzioni delle multinazionali della fast fashion. La Fashion Revolution Week è uno stimolo alla riflessione per una profonda messa in discussione delle scelte che quotidianamente compiamo, le cui ricadute hanno degli effetti sulla nostra vita, ma anche sulle vite degli altri.
«In genere tutti noi diciamo di essere contro lo sfruttamento minorile, ma se decidiamo di comprare a un prezzo sottocosto stiamo di fatto supportando tale sfruttamento», spiega la co-titolare di Cuscini Bio. Abbiamo scelto volontariamente di inaugurare lo spazio durante la Fashion Revolution Week per ricordarci anche l’evento che ci ha spinto a cambiare direzione e le difficoltà affrontate, le scelte sbagliate, le porte sbattute in faccia. Sono stati proprio quelli i momenti in cui abbiamo appreso di più, soprattutto umanamente e nel cuore».
«L’evento del 20 aprile mette in luce chi siamo, gli anni in cui abbiamo lavorato senza aver avuto nessun risultato e quelli in cui abbiamo cominciato a ricevere qualche riscontro. I momenti più difficili sono stati quelli durante i quali abbiamo seminato di più e di cui adesso riusciamo a raccogliere i frutti. Non solo a livello di profitto, mi riferisco soprattutto al valore umano», sottolinea Angela.
Con il sottocosto non solo il valore del lavoro non viene apprezzato, ma anche quello della persona. Il giusto prezzo contribuisce a sostenere un’attività, un sapere artigiano e il valore sociale. Ogni prodotto realizzato è lo specchio di chi l’ha costruito. Per Angela e la sua famiglia è stato un cammino lungo, a volte faticoso, a volte meno, ma sempre ricco di domande e dubbi per stimolare la conoscenza in loro e in chiunque si rapportava con la loro produzione. Il fine ultimo non è mai stato il profitto, ma un mondo più etico.
«Se siamo tutti in equilibrio, siamo in pace con noi stessi e con gli altri perché non c’è sfruttamento. L’evento del 20 vuole contribuire a generare una visione diversa dell’economia, più in equilibrio appunto. Faremo anche una raccolta rifiuti per le strade del nostro paese, per mostrare come i nostri gesti quotidiani possono davvero cambiare le sorti del pianeta. Un maggiore rispetto verso gli altri ci rende migliori, più aperti e disponibili verso chi è “diverso” da noi», continua Angela.
In tutti questi anni la co-titolare di Cuscini Bio è sempre stata convinta che quel gioco ritrovato nella fornitura proveniente dall’est non fosse una dimenticanza, ma un gesto voluto, un grido di dolore, un bisogno di aiuto. In un paese “povero” difficilmente un minore ha modo di chiedere aiuto e nessun bambino, avendo poco, lascerebbe o perderebbe un gioco a cui tiene tanto.
«Ho sempre pensato che l’abbia messo dentro appositamente. Non ho mai saputo a chi appartenesse, ma ringrazio quel bambino che spero tanto sia oggi un adulto, perché ancora ci stimola a fare meglio, a mettere in pratica certi valori. Ci ha lanciato un messaggio di cambiamento, un’idea di economia che punta ad altro» conclude Angela. La storia di Cuscini Bio, di Angela e la sua famiglia sembra una di quelle che si leggono nei libri e invece è accaduta per davvero. Un esempio di ascolto, cura e attenzione verso l’umanità. Ed ecco che dormire bene diventa un gesto etico e responsabile che, oltre a fare bene a noi stessi, fa bene anche agli altri.
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