Basta favori ai mercanti d’armi: la finanza etica si mobilita contro l’industria bellica
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Roma, Lazio - Basta favori ai mercanti d’armi! è il coordinamento che riunisce decine di organizzazioni della società civile – tra cui Banca Etica, Libera, Altromercato, ARCI, CGIL, Legambiente, Mani Tese, Reti di Pace – che da mesi guida una mobilitazione per chiedere al Parlamento di non peggiorare i meccanismi di autorizzazione e controllo e i presidi di trasparenza sull’esportazione di armamenti previsti dalla legge 185 del 1990.
Ieri, 17 aprile, nella sede di Libera a Roma si è svolto un incontro aperto a tutti per ribadire la necessità di un dietrofront da parte del Governo. Il 21 febbraio scorso infatti il disegno di legge che cancellerebbe i meccanismi di trasparenza e controllo parlamentare sul commercio e le esportazioni di armi e sulle banche che finanziano tali operazioni è stato approvato dal Senato. Gli emendamenti proposti per tentare di limitare gli effetti più avversi sono stati bocciati, il testo è ora all’esame della Camera e sarà esaminato dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa.
L’evento di Roma ha voluto rimarcare la posizione delle tante associazioni che aderiscono alla mobilitazioni, un’ampia coalizione che a gran voce chiede il ripristino alla trasparenza, a partire dalla lista delle banche armate, un traguardo riconosciuto di progresso civile del nostro Paese, uno strumento di informazione utili per orientare i risparmiatori e le risparmiatrici verso scelte etiche e partecipate.
ALCUNI INTERVENTI
Perché, come ha sottolineato Don Ciotti, «la democrazia o è partecipata o non è democrazia e partecipando si fa il bene del Paese. Non c’è pace senza disarmo. Una certa economia e finanza uccide perché la guerra è orrore ed errore, mentre la povertà dilaga e opprime. Con la modifica di questa legge prosperano mafia e corruzione». Il suo è un invito a unire le forze e a non fuggire di fronte alle responsabilità, perché la pace è possibile solo se fondata sull’equilibrio delle forze.
Padre Zanotelli ha sottolineato come l’ingiustizia sia il cuore pulsante del problema. «Toccare le armi vuol dire toccare tutto il sistema in cui viviamo, metterlo in discussione. Gli Stati Uniti sono il maggior consumatore di petrolio al mondo, il Pentagono in particolare con le sue forze militari. È tutto connesso, sta saltando anche il nostro ecosistema. Lavorare per la pace costa come fare la guerra, è altrettanto divisivo. Forse solo la disobbedienza civile può davvero contribuire a un cambio necessario».
Tra le tante voci anche Teresa Masciopinto, Presidente Fondazione Finanza Etica, e l’onorevole Laura Boldrini, che hanno sottolineato la mancanza di riferimenti al Trattato delle Nazioni Uniti sul commercio di armi – l’Italia è stato il primo paese dell’Ue a ratificarlo all’unanimità – nella revisione della legge 185. Un’ampia coalizione che si è chiesta quali formule trovare per comunicare messaggi così necessari a una platea più ampia, far aderire alla petizione popolare lanciata da Rete Pace Disarmo per fermare lo svuotamento della legge 185/90, pensare insieme ad azioni di “disturbo” che possano risvegliare dal torpore apparente una parte della società civile.
PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE LA LEGGE 185 SULL’EXPORT DI ARMI?
Approvata nel 1990 dopo una grande campagna di mobilitazione della società civile, per la prima volta in una legge sono stati inseriti dei criteri non economici nella valutazione di autorizzazione delle vendite estere di armi italiane. Questo stesso criterio è stato ripreso sia dalla Posizione Comune UE sull’export di armi, sia dal Trattato ATT (Arms Trade Treaty). Nonostante i buoni propositi, negli anni la legge 185 – che prevede il divieto di invio di armi verso Paesi in conflitto e in cui ci siano gravi violazioni dei diritti umani – non è stata in grado di fermare esportazioni di sistemi militari con impatti molto negativi, ma ha contribuito alla trasparenza di un mercato non sempre cristallino.
Oggi questa liberalizzazione è voluta da chi fa affari vendendo armi, dalle lobby dell’industria militare e i centri di ricerca e di pressione ad essa collegati che lamentano un eccessivo controllo sulle esportazioni di armi italiane e chiedono una modifica della legge 185/90 per una maggiore sicurezza per l’Italia in un momento di crisi internazionale.
L’APPELLO DELLE BANCHE ETICHE: “LA FINANZA SMETTA DI INVESTIRE SULLE GUERRE”
In occasione del summit mondiale della finanza etica per la prima volta in Italia, GABV 2024, 71 banche valoriali, tra cui Banca Etica, hanno lanciato il Manifesto per una finanza di pace, che condanna fermamente ogni tipo di violenza, combattimento o guerra, in qualsiasi circostanza e ovunque avvenga, sottolineando come il finanziamento delle armi sia in contrasto con qualsiasi definizione di finanza sostenibile.
«La pace, e la stabilità che ne deriva, è un prerequisito per mettere la finanza al servizio del pianeta e delle persone», si legge nell’appello. «Ma non ci possono essere pace e stabilità se le istituzioni finanziarie continuano a finanziare la produzione e il commercio di armi». GABV invita dunque l’industria finanziaria a smettere di sostenere la produzione e il commercio di armi. Come dimostra il Report Finanza per la guerra. Finanza per la pace, l’industria finanziaria globale ha un ruolo cruciale nella produzione e nel commercio di armi, contribuendo indirettamente alla proliferazione dei conflitti militari.
Nel 2023 la spesa globale per la difesa è cresciuta del 9%, per raggiungere la cifra record di 2,2 trilioni di dollari. Lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022 e in Palestina nel 2023 ha fatto salire alle stelle il valore delle azioni delle imprese produttrici di armi. Un’analisi condotta dall’International Peace Bureau traduce il costo di specifici armamenti in beni e servizi sanitari e mostra come una fregata multiruolo europea (FREMM) vale lo stipendio di 10.662 medici all’anno (media dei paesi OCSE), un aereo da caccia F-35 equivale a 3.244 posti letto di terapia intensiva e un sottomarino nucleare di classe Virginia costa quanto 9.180 ambulanze.
La metà dei fondi stanziati dai governi a livello globale per le forze armate – oltre 2 miliardi – sarebbe sufficiente per fornire assistenza sanitaria di base a tutti gli abitanti del pianeta e per ridurre significativamente le emissioni di gas serra. «La finanza etica in molte aree del mondo, tra cui l’Italia, è nata dai movimenti pacifisti e per il disarmo. Nel 25° anno dalla nascita di Banca Etica abbiamo voluto ospitare l’assemblea della GABV e abbiamo scelto di connotare questo appuntamento con un forte appello per la pace e il disinvestimento dall’industria delle armi», sottolinea Anna Fasano, presidente di Banca Etica.
«Dai tempi della guerra fredda, mai il mondo aveva assistito a una corsa al riarmo come quella che stiamo vivendo. Da ogni parte arrivano spinte per aumentare le spese militari mentre consulenti finanziari in tutto il globo esultano per le impennate dei profitti e dei rendimenti registrate negli ultimi mesi dal comparto bellico. È nostro dovere incoraggiare persone e istituzioni finanziarie a chiedersi fin dove è lecito fare profitti con le catastrofi. L’illusione che un mondo più armato sarà un modo più sicuro e più in pace è smentita dai fatti», conclude Fasano.
COSA PUOI FARE ANCHE TU!
- sottoscrivi la petizione popolare lanciata da Rete Pace Disarmo per fermare lo svuotamento della Legge 185/90 e chiedere un maggiore controllo sull’export di armi italiane;
- fai aderire la tua Organizzazione (Associazione, Sindacato, Parrocchia, Circolo,…) al documento di richieste della Rete (fai mandare l’adesione a operativo@retepacedisarmo.org, trovi qui la lista aggiornata delle adesioni);
- promuovere presso il tuo Comune l’adozione di una Mozione in difesa della Legge 185/90 e per lo stop ad una modifica normativa che favorirà esportazioni irresponsabili di armi, che alimentano guerra e insicurezza;
- contatta i Deputati della tua Circoscrizione, Provincia, Regione per evidenziare il grave pericolo che si profila all’orizzonte qualora venisse approvato il DDL, esprimendo il sostegno alle richieste di modifica avanzate da Rete Pace Disarmo con questa mobilitazione (qui la lista aggiornata dei Deputati che hanno espresso il loro sostegno alla nostra posizione, qui una bozza di lettera da utilizzare);
- rilancia la nostra mobilitazione sui social media, in particolare facendo un “tag” ai profili social di Banca Etica, Rete Pace Disarmo, della Camera dei Deputati e dei partiti politici o parlamentari che ritieni più opportuno sollecitare
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