29 Mar 2024

Anche Roma sostiene il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari

Scritto da: Laura Tussi

Anche l'amministrazione capitolina ha sottoscritto il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, invitando il Governo nazionale a fare lo stesso – per il secondo anno consecutivo l'Italia ha rifiutato l'invito a unirsi ai circa cento paesi che periodicamente si incontrano per discutere il disarmo nucleare. La notizia e i commenti di Laura Tussi, saggista e attivista per la pace.

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Roma, Lazio - Anche Roma si unisce alle capitali di tutto il mondo che sollecitano i Governi a firmare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari – il TPAN, TPNW nella sua versione anglofona –, Trattato Onu che, ricordiamolo, è valso alla rete internazionale Ican il Premio Nobel per la pace nel 2017 per il suo continuo e diffuso impegno in favore del disarmo nucleare universale. 

La decisione di Roma, che si unisce alle circa cento città italiane che sostengono l’appello di ICAN, sottolinea il passaggio a una politica che si prende cura di ogni singolo soggetto del genere umano nell’affrontare la minaccia nucleare. Schierandosi dalla parte del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, questo voto storico chiede con forza al Governo italiano di dare principale e fondante importanza alla pace e alla liberazione dell’umanità dall’incubo nucleare.

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Con questa decisione il Consiglio comunale di Roma ha compiuto un passo storico verso la difesa della pace e della salvezza globale. Aderendo all’Appello delle città della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons, ossia La Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, Roma aggiunge la sua voce a una crescente coalizione che attraversa i confini nazionali e continentali

Sono diverse infatti le importanti capitali – Canberra, Parigi, Berlino, Oslo, Amsterdam, Lussemburgo, Helsinki, Berna e Washington – che si sono schierate a favore del il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. In tal modo, con questa azione diretta molto significativa, si sottolinea un cambiamento fondamentale nella politica globale, attribuendo priorità all’eredità umanitaria di contrastare il pericolo che costituiscono le armi nucleari in rapporto a concrete strategie militari.

Crediamo fermamente che i nostri cittadini abbiano il diritto di vivere in un mondo libero da questa minaccia“, è la dichiarazione che ha accompagnato l’adesione al TPAN. “Qualsiasi uso di armi nucleari, sia deliberato che accidentale, avrebbe conseguenze catastrofiche, di vasta portata e di lunga durata per le persone e l’ambiente. Pertanto, sosteniamo il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari e invitiamo i nostri governi a firmarlo e ratificarlo”.

Come postulato nodale, la decisione dell’Assemblea della giunta di Roma riconosce che le armi nucleari oltrepassano i semplici strumenti politici della guerra. Il Trattato TPNW si pone come un fulcro di speranza e possibilità di sopravvivenza in un mondo che deve affrontare quotidianamente lo spettro persistente dell’annientamento nucleare. Il Trattato riafferma l’imperativo etico, politico, legale e umanistico ancor prima che umanitario di tutelare l’umanità intera e nella sua complessità dal terrificante epilogo della guerra atomica, condannando definitivamente l’uso e il possesso di armi di distruzione di massa nucleari.

Roma dimostra così la sua funzione di potente simbolo di resistenza umana, in quanto “Città Eterna” pervasa e impregnata di  storia e cultura millenarie. La Capitale afferma il suo impegno per i valori della pace, della giustizia sociale e della solidarietà, con una decisione che si amplifica all’unisono ben oltre i confini della città e si fa messaggio potente rivolto non solo al Governo italiano, ma anche ai governi nazionali di tutto il pianeta, esortandoli ad ascoltare la volontà dei loro elettori e a dare priorità alla ricerca della pace.

Qualsiasi uso di armi nucleari, sia deliberato che accidentale, avrebbe conseguenze catastrofiche, di vasta portata e di lunga durata per le persone e l’ambiente

Siamo preoccupati dagli “effetti collaterali” della guerra. E tra questi – sottovalutati e nascosti, ma ben conosciuti da coloro che si occupano del sostegno alle persone fragili e marginali – il taglio delle risorse destinate a settori come sanità, educazione e cultura e la difficoltà a ottenerle. Risorse necessarie alla sopravvivenza pura e semplice e non sufficienti ad avere una “vita dignitosa”, come recita la Costituzione.

Infine siamo preoccupati perché la guerra e la violenza in generale, così come l’inquinamento, contagiano la vita sulla terra. Come i veleni che ciascuno di noi produce vanno a finire in atmosfera, ricadono su tutti, ma si concentrano in alcune aree precise, provocando danni gravissimi, così la violenza che alberga dentro di noi se fuoriesce diviene una nube tossica che colpisce ovunque e in alcune parti del pianeta provoca guerre e distruzioni. Non a caso Teresa d’Avila amava dire che “non c’è nulla di bene di cui non siamo partecipi, né di male di cui non siamo responsabili. Allora quali saranno le conseguenze di un odio prolungato generato da questi strazianti conflitti?”.

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