Prendere un cane: ecco cosa fare (e cosa non fare) se volete un amico a quattro zampe
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Quello con il dottor Mario Marino – veterinario in pensione e membro del collegio dei probiviri della Lega Nazionale per la Difesa del Cane – doveva essere un veloce scambio di qualche battuta sugli animali d’affezione, due o tre dritte per chi vuole prendere un cane, alcune considerazioni sulla situazione generale e sull’attività dell’associazione di cui fa parte. In realtà la mia chiacchierata con lui si è protratta per oltre un’ora e, partendo da argomenti tanto importanti quanto prosaici, si è spinta verso riflessioni sistemiche come quella sul rapporto fra esseri umani e mondo animale, sull’antropocentrismo che caratterizza questo stadio della storia degli animali umani e non umani e su alcuni bisogni sociali che trovano sfogo in atteggiamenti che richiedono particolare attenzione.
IL DOTTOR MARIO MARINO
Come detto, Mario Marino è socio della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, con cui collabora come veterinario e si occupa di formazione e divulgazione sulla corretta relazione fra essere umano e animale. Ha lavorato in ASL per anni, nel corso dei quali si è avvicinato agli aspetti relativi al benessere degli animali di affezione. È specialista in diritto veterinario e svolge anche perizie per il tribunale.
Nelle prime battute della nostra conversazione mi racconta alcuni aneddoti del suo percorso professionale, come i casi – a me totalmente sconosciuti – degli “accumulatori di animali” con cui si è trovato ad avere a che fare. «Sono persone che accumulano un numero di animali superiore alla loro capacità di accudimento – mi spiega – ed è una forma psichiatrica che comporta problemi di maltrattamento considerevoli. Ho conosciuto gente che aveva anche 50/100 cani in un appartamento, che di fatto diventava un canile abusivo. Queste persone sentono il bisogno di salvare tutti gli animali e non vogliono cederli, ma non sono in condizioni di prendersene cura».
Fra i suoi campi d’interesse c’è anche la pet therapy; ha spesso rappresentato un valido supporto per la Lega Nazionale per la Difesa del Cane in molte iniziative anche in termini di azioni legali, come per esempio la recente costituzione in parte civile in un procedimento civile e penale contro alcuni cacciatori che hanno ucciso i loro cani.
IL RAPPORTO FRA UMANI E ALTRI ANIMALI
I due esempi che mi cita – questo dei cacciatori e quello degli “accumulatori di animali” – mi portano a chiedergli se non ci troviamo in una situazione critica e se dietro l’azione spesso sottovalutata di prendere un cane non si celi una profonda arretratezza culturale nella visione del rapporto fra animali non umani e umani. «Come tutte le cose il rapporto fra l’essere umano e l’animale affezione si può leggere in due modi», risponde Marino. «Quello ottimistico è che la coscienza umana rispetto alla sensibilità del benessere animale negli anni è sicuramente aumentata, in particolare verso la sofferenza animale».
Risposta incoraggiante, ma qual è l’altra faccia della medaglia? Il dottore introduce il discorso con una riflessione preliminare doverosa: «Se vogliamo vedere anche concretamente gli aspetti critici devo dire che siamo piuttosto lontani dall’avere una popolazione realmente in grado di stare in una relazione equilibrata e giusta col resto del mondo animale. Alcune cose sono cambiate in peggio perché la società ruralizzata dei secoli scorsi sfruttava a fini umani l’animale e spesso – penso al mondo zootecnico – è così anche oggi».
La seconda parte della risposta è leggermente controintuitiva per chi non conosce bene l’etologia canina. «Anni fa tuttavia esisteva l’animale da compagnia – attenzione: da compagnia e non d’affezione – che veniva utilizzato per caccia, pastorizia, guardiania; insomma era una visione strumentale del rapporto con l’animale. Ma all’interno di quel rapporto i cani avevano una funzione e un ruolo e dal punto di vista etologico erano forse più felici di quelli di oggi, diventati portatori di relazioni mancate». Non va però ovviamente dimenticato che le condizioni di vita quotidiana di alcuni tipi di cani – come quelli da caccia – erano molto dure anche a quei tempi.
Oggi infatti il cane non svolge – se non in rari casi – attività da cui trarre gratificazione, è semplicemente l’oggetto del bisogno d’affetto del proprietario, che lo sfrutta dal punto di vista emotivo. «Magari in buona fede – spiega il dottor Marino – compie eccessi come acquisti di indumenti o il ricorso smodato alla toelettatura, ma in qualche modo il reale benessere del cane non è tutelato. La visione di queste persone è antropocentrata e non equivale al reale benessere del cane. In questo senso l’evoluzione della vita degli animali di casa è peggiorata».
PRENDERE UN CANE: “DERIVE” PERICOLOSE
Quando le persone decidono di prendere un cane a vivere con loro sono spesso vittime – generalmente in buona fede – di quelle che Marino definisce “derive” della relazione fra essere umano e animale. «Una è sicuramente la “reificazione”, l’idea di comprare un animale oggettificandolo solo perché mi piace e soddisfa il mio desiderio estetico. Spesso tuttavia non conosco le caratteristiche di quella determinata razza o i suoi bisogni e non mi preoccupo di cosa devo fare perché l’animale possa essere sempre felice». Un esempio? Magari l’animale che scelgo è un Border Collie, che ha bisogno di percorrere chilometri ogni giorno, e io sono un pensionato; è ovvio che in questo caso la convivenza sarà una sofferenza per entrambi.
Per farmi comprendere ancora meglio il concetto Mario Marino mi fa un altro esempio: «Sono molti i proprietari che si innamorano di cuccioli di cani molossoidi maschi – spiega –, che però hanno bisogno di persone esperte nell’educazione. La maggior parte di coloro che decidono di prendere un cane simile però non si rende conto che deve educare un esemplare che da cucciolo può sembrare un peluche ma da adulto è un animale con una grande massa muscolare e una possibile evoluzione aggressiva. Quello che succede è che queste persone finiscono in un rapporto di sudditanza».
Questo avviene perché spesso non si costruisce in modo consapevole il rapporto con il cane, che «raggiunti i 2 anni di età e completato il suo sviluppo fisico e mentale, in alcuni casi potrebbe pretendere di “comandare” e il proprietario potrebbe non essere più in grado di gestire la situazione. Allora il cane può arrivare persino a mordere e far valere i diritti che il proprietario senza volerlo gli ha attribuito. Questa situazione è molto frequente e i canili sono pieni di cani con queste caratteristiche, che poi vanno rieducati con percorsi lunghi e complessi. Anche questa è una relazione patologica fra essere umano e animale».
Un’altra deriva è l’antropomorfizzazione, cioè vedere il cane come una persona a quattro zampe e riempirlo di attenzioni che sono del tutto inadeguate per lui, come per esempio profumarlo, «ma il profumo è un concetto completamente diverso fra essere umano e cane – precisa Marino –, il quale ha un’attrazione per tutta una serie di odori che per noi sono schifosi perché hanno una funzione per lui, quindi accettare la relazione significa capire cosa fa un cane e perché lo fa, quali sono i suoi desideri e le sue caratteristiche etologiche».
COSA NON FARE
Le riflessioni del dottor Mario Marino mi appaiono illuminanti. Non vivo con animali, ma penso che se lo facessi commetterei, pur in buona fede, molti degli errori da cui il veterinario della LNDC mi sta mettendo in guardia. Gli chiedo dunque di virare più sul pratico, in modo da fornire – pure con l’inevitabile limitatezza di questo breve articolo – qualche indicazione utile. «Il momento migliore per prendere un cane è proprio a due mesi, finito lo svezzamento e interrotto il legame con la mamma, ma farsi carico del periodo di accrescimento psicologico del cane, che è fondamentale, non è semplice».
In quella fase il nostro ruolo è quello di sostenerlo e consentirgli di superare lo stress del distacco dalla mamma, costituire una base sicura, dare delle regole e poi renderlo autonomo. «Ho visto diversi casi in cui le persone, pensando di fare una cosa giusta, prendono le ferie per il periodo dell’adozione e per un mese vivono “per” il cane, che si lega in modo forte ai membri della famiglia – questa dinamica prende il nome di iperattacamento. Poi le ferie finiscono, i più grandi tornano a lavorare, i più piccoli tornano a scuola e i cani sono vittime di ansia da separazione perché non sono stati abituati al distacco».
Quale potrebbe essere un’alternativa corretta?, mi chiedo e gli chiedo. «Forse per i nuovi proprietari di cane non esperti è meglio adottare – e non acquistare, quindi non si parla più di oggetto ma di una relazione – un cane già adulto, ovviamente prendendo informazioni su di lui. In una situazione simile è difficile “fare danni” perché lo sviluppo comportamentale è già concluso».
CONSIGLI UTILI
Mi immedesimo nelle tante persone che vorrebbero sinceramente e genuinamente condividere parte del loro percorso di vita con un amico a quattro zampe e, quasi come se fossi in procinto anch’io di prendere un cane, incalzo con avidità il dottor Marino chiedendogli altri consigli, di cui è una prospera miniera: «I corsi sono un buon punto di partenza», aggiunge. «A mio avviso è fondamentale informarsi prima e non lasciarsi guidare dal colpo di fulmine e per “informarsi” intendo pensare all’aspetto logistico e veterinario e capire cosa comporterà dal punto di vista dei costi e dell’organizzazione della vita prendere un cane».
Secondo Mario Marino non va trascurata neanche la conoscenza di quelle che sono le esigenze etologiche dell’animale, qual è il suo mondo e come lui si rapporta con esso – per esempio, noi vediamo principalmente il mondo con gli occhi, mentre il cane lo fiuta col naso. «Inoltre devo sapere come si formerà il carattere del cane, soprattutto nei periodi finestra di crescita durante i quali se commetto degli errori lo segnerò per tutta la vita».
Per quanto a qualcuno potrebbe sembrare paradossale, quando si decide di prendere un cane bisogna essere disposti a mettersi nei suoi panni ed entrare nell’ordine di idee che lui è dotato di grande intelligenza, ci osserva, è attento, riesce a leggere le nostre posture, i nostri toni di voce, mentre gli esseri umani che riescono a interpretare bene la comunicazione e i segnali del cane sono pochissimi, nonostante questo rappresenti un aspetto fondamentale per un rapporto equilibrato.
«Una caratteristica importante è la coerenza: le regole devono essere sempre le stesse, se decido che il cane può salutarmi saltandomi addosso lui dovrà poterlo fare sempre, anche se ho un vestito bello. Ma la più grande delle doti che deve avere una persona che vuole convivere con un cane – conclude Mario Marino – è l’umiltà. Anche chi pensa di sapere tutto deve arrendersi di fronte al fatto che ci sono canali comunicativi del cane che sono preclusi all’essere umano. Se vogliamo costruire una relazione serena e armoniosa dobbiamo avere l’umiltà di osservarlo, informarci, capirlo e accettare l’idea che ci sarà sempre qualcosa che ci può sfuggire».
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