Seguici su:
Messina - Poco meno di un mese fa il consiglio di amministrazione della società Stretto di Messina Spa ha approvato l’aggiornamento del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina. Si tratta del progetto del 2011 da cui l’attuale governo ha deciso di ripartire per iniziare i lavori che Eurolink – capeggiato da Webuild, il gruppo di imprese che aveva vinto la gara d’appalto nel 2005 – ha aggiornato nel corso dell’ultimo anno. Il sogno di Matteo Salvini di «dare avvio ai cantieri entro il 2024 e inaugurare l’opera nel 2032», come ha annunciato al question time in Senato a febbraio scorso, sembra farsi sempre più reale, ma sarà vero?
«Non credo sarà possibile considerando che mancano ancora le valutazioni ambientali. Può essere che facciano una forzatura, ma in quel caso ricorreremo alle vie giudiziarie rispetto all’approvazione del progetto, attraverso il ricorso alla giustizia amministrativa. È stata approvata la relazione di aggiornamento, non il progetto», commenta Stefano Lenzi, responsabile Ufficio relazioni istituzionali WWF Italia.
Tra l’altro, proprio in questi giorni è arrivato il parere del comitato scientifico esterno – nominato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti lo scorso settembre e capeggiato da Alberto Prestininzi, ex professore di Ingegneria della Terra che per anni ha lavorato come consulente della società Stretto di Messina Spa – incaricato di valutare la fattibilità dell’opera. Sebbene sia favorevole, vengono segnalate 68 «mancanze» o criticità nel progetto definitivo di Eurolink e gestito dalla società pubblica Stretto di Messina Spa, a cominciare dalle prove del vento e della sicurezza sismica, di esami adeguati sulla tenuta dell’opera e del materiale da utilizzare.
Un déja-vu. Sì, perché già tra il 2011 e il 2013 si è verificata una situazione analoga: un progetto definitivo che aspettava di essere approvato. Nel 2013 la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS dette il suo parere (n. 1185 il 15/3/2013) sulla verifica di ottemperanza del progetto del 2011 di Eurolink: su 27 prescrizioni solo 6 risultavano ottemperate, 18 solo parzialmente ottemperate – tra cui gli aspetti geo-sismo-tettonici e idrogeologici – e una non ottemperata. Fu stilata una valutazione di incidenza negativa sulla Rete Natura 2000, tutelata dall’Europa, visto che lo Stretto di Messina rientra nelle zone di protezione speciale della Costa Viola e dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello Stretto.
Una questione che resta attuale e a cui si aggiunge anche quella legata ai costi. «Si è passati da un costo di 14,6 miliardi nel 2023 a un costo nell’ultima legge di bilancio di 11,6 miliardi, di cui 1,6 “scippati” alle due regioni, Sicilia e Calabria, dai fondi di coesione. Nella legge bilancio viene ribadito che si potranno avere integrazioni, di anno in anno, alla cifra stabilita», continua Stefano Lenzi.
I PUNTI DEBOLI DEL PROGETTO DEL PONTE SULLO STRETTO
È sempre utile ricordare che siamo di fronte a un progetto che non ha eguali. Un’unica campata lunga 3,3 chilometri con doppio impalcato ferroviario e stradale. Già il gruppo di lavoro istituito nel 2021 dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile aveva evidenziato i punti deboli del progetto realizzato da Eurolink, oggi negati dal Governo Meloni.
Tra questi, l’ubicazione dell’opera nel punto di minima distanza tra Sicilia e Calabria che allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria; problemi di stabilità dell’impalcato dovuti al vento e agli eventi sismici in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo, oltre ai rischi e alle criticità circa la costruibilità del ponte più lungo oggi realizzato e all’impatto visivo dell’opera, anche in relazione all’altezza necessaria per le torri.
Bisognerà capire quali saranno i livelli di competenza e di interesse del Comitato Scientifico attuale della Commissione VIA, considerando pure che dal 2021 vi è a capo Massimiliano Atelli, oggi capo di gabinetto del Ministro dello Sport, Andrea Abodi. Come ha sottolineato Andrea Degl’Innocenti nella puntata di Io non mi rassegno, «in molti casi, le grandi opere non sono pensate e progettate per essere fatte davvero, ma per far girare soldi e per far campagna elettorale. Per pagare con fondi pubblici studi di fattibilità, dare appalti a ditte per allestire cantieri, fare prove e progetti, e poi magari non concludere nulla».
Effettivamente dal 2001 a oggi, senza considerare gli anni precedenti, milioni di euro sono andati in fumo per finanziare progetti e studi di fattibilità, oltre a stipendi copiosi corrisposti ai vari dirigenti delle società interessate. Quante opere necessarie si sarebbero potute realizzare in Sicilia e in Calabria con queste risorse migliorando la mobilità e i collegamenti nelle due regioni?
QUALCHE DATO DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA
«Si pensa al ponte come un’opera calata dall’alto senza che abbia un’incidenza sul territorio. Stiamo parlando di dieci anni di cantiere almeno, 16,5 milioni di metri cubi di scavi, più tutto ciò che serve per lo scavo dei piloni alti 400 metri e la costruzione delle infrastrutture di adduzioni con collegamenti stradali e linee ferroviarie. Di annunci sulla costruzione del ponte ne abbiamo sentiti davvero tanti».
«Questa volta stanno imprimendo una grande accelerazione, ma la fretta non sempre porta consiglio. Sicuramente avere un governo che non valuta i calcoli e le conseguenze economiche, sociali e ambientali di un’opera come questa, preoccupa. Dà l’idea di una mancanza di visione anche se, dal loro punto di vista, le ricadute positive sul territorio sarebbero tante», continua Stefano Lenzi.
E a proposito di ricadute e stravolgimenti, per fare posto al ponte verrebbero rase al suolo circa 250 case, due ristoranti, un chiosco, un residence, una panetteria, una macelleria, un motel, un campeggio e persino due cappelle del cimitero. Senza contare i danni ambientali. Tutta l’area rientra tra le zone a protezione speciale, istituita dall’Europa, cruciale per la migrazione afro-euroasiatica in cui transitano centinaia di specie diverse di uccelli, oltre 300, con passaggi stagionali di decine di migliaia di rapaci e di milioni di esemplari di molte altre specie. I quasi 1,5 milioni di metri quadri del sistema Piloni-Trave-Asse di attraversamento romperebbero l’unitarietà e la continuità del contesto dello Stretto, con un impatto devastante.
Tra le altre cose, come si legge nel dossier realizzato dal WWF, i flussi di traffico non ripagherebbero l’opera. Il gruppo di lavoro del MiMS ha documentato che il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale avviene da parte di passeggeri senza auto al seguito e complessivamente coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde sono 4.500 persone, un numero assai esiguo a confronto di altre direttrici nazionali.
Per quanto riguarda il trasporto su ferro, il canone di utilizzo della infrastruttura ferroviaria sarà determinato, secondo quanto viene detto nel decreto legge sul ponte, in misura tale da perseguire la sostenibilità ambientale dell’opera, costituendo una vera e propria tassa sul trasporto ferroviario. Mentre il traffico su gomma previsto sul ponte sarebbe di 11,6 milioni di auto, a fronte di una capacità annua della infrastruttura pari a 52,56 milioni di auto, ovvero di 105 milioni di auto considerata la bidirezionalità dei flussi, ne deriva un grado di saturazione dell’11% del ponte, che è estremamente modesto e non giustifica l’opera.
I numeri dati da Pietro Ciucci, AD della società Stretto di Messina, sono altri. Le coppie di treni che passeranno saranno 60 – oggi sono 3 o 4 –, lo spostamento sulla ferrovia vedrà un aumento dal 3,2% di passeggeri nel 2022 al 27,1% nel 2032 e per le merci dal 2,7% al 10,4%, determinando una diminuzione di 200mila tonnellate di CO2. Il principale beneficio socio-economico sarà il risparmio di tempo: il ponte permetterà di garantire tempi medi di attraversamento di circa 15 minuti per i servizi ferroviari rispetto agli attuali 120 minuti e 10-13 minuti su strada rispetto agli attuali 70 minuti per le auto e 100 per i veicoli merci.
ALCUNE DELLE ANOMALIE IN MERITO ALLA COSTRUZIONE DEL PONTE SULLO STRETTO
La società Ponte sullo Stretto, da dieci anni in liquidazione e in causa con lo Stato per la concessione – e con essa alcune figure come quella di Pietro Ciucci –, è stata riesumata e rimessa in pista. «Non c’è stata una gara d’appalto. Secondo le regole europee è possibile farlo se il costo dell’opera in quel momento non supera il 50% del lavoro assegnato a suo tempo tramite gara. All’epoca Impregilo (Webuild) presentò un progetto di 3,9 miliardi. Oggi le cifre sono altre e non sono neanche definitive. Ciucci nel 2009 fece un atto aggiuntivo con Impregilo e un aggiornamento del costo dell’opera a 8 miliardi di euro».
«Bisogna capire quale costo originario sarà considerato e quali saranno le decisioni dell’Europa. Inoltre la valutazione di impatto ambientale ha una validità di cinque anni, in teoria il progettista dovrebbe rifare il progetto definitivo dall’inizio, ma nel decreto legge 35/2023 il governo sancisce che bisogna ripartire dal parere del 2013. La sensazione è che alcuni passaggi siano evitati per abbreviare il corso di questa procedura e dire “guardate è tutto pronto nei tempi che avevamo stabilito”», conclude Stefano Lenzi.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento