Coltivare Condividendo: “Salvaguardiamo i semi tipici dall’attacco dei nuovi OGM”
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Belluno, Veneto - Lo scorso febbraio il Parlamento Europeo ha allargato le maglie sui “nuovi” OGM, chiamati NGT – New Genomic Techniques –, facendo tremare il mondo agricolo italiano e non solo o almeno coloro la cui missione è quella di preservare la terra e i suoi frutti in modo naturale, assicurando al consumatore una nutrizione sana e quindi una base di vita altrettanto sana. Tiziano Fantinel è uno dei quindici amici che nel 2009 crearono la base per quella che nel 2018 divenne l’associazione Coltivare Condividendo, il cui scopo principale è la protezione e la divulgazione dei semi antichi del territorio della Provincia di Belluno, di Feltre, fino al limite con il Trentino Alto-Adige.
Oggi i soci operativi sono circa 12, mentre gli associati sostenitori crescono sempre di più – sono giù arrivati a circa 400. Inoltre Coltivare Condividendo fa parte di una rete nazionale con altre associazioni che, in un modo o nell’altro, si aiutano reciprocamente sulla parte tecnica, informativa, nell’organizzazione di eventi nazionali, di fiere e anche nell’advocacy per la salvaguardia dei semi antichi con le autorità locali.
Oltre a questa rete, pochi anni fa Coltivare Condividendo è stata una delle promotrici dell’Alleanza dei Semi Antichi, che ha lo scopo di conservare i semi e soprattutto di salvarli dalla contaminazione dei NGT e da un conseguente declassamento. Di questa Alleanza fanno parte anche tecnici professionisti che aiutano le medie e piccole realtà a trovare i metodi migliori per salvare e mantenere a lungo termine il patrimonio del nostro territorio italiano.
Tiziano quali sono le principali attività di Coltivare Condividendo?
Noi lavoriamo nel nostro territorio in maniera molto concreta ovvero coltivando i semi tipici delle nostre terre, come ad esempio i fagioli – di cui abbiamo circa 30 varietà –, il mais – con circa 15/20 varietà –, i nostri ortaggi e i cereali. Negli ultimi tempi, a causa del cambiamento climatico, abbiamo iniziato a piantare ortaggi e semi di altre regioni, con buoni risultati.
Che idea vi siete fatti di questa nuova avanzata degli OGM?
Gli OGM ci fanno tanta paura perché ci possono invadere e distruggere i semi naturali. Siamo stati partecipi anche della creazione della Rete dei semi naturali, che opera a livello nazionale per la salvaguardia dei semi nostrani. In pratica più o meno per tutto il patrimonio nazionale ci sono professionisti che insegnano a proteggere i semi attraverso colture in zone protette, in completa sicurezza, servendosi anche di teli per evitare la contaminazione. La formazione avviene in occasione dei campi sperimentali a cui partecipano fino a cento persone.
Noi chiediamo alle autorità che vengano indicati i territori coltivati a OGM e soprattutto che la coltivazione avvenga in luoghi chiusi, ma per il momento non abbiamo risposte concrete. La forza delle multinazionali e degli interessi economici più grandi di noi è un vero pericolo e noi ci muoviamo da anni affinché una buona parte della popolazione italiana capisca la differenza e ci aiuti a salvaguardare la naturalezza del nostro cibo e la nostra salute.
Che tipo di azioni intraprendete per fare divulgazione?
Da soli e insieme alle altre associazioni organizziamo dei seminari e andiamo a parlare con gli agricoltori nei mercati e nelle aziende agricole, spiegando la necessità di prepararci tutti insieme a quello che succederà con l’arrivo dei semi geneticamente modificati, ma anche tenendo delle lezioni sia teoriche che pratiche. Infatti dobbiamo capire che il pericolo non deriva solo dalla modificazione genetica, ma anche dalla modificazione dei batteri, ai quali le nostre piante non sono abituate: qui si rischia davvero un disastro ecologico. Ovviamente utilizziamo anche i social media per diffondere il nostro pensiero e ci rendiamo conto che sempre più persone si interessano perché si tratta di una filosofia di vita, di guardare il mondo a 360 gradi.
Chi sono le persone più interessate al vostro messaggio?
Tantissime famiglie preoccupate per la salute dei loro figli, che ci tengono che i loro bambini mangino sano. Poi le piccole filiere e gli agricoltori che vivono e lavorano in zone più sensibili e in territori limitrofi. Comunque le più grandi soddisfazioni le otteniamo a scuola, con i bambini delle elementari e delle medie a cui andiamo a parlare, grazie anche a maestre attente che fanno loro sperimentare il lavoro della terra con le loro mani. Purtroppo la fascia tra i 18 e i 25 si perde in interessi più legati ai soldi e alla tecnologia di massa, quella negativa.
Come riuscite a sostenere tutte queste attività?
Di base siamo tutti volontari, anche nelle altre associazioni e nelle reti nazionali. Abbiamo dei donatori e poi due volte all’anno organizziamo delle “feste”: una a metà aprile, in cui avvengono gli scambi di semi e dove la gente si ferma a pranzare con le nostre specialità, facendo offerte libere; l’altra a metà novembre, intitolata “Chiamata al raccolto”, in cui intervengono 30 associazioni provenienti da tutto il territorio italiano. È un’occasione per scambiare semi, informazioni, nuove tecniche e così via. Anche in questo caso riceviamo offerte libere che ci permettono di organizzare le altre attività.
Utilizzate anche a delle tecniche particolari per le vostre culture?
A dire il vero tra di noi ci sono persone che hanno apportato delle tecniche orientali dette “vibratorie”, come l’acqua “informata”, insegnata in occidente grazie ai lavori del dottor Masaru Emoto; vengono utilizzati i cristalli e una specie di bio-risonanza e vediamo come le piante, che per noi sono esseri senzienti, rispondono in maniera meravigliosa. Al posto dei pesticidi lavoriamo la nostra terra con sostanze organiche molto ricche, le micorizze – i funghi degli alberi –, dei lieviti naturali che stimolano la crescita delle piante, dei macerati e gli oli essenziali. Quando ci sono degli attacchi pesanti da parte dei batteri o dei parassiti, si utilizza il sapone molle, la zeolite e il caulino spruzzato.
Secondo te, in modo diretto o indiretto, quante persone sono coinvolte nei vostri progetti?
Sicuramente qualche decina di migliaia, attraverso i gruppi di acquisto, le reti associative, i privati. Poi non tutti hanno lo stesso grado di coscienza. Manca infatti una consapevolezza globale, un po’ come se il mondo si stesse dividendo in due: quelli che si rendono conto di ciò che sta avvenendo e si attivano e coloro che non hanno nessuna connessione con la natura e continuano a vivere senza porsi domande.
Come vedi il futuro?
Come dicevo, se guardo come reagiscono i bambini, che sono il futuro del mondo, credo che tutto andrà bene. Purtroppo dopo il Covid ci sono state tante spaccature, anche nelle nostre reti, ma con il nostro lavoro cerchiamo di risanarle. Quello che manca terribilmente è la relazione con le amministrazioni pubbliche e questo è un punto molto debole per quelli come noi. Ciononostante vedo – anche leggendo i vostri articoli – che tante cose stanno cambiando in meglio e mi rendo conto che tante persone stanno facendo delle scelte di vita diverse, più a contatto con la natura: spero che questi movimenti vadano avanti anche nel futuro.
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