14 Mar 2024

CineAmiamoci: giovani neurodivergenti si raccontano attraverso il cinema

Scritto da: Benedetta Torsello

Un gruppo di ragazzi e ragazze neurodivergenti ha sperimentato nel linguaggio cinematografico una nuova forma di espressione del loro mondo interiore, grazie al progetto CineAmiamoci dell’associazione Nō Studio. Da quest’esperienza sono nati sette cortometraggi, che con tecniche diverse hanno permesso a questo gruppo di giovani di raccontarsi nel modo che più desideravano grazie alle immagini e al cinema.

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Piacenza, Emilia-Romagna - A volte le immagini possono raccontarci meglio di molte parole. Perché sono istantanee, vivide, suggestive. Soprattutto quando le parole ci si asciugano in gola e non ci aiutano a rivelare chi siamo. Il progetto CineAmiamoci parte proprio dal linguaggio cinematografico per offrire a un gruppo di adolescenti e giovani adulti un modo inesplorato per parlare di sé e vincere le resistenze, superare la timidezza, tenere a bada il giudizio degli altri che a volte ci pietrifica.  
Da adolescenti rivelarsi al mondo è spesso un passaggio iniziatico tanto doloroso quanto necessario. Non capiamo bene quale sia il nostro posto oppure perdiamo consistenza e forma al cospetto degli altri. Ci sentiamo in bianco e nero. Nato per fornire a un gruppo di adolescenti un nuovo linguaggio attraverso cui raccontarsi, CineAmiamoci è un progetto di empowerment visuale, che sfrutta il potere del linguaggio fotografico o video per parlare di sé in modo inedito.

Finanziato grazie dal bando Youz Officina della Regione Emilia-Romagna, con il patrocinio dei comuni di Piacenza e di Carpaneto Piacentino, CienaAmiamoci è un progetto dell’associazione Nō Studio nata nel 2022 da un’idea condivisa di Ilaria Giangrande, videomaker e montatrice, Elena Rebeca Carini, regista autrice di The Land You Belong, premiato road movie autobiografico su un viaggio da Piacenza a Bucarest sulle tracce della propria famiglia biologica, e infine Michele Silva, anche lui regista.

CineAmiamoci

«Volevamo creare uno studio associato, un collettivo che mettesse insieme diverse professionalità del mondo cinematografico – racconta Ilaria – e ora siamo una rete di venti professionisti e grazie all’associazione, il cui nome rende omaggio a una forma del teatro classico giapponese in cui poche maschere danno vita a una forma d’arte essenziale, siamo riusciti a combinare il cinema a dei progetti sociali e di inclusione».

CineAmiamoci vede la preziosa collaborazione del centro Nativi Digitali, dell’Accademia di doppiaggio per voci neurodivergenti e del centro Tice, che con un team di trenta professionisti si occupa principalmente di salute e benessere mentale in età adolescenziale, ma anche di formazione e ricerca. «Tice nasce come centro comportamentista – chiarisce Clara Cavallini, psicologa che ha seguito da vicino il progetto – concentrandosi quindi su ci che è osservabile dall’esterno, come il appunto comportamento».

La narrazione, anche se esile e racchiusa nello spazio di pochi minuti, ha restituito i loro timori, il senso di esclusione, i sogni, i successi personali

Con il tempo le attività del centro si sono diversificate, dando spazio alla parte più clinica con un approccio cognitivo-comportamentale e lavorando individualmente e anche in gruppo con ragazzi e ragazze neurodivergenti. Alcuni di loro, tra i diciotto e i ventitré anni, sono stati coinvolti nel progetto CineAmiamoci e guidati nella ricerca di un modo tutto personale di raccontarsi attraverso la realizzazione di una serie di cortometraggi.

«Il progetto CineAmiamoci è stato strutturato come un laboratorio ospitato negli spazi di Rathaus», spiega Ilaria. «Questo gruppo di ragazzi e ragazze ha imparato nel corso degli incontri come strutturare un racconto, partendo dal viaggio dell’eroe, e a raccontare sé stessi, provando magari a scrivere a qualcuno. Viviamo in un mondo pieno di immagini, ci siamo immersi, ma spesso è difficile gestirle. Così hanno imparato anche a riprendere una scena, a illuminarla nel modo corretto, a girare, montare e recitare».

Da questo percorso di scoperta e racconto di sé sono nati sette cortometraggi. Alcuni – “Il quaderno”, “In bianco e nero”, “Animali” e “Sto bene qui” – sono stati realizzati con il linguaggio cinematografico tradizionale. Gli altri cortometraggi – “La partita”, “Drago Rosso” e “Lettera dallo Spazio”–, a differenza dei primi sono stati realizzati con il linguaggio del videogioco narrativo, con ambientazioni interamente virtuali.

CineAmiamoci

Attraverso le parole o anche solo con le immagini, sono riusciti a tratteggiare il proprio mondo interiore. La narrazione, anche se esile e racchiusa nello spazio di pochi minuti, ha restituito i loro timori, il senso di esclusione, i sogni, i successi personali. Ha dato loro la possibilità di potenziare delle caratteristiche che la scuola, o la società più in generale, ha sempre fatto pesare come sbagliate.

«Tecnicamente si parla di neurodiversità, che non è una disabilità intellettiva, bensì la consapevolezza che tutti siamo diversi gli uni dagli altri a livello neurologico, ma che in alcuni casi agiamo in un modo che si discosta di più da ciò che è considerato – e accettato – come tipico, normale. Questo dipende dal contesto ovviamente. La neurodivergenza è invece un’etichetta diagnostica che abbraccia un ampio spettro di disturbi, dall’ADHD alla dislessia, fino all’autismo ad alto funzionamento», spiega Clara del centro Tice.

«Spesso si tratta di persone estremamente intelligenti, brillanti, creative, anche se non ci sono ancora molti studi in letteratura che dimostrino la correlazione tra neurodivergenza e predisposizione artistica. Molti di loro ricevono sin dall’infanzia numerosi micro aggressioni da parte della famiglia e della società, perché non sono come ci si aspetterebbe che fossero. Noi cerchiamo quindi di aiutarli a capire come vorrebbero essere e a superare la sofferenza di non essere compresi».

CineAmiamoci ha esposto questi ragazzi e ragazze a delle situazioni di per sé sfidanti per chiunque, come parlare in pubblico in occasione della presentazione dei corti, recitare davanti a una telecamera. «Molti di loro non avrei mai immaginato di vederli con un microfono in mano. E vederli superare quelle paure così radicate è stato molto emozionante», commenta Clara.

La neurodivergenza è qualcosa di molto sottile e non è raro che le persone intorno non se ne accorgano. Si nasconde dietro l’incapacità di reggere lo sguardo degli altri o magari nell’interesse spasmodico per un unico argomento. Non si tratta di disturbi da correggere, ma da capire. Non a caso nei corti si parla proprio di questa ricerca di comprensione, forse prima di tutto verso sé stessi.

Così, quando il protagonista di “Animali” assiste a una trasmutazione zoomorfa delle persone che gli stanno intorno, si sente a sua volta un animale da compagnia. E alla ricerca di dove voler stare, azzarda che forse il suo posto non è lì con loro, ma nel mare, un po’ alla deriva. Ma anche lì, apparentemente lontano dagli altri, scopre che può non essere da solo e propone al suo interlocutore silenzioso di allontanarsi insieme dalla spiaggia. Pochi attimi: solo qualche istante prima di buttarsi.

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