29 Mar 2024

Il borgo di Castel del Monte rinasce grazie alla cooperativa di comunità

Scritto da: Cinzia Catalfamo

Antichi portici un tempo percorsi da streghe, tratturi solcati dai protagonisti della transumanza, tradizioni artigianali e saper fare, prodotti della terra tipici e unici. Facendo leva su tutte queste gemme preziose e spesso ignote, la cooperativa di comunità InCastello vuole risollevare le sorti del borgo abruzzese di Castel del Monte, che come tanti altri insediamenti simili combatte contro lo spopolamento e l'oblio.

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L'Aquila, Abruzzo - Per secoli Castel del Monte – piccolo paese che fuori stagione conta soli 250 abitanti e si trova ai piedi del Gran Sasso, in Abruzzo – è stata la capitale della “transumanza”, ovvero la migrazione stagionale delle greggi di pecore che avveniva sulla Rete del Tratturo, la strada che i pastori percorrevano a piedi durante le migrazioni. È proprio a Castel del Monte che ha sede la Cooperativa di Comunità InCastello.

Come tanti piccoli insediamenti italiani, anche Castel del Monte è formato dalla zona storica, all’interno delle mura, e da quella moderna. Nella parte antica si ritrovano ancora delle gallerie scavate nella roccia e scolpite a forma di archi, sotto i quali veniva tinta la lana pregiata con materiali naturali. Castel del Monte e la sua popolazione hanno prosperato fino all’avvento della rivoluzione industriale, ma con il tempo la transumanza a piedi ha lasciato spazio ai trasporto motorizzati, per poi sparire completamente. Il villaggio si è lentamente spopolato e oggi nella città vecchia abita una manciata di persone.

Castel del Monte

Questo succedeva fino al giorno in cui alcuni amici del posto hanno deciso di recuperare le mura storiche e le tradizioni locali creando la Cooperativa di Comunità InCastello, finalista, tra l’altro, al BITAC 2023, premio per il progetto di eco-turismo “Vivi da Vicino”, partito dell’idea del contest “Il Rione più bello 2023”. Di tutto questo parliamo con Davide D’Angelo, guida museale e accompagnatore turistico, che ci descrive non solo le attività della Cooperativa, ma anche un affascinante ritaglio della storia e delle tradizioni del suo paese.

Davide, oltre a te da chi è formata la Cooperativa di Comunità di Castel del Monte?

Personalmente sono entrato in un secondo momento, quando la Cooperativa si occupava essenzialmente della parte turistica. Ora siamo una ventina di soci, ma attivi siamo in quattro: Berardino Di Battista, guida escursionistica e ambientale; il Presidente Marco Petronio, che si occupa della parte organizzativa e logistica; Luciano Mucciante, per la parte commerciale e la fiscalità, oltre al sottoscritto. Io ho studiato a L’Aquila e sono stato molto in giro prima di decidere di rientrare a casa. In effetti, rispetto alle grandi città, volendo qui c’è più possibilità di lavoro ed è meglio pagato.

Di cosa vi occupate qui a Castel del Monte?

Oltre all’eco-turismo, abbiamo avuto l’idea di ridare una nuova vita alla città antica, alle sue bellezze e alla sua storia. Questa parte del paese infatti è praticamente disabitata fuori stagione poiché le case sono le seconde residenze di paesani emigrati in cerca di fortuna dagli anni ’50 fino agli anni ’70. Gli appartamenti si aprono solo durante l’estate e a Natale e spesso neppure in quei periodi. Il Comune di Castel del Monte ci ha affidato gli ostelli, che dopo il terremoto de L’Aquila sono serviti per ospitare gli sfollati, oltre al percorso museale delle mura, che abbiamo cominciato a utilizzare riaprendo gli antichi forni.

Castel del Monte

In seguito, attraverso un finanziamento del GAL regionale, ci hanno dato in gestione anche l’ufficio centrale, diventata la Taverna, a patto che noi creassimo una nuova attività. Per questo motivo è nata l’idea di creare uno slow cooking, approfittando del fatto che nel nostro territorio esistono presidi di Slow Food – ad esempio il pecorino canestrato DOC, che dietro alla produzione presenta un’ampia ricerca sull’erbaggio –, i vini locali, il luppolo e tanti cibi della cucina abruzzese. Il primo anno è stato solo promozionale, mentre le nostre aziende agricole, i pastori e gli artigiani, loro possono fatturare già da ora.

Noi, come Cooperativa, facciamo “lavorare” le nostre madri, zie e nonne per preparare il cibo e offrirlo in degustazione ai turisti che arrivano a Castel del Monte. Una delle tante attività che ci hanno aiutato a far rivivere la citta vecchia è il servizio che offriamo ai proprietari delle case che vivono all’estero, per esempio occupandoci degli affitti, andando a prendere i turisti, accendendo il riscaldamento, facendo riparazioni e così via.

Quali altre attività vi siete inventati per far apprezzare Castel del Monte?

Insieme ai miei colleghi organizziamo camminate sul territorio, con la possibilità di far conoscere ai turisti i nostri prodotti locali e i loro produttori. Abbiamo creato una rete di collaborazione con aziende agricole, pastori e quello che resta dei produttori di lana. Portiamo i gruppi o i singoli a preparare loro stessi la ricotta e mangiarla ancora tiepida, poi ad assaggiare la birra del luppoleto più alto d’Italia.

Castel del Monte

Inoltre abbiamo accordi con le scuole per far conoscere ai bambini la storia e le tradizioni locali. Li portiamo a filare la lana e produrre dei braccialettini o dei pendaglietti; quando vengono anche i genitori, la famiglia può filare e tessere una coperta. Da noi è rimasta una sola pastora che produce la lana, mentre una giovane ha aperto una bottega; esistono ancora due telai per una piccola produzione e la formazione, mentre la Rosetta raccoglie lana in giro dai pastori e la rivende grezza o filata ai negozi. Tra l’altro la Rosetta è stata l’ultima a percorrere la Rete del Tratturo con il camion nel 2002. L’ultima transumanza a piedi è stata percorsa nel 1942.

Ci puoi dare qualche numero per farci un’idea?

Per dare delle cifre che indicano come il turismo si stia riprendendo velocemente da noi, posso dire che si passa da 250 abitanti in inverno a più di 3000 in estate. I turisti vengono sia dall’Italia che dall’estero. Nei due anni a seguito del Covid abbiamo ricevuto un’invasione di persone che cercavano di percorrere i nostri cammini all’aperto, ma le nostre infrastrutture non erano sufficienti. Adesso il flusso si è molto regolarizzato e possiamo offrire tante attività per chi ci viene a trovare.

Ci racconti di come viveva la popolazione del paese quando leconomia era basata sulla lana?

Dall’epoca dei Romani, per circa 3000 anni, durante le transumanze gli uomini stavano via per 6 o 7 mesi con le pecore. A Castel del Monte rimanevano il parroco, il medico e gli anziani. Le donne restavano sole con i bambini. Quando il commercio della lana diventò sempre meno importante, il paese divenne povero. Le madri facevano fatica ad allattare, a prendersi cure dei piccoli. Verso la fine del 1800 fino al 1957 si creò il rito delle streghe.

Qui i giovani avrebbero molto da imparare e molto da fare con la terra, i suoi prodotti, il turismo

Inoltre, dato che le donne stavano sempre per conto loro e gli uomini con le pecore, con il filo del tempo si crearono due lingue diverse, quella delle donne e quella degli uomini. Io, che da piccolino, in estate, passavo tanto tempo con mia nonna, avevo imparato il dialetto delle donne e per questo motivo venivo spesso deriso.

Come Cooperativa, il 17 ed il 18 agosto organizzate a Castel del Monte uno spettacolo teatrale che avete intitolato “La Notte delle Streghe”. Ci spieghi da dove prende il nome?

Come dicevo, alla fine dell’800 le donne del paese affamate inventarono il “rito delle streghe”. Sentivano il bisogno di dare la colpa a qualcuno per le condizioni di miseria in cui si trovavano e si indirizzarono verso l’occulto. Alcune abitanti venivano additate come streghe e incolpate della malnutrizione e malattia di questo o quel bambino. Il rito consisteva nel raccogliere i panni del piccolo, farne un fantoccio che veniva trascinato sotto sette archi delle gallerie, che una volta fungevano da tintoria della lana. Il corteo era capeggiato dalla madrina del bambino. A un incrocio delle gallerie, dopo averne passati sette, le donne giravano intorno al fantoccio battendolo con bastoni e accette, fino ad abbatterlo del tutto e dargli fuoco.

castel del monte 4

Il giorno dopo il rito, ognuno arrivava con un po’ di latte e un pezzo di pane per nutrire il piccolo, che subito si sentiva meglio, il più delle volte. Quindi, le donne andavano a casa delle presunte streghe e se ne trovavano una con la schiena ingobbita veniva accusata di essere colei che aveva posto il malocchio e non si poteva più frequentarla né passare sotto le sue finestre.

In tempi più recenti, le streghe sono state donne che si facevano pagare per ripetere il rito. L’ultimo si tenne nel 1957 e in paese sono ancora vivi personaggi a cui, da piccoli, era stato “tolto il malocchio” con il rito delle streghe. In Abruzzo, in tempi antichi, si pensava che i bambini maschi nati la notte di Natale diventassero lupi mannari, mentre le femmine delle streghe. Il nostro spettacolo estivo riunisce in due serate circa 8000 spettatori.

C’è spazio per i giovani a Castel del Monte e in altri contesti simili?

I giovani oggi cercano uno stile di vita che non è quello della campagna, cercano la città, il divertimento che offre la vita urbana, la velocità, la tecnologia. Purtroppo le nostre grandi città non offrono più possibilità di lavoro come una volta e gli stipendi sono molto bassi. Qui i giovani avrebbero molto da imparare e molto da fare con la terra, i suoi prodotti, il turismo. La nostra sfida infatti resta quello di far conoscere a più persone possibili le nostre realtà, che sono uniche e che, in mancanza di giovani, un giorno rischieranno di sparire.

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