È ancora bracconaggio: il WWF elimina 100 trappole a Monte Arcosu
Seguici su:
Sud Sardegna - Un’equipe di volontari per arginare un fenomeno che, soprattutto nel Sud Sardegna, è ancora una piaga. È giunto al termine il campo anti bracconaggio promosso dal WWF Italia nell’area del Sulcis meridionale, territorio che l’organizzazione ricorda come storicamente noto per il bracconaggio. Il bollettino è rosso con più di un centinaio di trappole rimosse, ma c’è un dato positivo: per il referente dell’Oasi WWF di Monte Arcosu Antonello Loddo «il fenomeno è in diminuzione».
Il complesso forestale Monte Arcosu-Piscinamanna costituisce la foresta di macchia mediterranea più estesa dell’intero bacino del Mediterraneo. L’Oasi di Monte Arcosu si trova all’interno di una Zona Speciale di Conservazione compresa tra i Comuni di Uta, Assemini e Siliqua: si tratta di un paradiso che custodisce numerosissime specie della flora e della fauna sarda, in un’area che si estende per circa 3700 ettari. «Il presidio WWF qua funziona, ma ha bisogno di supporto», spiega Loddo.
I DANNI DEL BRACCONAGGIO
Nonostante il maltempo, l’attività dei volontari nell’area del Sulcis meridionale ha consentito la rimozione delle trappole, soprattutto i cosiddetti lacci: cappi realizzati con fili metallici, piazzati nella fitta vegetazione in luoghi di transito della fauna selvatica e destinati a catturare cinghiali e cervi, condannati a ore di atroci sofferenze. Questi strumenti sono particolarmente dannosi per qualsiasi specie, non solo selvatica, come le volpi o i rari gatti selvatici, ma anche per quelle domestiche, come le capre o i cani.
Per quanto riguarda gli uccelli, quest’area è ricompresa in uno dei sette black-spot del Piano nazionale anti bracconaggio. Ogni anno, proprio in questo periodo, in coincidenza con il passaggio degli uccelli migratori, vengono posizionate migliaia di trappole e reti per la cattura di uccelli, in particolare di tordi e storni, destinati ad alimentare il mercato illecito della ristorazione tipica locale. Questi mezzi di cattura oltre ad essere illegali non sono selettivi e di conseguenza a farne le spese sono anche numerose altre specie come pettirossi, fringuelli, occhiocotti, merli e addirittura rapaci.
«Abbiamo lavorato intensamente per consentire di riprendere le attività del campo anti bracconaggio WWF Italia», ha dichiarato Giampaolo Oddi, coordinatore nazionale della vigilanza volontaria WWF. Ma il problema non si può dire debellato: l’organizzazione auspica inoltre che «la nuova Giunta regionale si dimostri sensibile e attenta al problema del contrasto al bracconaggio e alla tutela della biodiversità, e si rende disponibile a collaborare su questi temi».
IL LAVORO NEL SUD SARDEGNA
Il WWF opera da decenni nell’area del Sulcis meridionale. Qui, a metà degli anni ’80, l’associazione acquistò con una grande operazione di raccolta fondi un territorio che al tempo ospitava uno degli ultimi nuclei di cervo sardo sopravvissuti nell’Isola: nacque allora l’Oasi WWF di Monte Arcosu. In quel momento il nucleo di cervi risultava essere intorno ai 70 esemplari. Grazie proprio alla lotta al bracconaggio e alla gestione dell’Oasi, da qualche anno la popolazione ha superato il migliaio di individui.
Un successo che ha favorito altri traguardi, visto che nel frattempo, grazie anche alle iniziative del WWF, è stato istituito il Parco regionale Gutturu Mannu, la cui superficie comprende una parte importante del Sulcis. Questo ha favorito la diffusione di una maggiore consapevolezza delle ricchezze naturali custodite nel territorio e della necessità di tutelarle e proteggerle. «Nonostante questo decennale impegno – spiegano dall’organizzazione – pur registrando una riduzione di questo fenomeno criminale, siamo ancora lontani dall’averlo debellato e per questo siamo consapevoli della necessità di continuare a tenere alto il livello di attenzione».
LA RISERVA WWF DI MONTE ARCOSU
«Abbiamo svolto attività durante il campo anti bracconaggio con diversi volontari locali e nazionali, abbiamo trovato dei lacci ma possiamo dire che il fenomeno sta calando», spiega Antonello Loddo, referente della Riserva. «Il problema del bracconaggio continua però ad essere diffuso nell’Isola con alcuni punti più caldi come ad esempio il Sulcis: nel resto della Sardegna il fenomeno è più contenuto, qua a tratti viene vista come una vera e propria professione quella di mettere i lacci per i volatili». La creazione di un’area protetta ha contribuito alla tutela dell’area, ma «serve maggior supporto».
«La Sardegna è un territorio molto vasto e serve parecchio personale per controllarlo, in virtù di questo i volontari ad oggi sono fondamentali. Il supporto delle istituzioni è sempre ben gradito, ma in questi ultimi anni il sostegno più importante lo abbiamo ricevuto quasi interamente da fondi privati: operiamo in una zona di quasi quattromila ettari, investire qua tra l’altro creerebbe posti di lavoro garantendo allo stesso tempo la tutela e la protezione del patrimonio naturale che ci circonda».
Inevitabile la chiamata al volontariato: «Siamo sempre contenti quando arrivano volontari. Anche per quanto riguarda il contrasto al bracconaggio il supporto di tutti è necessario, nelle azioni ma anche dal punto di vista dell’educazione, della sensibilizzazione e della prevenzione. Si tratta di un fenomeno che coinvolge tutti, sia gli uccelli che i mammiferi come il cervo sardo e il cinghiale: l’azione collettiva è finalizzata alla loro protezione».
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento