La via Francigena: un prezioso affresco del patrimonio artistico e culturale europeo
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Quando la si osserva sulla mappa, la via Francigena attraversa gran parte dell’Europa da nord a sud, da Canterbury fino a Roma, transitando per la Francia e la Svizzera. Un segno rosso come un’arteria pulsante da cui si diramava una fitta rete di strade che oltre mille anni fa collegavano Roma ad altri importanti centri della cristianità, da Santiago de Compostela a Gerusalemme.
«Quel tracciato ancora oggi lo immagino come una collana, le cui perle non solo altro che i borghi, le città, le fortezze militari, le abbazie medievali: un patrimonio prezioso messo in relazione da questa antica via», esordisce Luca Bruschi, direttore dell’Associazione Europea Vie Francigene (AEVF), ma soprattutto camminatore, sin da quando, per motivi di studio, ha percorso il cammino di Santiago de Compostela, poi la Francigena e numerosi altri cammini in tutta Europa.
NON UNA, MA TANTE VIE
È importante precisare che al contrario della nostra percezione di camminatori del nostro tempo, la Via Francigena non è mai stata un tracciato unico, ma un’arteria con una direzione principale, seguita da varie diramazioni, che durante il corso del tempo ha subito sostanziali modifiche, sia su scala micro che macro-territoriale, per motivazioni politico-militari, ambientali e anche legate al corso delle stagioni.
Quello che oggi conosciamo come il tracciato principale della via che dal km 0 nei pressi della chiesa primaziale anglicana a Canterbury conduce a Roma, ha una storia che risale a più di mille anni fa. Grazie a un prezioso diario di viaggio, tuttora custodito alla British Library di Londra, sappiamo che nel 990 d. C. Sigerico, arcivescovo di Canterbury, si recò a Roma per incontrare Papa Giovanni XV e ricevere il pallio di investitura. Lungo la strada, annotò in un diario le 79 tappe del suo viaggio, che ancora oggi percorriamo.
«Il percorso compiuto da Sigerico è il più noto – precisa Luca Bruschi – In realtà c’erano centinaia rotte di pellegrinaggio che partivano dal Moncenisio, dal Brennero e dalla Liguria e poi giungevano a Roma. La consapevolezza di questa eredità storica arricchisce la nostra percezione odierna di questo tracciato. Anche perché, come diceva il celebre medievalista Jacques Le Goff, senza il passato, saremmo tutti un po’ più orfani».
Dal 2019, la tratta che va da Roma a Santa Maria di Leuca è stata riconosciuta come il proseguimento della via Francigena, sulla base di un Itinerarium Burdigalense, ovvero uno scritto di viaggio di un pellegrino anonimo del 333 d.C. «Un tempo come oggi, la via Francigena metteva in relazione diversi luoghi, le province più appartate, l’Europa minore. E questo ha un importante valore di connessione tra quattro paesi, o meglio cinque, se si considera il Vaticano, meta finale prima di proseguire verso Santa Maria di Leuca».
MOBLITÀ LENTA E PROMOZIONE DEL TERRITORIO
Nel 1994, il Consiglio d’Europa, di cui fanno parte ben 46 paesi tra cui gli stati membri dell’Unione Europea, ha certificato la via Francigena, da Canterbury a Roma, come itinerario culturale del Consiglio d’Europa. Nella risoluzione CM / Res (2013) 66, si legge che un itinerario culturale è “un progetto di cooperazione culturale, educativo e turistico che mira allo sviluppo e alla promozione di un itinerario, o di una serie di itinerari basati su un percorso storico, un concetto culturale, figura o fenomeno con un’importanza e un significato transnazionali per la comprensione e il rispetto dei valori comunitari europei”.
«Si tratta di un programma molto lungimirante – aggiunge il direttore di AEVF – lanciato nel 1987 con il riconoscimento di itinerario culturale del cammino di Santiago de Compostela, il primo a cui il Consiglio d’Europa ha conferito questo label». Fondato nel 1949, il Consiglio d’Europa è la principale organizzazione europea di difesa dei diritti umani, di promozione della democrazia e dello stato di diritto.
«Una via di mobilità come la Francigena, che mette in rete le persone e le comunità ed è simbolo di accoglienza, pace e dialogo intereuropeo, oggi dopo trent’anni dal riconoscimento del Consiglio d’Europa è un’importante occasione di riflessione. In primis sul significato che nella geografia moderna ha questa antica via militare e di pellegrinaggio, che collega bene 715 comuni. E forse di significato ne ha ancora più oggi che in passato».
METTERSI IN CAMMINO OGGI
Per preservare il valore storico e culturale che la via Francigena dispiega lungo i suoi 1800 km dell’antico tracciato fino a Roma, sono necessarie risorse e cure. È con questo obiettivo che nel 2001 nasce l’Associazione Europea delle Vie Francigene, con la sua sede operativa in Italia. Si tratta di una rete su base volontaria di enti pubblici, istituzioni locali e di carattere europeo.
«Non è un’associazione di camminatori, pur essendo quasi tutti accomunati dalla passione per i cammini – ha precisato Luca Bruschi – All’inizio erano solo 34 le realtà coinvolte nella rete, oggi sono 241 e con il tempo l’associazione ha sempre più rafforzato la sua vocazione europea». Sensibilizzare i territori, le istituzioni, ma anche gli attori privati a investire sulla valorizzazione della via Francigena è fondamentale per la tutela di questo patrimonio e per portare sempre più persone lungo questo antico cammino.
Secondo le ultime stime, lo scorso anno sono state circa 50 mila le persone che hanno transitato lungo la via Francigena per almeno una settimana, con un impatto importante sul turismo delle aree interne e dei piccoli borghi. Provenienti da 55 paesi diversi, la maggior parte di loro è partita dall’Italia, ma si è registrata un’eccezionale presenza di camminatori e camminatrici provenienti dagli Stati Uniti e dalla Svezia, seguiti da chi è partito dalla Francia e dall’Australia.
Con il tempo è molto cambiata la mobilità lungo la via Francigena. Un dato certamente rilevante, è l’aumento del numero di giovani che la percorrono. Stando alle ultime stime, si contendono il primato le fasce 25-34 anni e 55-64 anni con il 22%. Poco al di sotto, con il 21,4%, la fascia 45-54 anni. Il gruppo dai 35-44 anni è al 14%, mentre rispettivamente al 10,6% e al 10% ci sono i gruppi sotto i 25 anni e gli over 65.
Chi parte – in solitaria, in coppia, in gruppo – lo fa con le motivazioni più disparate, che vanno dal bisogno di staccare la spina alla ricerca di una profonda riconnessione con la natura. «Quello a piedi si conferma un macro-trend del settore turistico – conclude Luca Bruschi – Ma occorrono servizi ed energie economiche a tutela di questo immenso patrimonio. Questo trentennale, che si aprirà con una cerimonia il primo marzo alla British Library di Londra, è innanzitutto un’occasione per pensare al valore odierno della via Francigena, che interessa i territori, la ricerca scientifica, le istituzioni e soprattutto le comunità attraversate».
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