Se lo conosci non lo eviti: ecco come mi sono preparata a una settimana di digiuno
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Cesena, Emilia-Romagna - Era un martedì quando ho letto su Italia che Cambia un articolo che parlava dei benefici del digiuno terapeutico e in particolare di un ritiro1 previsto per il novembre seguente. Innegabile il contrasto di emozioni percepite dentro di me: da una parte la voglia forte di mettermi alla prova, di sperimentare qualcosa di mai vissuto prima; dall’altra la paura. È sempre così: il fascino dell’ignoto che porta con sé il timore di ciò che non conosciamo.
Avevo imparato negli anni ad ascoltare quella paura e a darle un nome e un ruolo preciso: spinta all’evoluzione. Più volte infatti, ogni qualvolta mi ero trovata davanti a scelte non comode, eccola spuntare. Laddove percepivo la possibilità di uscire dalla mia zona sicura e fare un salto verso qualcosa di potenzialmente trasformativo, emergeva la stessa stretta alla pancia accompagnata da una sensazione di vertigini.
Era la mente che temeva di perdere il controllo e mi ricordava che ciò che mi apprestavo a vivere rischiava di farmi perdere i punti di riferimento certi. È stato così che quel martedì ho deciso di ascoltare la mia paura e di iscrivermi a quel ritiro di digiuno, con un sorriso sulle labbra e un formicolio di sano terrore alla pancia.
DIGIUNO NON È MORTE, FORSE
Le reazioni e gli sguardi di familiari e amici, quando avevo comunicato loro la decisione di partecipare al ritiro settimanale di digiuno cosciente, si erano divise in quattro principali categorie: gli increduli – “Sei sicura? E se non ce la fai?” –, gli allarmati taciturni, che nonostante non si esprimessero a parole avevano fatto emergere in viso pensieri del tipo “Poverina, un’altra delle sue follie”. C’erano stati poi i catastrofisti, che mi avevano esplicitato ad alta voce il loro disappunto, preannunciando la mia imminente morte.
Cosa ben diversa dalla quarta e ultima categoria di persone: i rassegnati, i quali erano certi che sarei sopravvissuta, ma il cui viso mentre ne parlavamo assumeva la forma di un grande punto interrogativo, quasi a volermi dire “ma perché? Ne sentivi proprio il bisogno Emanuela?”. Tutte queste persone però avevano un elemento comune. L’avevo visto spuntare nei loro occhi, l’avevo percepito nelle loro parole: era paura e dialogava intensamente con la mia, facendo emergere sensazioni fino a quel punto trattenute.
Digiunare, privarsi volontariamente del cibo per cinque giorni. Sembrava effettivamente una follia. Ma perché? Razionalmente sapevo che possiamo vivere senza alcuna conseguenza per diversi giorni senza nutrirci e avevo letto molto riguardo i benefici di questa pratica. Era dunque qualcosa che non passava tramite la mente razionale, ma aveva a che fare con la sola sfera emotiva. Avevo allora chiuso gli occhi, da sola in silenzio. Avevo guardato in faccia quella paura e tutto d’un tratto avevo compreso.
Il cibo era sì vita, nutrimento, ma per tutti noi rappresentava qualcosa di molto più vasto. Il cibo era strumento ed emanazione anche di relazioni sociali e di sostegno alle nostre emozioni: si mangia per festeggiare quando si è felici, si mangia per compensare tristezza e paura. Cosa comportava quindi il pensiero di privarsi di questo fondamentale legame con la vita e con il mondo esterno? Con i nostri familiari, amici? Ma anche con le nostre emozioni e i nostri sentimenti? E cosa implicava per me vivere tutto questo, lontana da casa e in compagnia di persone sconosciute?
Le emozioni quando avevo riaperto gli occhi si erano affievolite lasciando spazio a una convinzione: la paura di non farcela nascondeva al suo interno qualcosa di reale. Abbandonando convinzioni e resistenze, la persona che in quel momento ero non sarebbe stata la stessa al mio ritorno. Una trasformazione profonda era alle porte e avrei vissuto la settimana di digiuno cosciente come un momento di passaggio da ciò che ero, a ciò che mi apprestavo a divenire.
LA PREPARAZIONE: TRE SETTIMANE E NON SENTIRLE
Ma come prepararsi a tutto ciò? La risposta era giunta dagli organizzatori, che circa un mese e mezzo dalla fatidica data di inizio del ritiro avevano inviato a tutti i partecipanti una mail con tutti i suggerimenti per potersi preparare al meglio al digiuno. La preparazione proposta prevedeva una serie di indicazioni da seguire a partire da 21 giorni prima dell’inizio, suddivise per settimane. Eccone una sintesi.
Tre settimane al digiuno: evitare prodotti contenenti glutine e prodotti di origine animale; sostanze nervine, ma anche frutta secca, fritture e bevande alcoliche. I consigli prevedevano anche un’abbondante idratazione ed esercizio fisico quotidiano, oltre ad un momento quotidiano di riflessione su quanto vissuto nell’arco della giornata appena trascorsa, per riuscire a distaccarsi dalle proprie emozioni, lasciandole andare.
Due settimane al digiuno: oltre a mantenere le indicazioni della settimana precedente si introduceva il digiuno intermittente, per dare maggior spinta alla pulizia dell’organismo. Una settimana dalla partenza: sommando le indicazioni delle settimane precedenti, era consigliato rendere i pasti più leggeri e digeribili e rallentare, se possibile, i ritmi giornalieri.
I VANTAGGI VISSUTI DALLA PREPARAZIONE
I benefici sono stati importanti, ma per la mia esperienza solo dopo aver superato lo scoglio iniziale di pigrizia e golosità. L’idea di essere “limitata” per tre settimane da condizioni esterne mi aveva spinta nei primi giorni a nutrire maggior golosità e voglia di cibi che solitamente non assumo quotidianamente. Inoltre il pensiero che tutte le nuove abitudini erano finalizzate a una settimana di digiuno avevano portato la mia mente a propormi di continuo l’esigenza di fare scorta di cibo, per assicurarmi di sopravvivere ai giorni fatidici.
Ci avevo messo qualche giorno per silenziare la mente e placare la paura. Il corpo nel frattempo aveva iniziato il suo percorso di pulizia, permettendomi di arrivare al giorno della partenza piena di energia. Anche la mente, una volta che si era placata, ne aveva goduto molti vantaggi: le emozioni e il sovraffollamento di pensieri si erano affievoliti per lasciare spazio a maggior lucidità e pace.
Ma cosa mi apprestavo a vivere nel ritiro collettivo di digiuno? E come avrei superato le mie fragilità emotive e fisiche insieme ad un gruppo di persone fino a quel momento sconosciute? Ero partita entusiasta e con molte domande. In questo articolo vi racconto, passo dopo passo, cosa ho vissuto in quei giorni così impegnativi e al tempo stesso evolutivi.
Note:
1 Ritiro di Digiuno Cosciente, organizzato da Fattoria dell’Autosufficienza a Bagno di Romagna (FC)
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