Funk e soul dalla Sardegna al mondo: la SeuinStreet Band tra musica e cittadinanza attiva
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Sud Sardegna - Un repertorio di musica funk, R&B, soul e jazz, entusiasmo e tanto movimento: parliamo della SeuinStreet Band, banda musicale di strada nata in seno alla storica Gioacchino Rossini di Seui, oggi conosciuta e apprezzata in tutta l’Isola e oltremare. È composta da oltre trenta giovani musicisti, la cui età media si aggira intorno ai vent’anni, che nel giro di cinque anni hanno già raggiunto importanti obiettivi. Abbiamo intervistato Stefano Gaviano, presidente dell’Associazione culturale Banda G. Rossini, che ci ha raccontato il percorso della street band seuese e gli ideali che la animano.
Com’è nata l’idea di formare la street band?
Noi nasciamo come banda musicale, che a Seui vanta una lunga tradizione. È nata infatti nel 1922 e non si è mai fermata, neppure durante la guerra. L’idea di dar vita alla SeuinStreet Band è partita dall’avere più volte invitato in paese street band della Penisola, tra cui la famosissima Funk Off, in occasione di Su Prugadoriu [celebrazione dedicata al culto delle anime che si svolge a Seui a cavallo di Ognissanti, ndr].
Tutti noi avevamo quindi familiarità con le street band. Ci sembrava però un obiettivo quasi irraggiungibile crearne una da zero, trattandosi di un modo di fare musica diverso da quello bandistico canonico. Non si è legati allo spartito e anche il repertorio è totalmente differente.
Cosa vi ha spinto a provarci?
La scintilla è scoccata quando hanno iniziato a collaborare con noi due maestri molto giovani, il docente di tromba Adriano Sarais [attuale direttore della SeuinStreet Band, ndr] e quello di percussioni Francesco Oppes. Confrontandoci abbiamo capito di condividere idee e obiettivi e abbiamo lavorato moltissimo per mesi con l’intenzione di raggiungerli. I risultati sono arrivati abbastanza presto: abbiamo debuttato il primo aprile 2019 a Castelsardo e da lì è stato un crescendo in positivo. Ci ha premiato anche l’aver dato una dignità tutta sua alla street band evitando di mischiare il suo operato con quello della banda Gioacchino Rossini, anche se i componenti sono praticamente gli stessi.
A Seui non manca la passione per le sette note.
Confermo, infatti lo definiamo il “paese della musica”. Ha un tasso di alfabetizzazione musicale unico in Sardegna. Solo la nostra associazione conta oltre cento soci e tantissimi compaesani sanno leggere la musica perché hanno fatto parte della banda. Seui ospita anche un festival di musica alternativa molto importante. In un paese di 1200 abitanti non è poco.
Nel 2023 avete fatto il vostro primo tour nella Penisola e di recente avete suonato al Teatro Lirico di Cagliari, il palco più importante della Sardegna.
Sì. Il tour è stato molto soddisfacente, un sogno che si è realizzato grazie all’organizzazione impeccabile del nostro maestro Claudio Binotto. Ci siamo esibiti in diverse città lombarde, a Mestre e a Lugano, in Svizzera. Queste opportunità arrivano soprattutto grazie alla passione e all’impegno. Teniamo moltissimo alla formazione e la nostra scuola di musica sta diventando un attrattore per ragazzi e musicisti di tutta l’Isola.
Per quanto riguarda il Teatro Lirico, aver suonato lì è motivo di grande orgoglio. Non capita spesso che una banda possa esibirsi su un palco così importante. Ci tengo a dire che comunque noi ci siamo sempre avvicinati a ogni evento, anche il più piccolo, con entusiasmo e grande serietà. Non facciamo distinzioni, ci impegniamo per dare il meglio in ogni occasione.
Di recente vi siete schierati in difesa dell’Istituto Globale Farci, a cui si vuole revocare l’autonomia scolastica accorpandolo al Comprensivo di Nurri. Cosa vi ha spinti a farlo?
È noto le zone interne sempre più spesso vengono private dei servizi essenziali. Questa volta è toccato alla scuola e la perdita dell’autonomia rischia di avere conseguenze gravi. Il primo a essere colpito è il liceo scientifico, fondamentale presidio d’istruzione nel raggio di 50 chilometri. Un dato molto significativo per gli abitanti di un paese di montagna.
La protesta è partita dal basso, da un gruppo di genitori, insegnanti e persone del paese che hanno deciso di lottare per un servizio essenziale come l’istruzione. La nostra associazione nasce e vive a Seui, non ci abbiamo pensato due volte a unirci alla protesta. Abbiamo voluto dare massimo risalto alla questione anche sulle nostre pagine social e abbiamo portato in giro con orgoglio lo striscione con cui manifestiamo solidarietà alla lotta per mantenere l’autonomia.
La mancanza di servizi essenziali è una delle prime cause di spopolamento, un fenomeno che immagino vi impensierisca.
Sì. Seui è un paradiso, un luogo a misura d’essere umano, la qualità della vita è ottima. Ognuno di noi dovrebbe avere la libertà di vivere dove sta meglio, ma la mancanza di servizi spesso costringe le persone a spostarsi in luoghi meno felici. La logica della convenienza economica non può essere applicata a certi tipi di servizi, ma è quello che il legislatore fa in continuazione con le conseguenze che conosciamo.
Si parla spesso di aiuti alle zone svantaggiate, ma in realtà le stanno affossando privandole del medico di base, delle scuole. O rendendo difficile lavorarci perché non c’è la connessione a internet. Non ci si rende conto che invece i piccoli paesi hanno potenzialità di sviluppo enormi, a partire dai prodotti di alta qualità che potrebbero essere commercializzati nel mondo.
Per tornare al vostro ambito, la musica può essere uno strumento di contrasto dello spopolamento?
Assolutamente sì. Per Seui, dove il terreno è già fertile, un’idea potrebbe essere l’istituzione di un liceo di alta formazione musicale. Ci sono case e strutture vuote che potrebbero essere riconvertite per creare una sorta di convitto e permettere così anche a chi viene da fuori di frequentarlo. Noi come associazione non possiamo fare molto per questo, ma sono certo che potrebbe funzionare.
Progetti della SeuinStreet Band per il futuro?
Seui è un paese di emigranti, di gente che ha girato il mondo. Mi piace pensare che la band possa fare lo stesso: andare nei luoghi in cui sono emigrati i nostri avi, per poi tornare qui. Sogno che un progetto come il nostro, nato in un piccolo paese, porti in giro per il pianeta la sua musica e ritorni ogni volta. Vedo Seui come punto di partenza ma anche di arrivo, un luogo in cui mantenere le radici. Noi siamo gli artefici del nostro futuro. Può sembrare una frase fatta ma non lo è. Il nostro progetto è nelle nostre mani e possiamo fargli prendere qualsiasi direzione. I confini non sono netti, possiamo stabilirli noi e questo è straordinario.
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