Rivolta degli agricoltori: secondo Giuseppe Li Rosi bisogna puntare su biologico e permacultura
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La rivolta degli agricoltori continua ad espandersi a macchia d’olio. Blocchi, marce e manifestazioni avanzano ovunque ricevendo consensi anche da parte di altri settori e dell’opinione pubblica che, in molti casi, sconosce il perché di questa agitazione, ma ne loda le forme. Viene da chiedersi, come ha fatto notare il nostro Paolo Cignini all’interno della puntata di Io non mi rassegno, perché è possibile accettare i blocchi stradali causati dai trattori, mentre infastidiscono quelli organizzati da chi richiede una maggiore attenzione sul clima.
Andrea Degl’Innocenti ha spiegato qui e qui alcune delle motivazioni che hanno portato molti agricoltori europei, compresi quelli italiani, a manifestare il proprio malcontento, cercando di inquadrarli in una prospettiva più ampia che, tra l’altro, varia di paese in paese. Anche in Sicilia si sono costituiti circa venti presidi per aderire alla protesta. A raccontare quanto sta accadendo è Giuseppe Li Rosi, agricoltore e custode del tesoro dell’agricoltura tradizionale, i semi.
«Il Green Deal bloccato grazie alla pressione potente degli agricoltori tedeschi è stata una grande sconfitta per le prospettive evolutive di una sana agricoltura e un buon cibo. La protesta dei trattori iniziata in Germania è stata strumentalizzata e organizzata da Big Pharma che non poteva accettare di diminuire il proprio fatturato in previsione della riduzione del 60% dei pesticidi in agricoltura entro il 2030. Ancora una volta l’industria che schiaccia l’agricoltura», esordisce Giuseppe.
LA RIVOLTA DEGLI AGRICOLTORI IN ITALIA DOVREBBE PUNTARE ALLA TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÁ
Dal suo punto di vista, partire dalla Toscana per andare a manifestare a Roma accodandosi alla richiesta di blocco del Green Deal – come hanno fatto i primi agricoltori italiani che hanno aderito alla protesta – è frutto di una mancanza di conoscenza del territorio che si coltiva. L’Italia, a differenza della Germania, detiene il 50% dell’agrobiodiversità europea e non avrebbe bisogno di affiancare le richieste dei tedeschi contro il Green Deal. In Germania la riduzione dei pesticidi avrebbe un impatto significativo rispetto all’Italia.
«Noi potremmo ridurre l’uso dei pesticidi senza nessun diktat europeo; serve però formare l’agricoltore, che ha ormai cancellato le conoscenze, il know how della civiltà rurale. Serve formare e informare gli agricoltori e accompagnarli verso sistemi produttivi come il biologico, la biodinamica, la permacultura».
«La guerra in Ucraina – continua Giuseppe – ha fatto lievitare i costi dell’energia, dei diserbanti, dei concimi, il problema persisterà: produrre con la chimica vuol dire non solo causare danni per l’ambiente ma anche per i bilanci di qualsiasi azienda agricola che userà i mezzi tecnici. L’Italia avrebbe una grande occasione e ancora di più la Sicilia, che ha il 50% dell’agrobiodiversità italiana. Con una base genetica così ricca, potente e forte potremmo realizzare una rivoluzione positiva per l’Italia. È già accaduto più volte nei millenni».
Giuseppe è un agricoltore, ma è anche un cultore e un custode della terra e della cultura rurale che con passione cerca di trasmettere agli agricoltori siciliani in protesta per imparare a leggere il presente. Racconta che già con l’impero romano esisteva la grande distribuzione organizzata. Ogni provincia si dedicava a una produzione specifica che poi, tramite i commercianti, veniva trasferita dalle campagne verso le città.
Con l’arrivo dei barbari, questo commercio si è interrotto e la fame degli eserciti e delle città è stata tra le cause della fine del grande impero. Durante il medioevo la frattura tra campagna e città ha raggiunto il suo apice, i contadini sono stati sempre più denigrati e la civiltà rurale ha cominciato a perdere la sua forza.
DALLA NATURA PROVENGONO LE LEGGI PER UNA CIVILTÁ PIÙ RISPETTOSA
«Un vero e proprio attacco all’evoluzione dell’umanità. Le uniche leggi universali che funzionano risiedono nella natura vegetale, animale e alimurgica. Il legame con il creato è basato su leggi universali, sull’intuito e sull’anima di gruppo che troviamo solo lì. Da questi esempi possiamo estrarre leggi e comportamenti per creare una civiltà del futuro basata non più sull’autorità centrale, come nel caso dell’impero romano. Adesso l’UE sta aprendo all’uso degli OGM in campo aperto. Questo vuol dire creare un flusso di finanziamenti verso le istituzioni di ricerca all’interno dei Ministeri e delle Istituzioni stesse, continuando a favorire un’autorità centrale e dimenticando il diritto di salvaguardia», continua Giuseppe.
L’Rna o l’mRna di un OGM in campo aperto andrà a inficiare il DNA delle altre varietà e delle altre specie che verranno a loro volta ingerite dagli animali. Una reazione a catena che si conclude nell’uomo. La sperimentazione a campo aperto dei nuovi OGM potrebbe costituire un ulteriore attacco alla civiltà rurale provocando passo dopo passo l’abbandono dei terreni. L’uso di un’agricoltura chimica prevede anche la necessità di mezzi tecnici che costeranno sempre di più e che per gli agricoltori sarà sempre meno conveniente coltivare.
LA RIVOLTA DEGLI AGRICOLTORI IN SICILIA PER UNA RIVOLUZIONE RURALE
«Ci sono migliaia di agricoltori in Sicilia in giro nei presidi, sto cercando di coordinare il movimento insieme ad altri, nonostante le grandi critiche. L’obiettivo è trasmettere loro l’importanza e il valore della nostra agrobiodiversità per diventare l’isola felice della produzione biologica e dare l’esempio al mondo che senza la chimica si può benissimo produrre», continua Giuseppe.
Le associazioni Simenza – Cumpagnìa Siciliana Sementi Contadine, Unione Allevatori Sicilia, Coordinamento Agroecologia Sicilia insieme a liberi professionisti hanno elaborato un documento destinato a essere condiviso da tutti i presidi agricoli siciliani. All’interno vengono segnalate anche misure urgenti per la sopravvivenza animale, contro la crisi di liquidità e la tutela della proprietà agricola. A seguito di un fermento sempre più acceso l’assessore regionale all’agricoltura, Luca Sammartino, ha chiesto di riunire un tavolo tecnico con gli agricoltori in rivolta.
«Non abbiamo accettato l’invito, insieme a lui oltre ai dirigenti ci sarebbero stati i sindacati delle associazioni di categorie che da vent’anni non ci tutelano. Vogliamo un incontro con il parlamento siciliano a cui chiederemo il perché di questa situazione e daremo tutte le indicazioni per comprendere cosa è davvero quest’isola. Tutte le spighe di questo grano di campo evolutive che è la Sicilia vanno via perché rischiano di essere recise».
«Questo fermento può essere utile per ribadire la necessità di un’agricoltura rispettosa del patrimonio esistente e la centralità che la Sicilia può avere in questo processo, recuperando la sua funzione storica al centro del Mediterraneo e ripercorrendo esperienze già vissute come momenti utili di un’evoluzione italiana ed europea. Un futuro al momento utopico ma che possiamo richiamare a noi», conclude Giuseppe.
Tutelare la figura dell’agricoltore vuol dire tutelare noi stessi dagli incendi, dalle alluvioni, dalle crisi alimentari e da molte altre difficoltà. Come insegna la storia, per favorire l’evoluzione dell’essere umano non serve un potere accentratore serve incrementare l’autorevolezza personale e la crescita spirituale, per essere tutti co-creatori di un mondo migliore.
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