Tra mutualismo e condivisione il Pink Coworking combatte il gender gap nel mondo del lavoro
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Torino - Nel pieno centro di Torino, vicino a Piazza Solferino, c’è il Pink Coworking, un luogo creato da donne freelance, ma aperto a chiunque, finalizzato a promuovere la coesione sociale, la creazione di una rete di conoscenze condivise, il sostegno reciproco attraverso diverse pratiche mutualistiche di cui ho parlato con Caterina Bonora, vice presidente dell’Associazione Acca, da cui dipende il Pink Coworking.
Acca è un’associazione nata nel 2021, “una community di city maker, attivistə per la sostenibilità sociale, ambientale e delle organizzazioni, mediatrici e mediatori interculturali, operatori e operatrici del sociale e della cultura, cittadinə attivə. Accompagna le trasformazioni sociali e organizzative nell’ottica del riconoscersi delle comunità nella cura dei beni comuni e nella diffusione della conoscenza come mezzo di liberazione, ispirandosi al pensiero freiriano”.
Acca combatte le disuguaglianze, anche le nuove disuguaglianze che i processi innovativi portano con sé, cercando alleanze, condivisione, collaborazione e policentricità a tre livelli ovvero quello delle istituzioni pubbliche, delle istituzioni cognitive e del privato, a cui si aggiunge l’importante componente della società civile, organizzata e non. Il fine è che l’innovazione generi imprese e istituzioni più inclusive e sostenibili anche dal punto di vista sociale, ambientale e culturale.
Caterina, qual è il tuo ruolo nell’associazione Acca?
Io sono project e community manager per Acca e nella vita, sono una freelance. Acca nasce a Torino nel 2021 come associazione no profit formata da mediatori interculturali, progettiste e molte altre persone. I pilastri del nostro statuto sono: il contrasto alle discriminazioni in tutte le loro forme, progetti accessibili a tutte le persone che valorizzino l’unicità di tutte le individualità, nell’ottica di creazione di beni comuni.
Tra le varie iniziative dell’associazione c’è stata la creazione del Pink Coworking. Ci racconti come è nato?
Il Pink Coworking è nato da me e da altre persone durante la pandemia. Essendo freelance abbiamo sofferto l’isolamento. In quelle condizioni non si riusciva a fare networking, non c’era la possibilità di creare nuove idee con persone alla pari. I coworking sono cambiati tanto negli anni, hanno aumentato i prezzi e si rivolgono sempre di più a startup e imprese. Inoltre c’è la questione del precariato: chi lavora come freelance è a rischio di lavoro povero. La difficoltà per le persone libere professioniste è confrontarsi con altre persone freelance.
In più per le donne in più si aggiunge il discorso relativo al gender pay gap. In Italia, secondo i dati riportati da Giulia Grignani, una donna guadagna il 15% in meno rispetto a un uomo nel lavoro dipendente e il 33% in quello autonomo perché non ci sono regolamentazioni. La verità è che fatturiamo poco, circa diecimila euro all’anno in gestione separata, e non per colpa nostra, ma per una mala gestione delle partite IVA. Questa sempre più spesso viene usata per fare dumping salariale e per risparmiare su lavoratori e lavoratrici impiegati come se fossero dipendenti, ma senza le stesse tutele.
Da queste riflessioni è nato il Pink Coworking. Lo abbiamo proposto alla Circoscrizione 1 di Torino ed è nata la co-progettazione. Nasce quindi da un bisogno collettivo, nel tentativo di provare attraverso questo luogo a cambiare il dibattito, a combattere le dinamiche lavorative tossiche, a stare bene con la partita IVA. Il primo febbraio 2023 c’è stata l’inaugurazione. In quanto bene comune è molto importante che sia stato riconosciuto da una comunità di riferimento.
Attualmente è ancora una concessione, è la sede della Circoscrizione 1 che ci ospita. Questa è una delle peculiarità del progetto: c’è un incontro quotidiano con i coordinatori della circoscrizione oltre a quelli ufficiali dedicati alla co-progettazione e questa sinergia è molto proficua.
Cosa differenzia il Pink Coworking dagli altri coworking dunque?
Volevamo che costasse poco e che fosse un luogo di alleanza e di costruzione di consapevolezza, a partire dalle donne ma non solo per le donne. Lavorando sulla situazione drammatica del lavoro a partire dalle donne freelance, vogliamo costituire quel cambiamento sociale che porterà sì le donne freelance a migliorare la loro situazione, ma che a cascata migliorerà la situazione della società in generale.
Come si sostanzia questa peculiarità nella pratica?
Quello che offriamo non è un servizio classico. Pagando sessanta euro al mese si diventa soci: è un progetto, non un servizio. Una volta entrati a far parte del progetto si può usufruire degli spazi ovviamente, ma c’è molto di più. Ognuno mette a disposizione le proprie competenze per la comunità, la pink community [ride, ndr] attraverso quella che abbiamo chiamato “la banca del tempo e delle competenze”. Entrando a far parte del progetto si contribuisce con le proprie competenze a creare una comunità coesa che lotta per ideali comuni.
Vi sono inoltre incontri periodici di co-progettazione per la crescita professionale delle singole persone e del progetto come attore di sviluppo lavorativo e territoriale. Facciamo eventi pubblici gratuiti e dei laboratori a pagamento e corsi. A breve per esempio ci sarà un corso con alcune educatrici finanziarie per imparare a pianificare le entrate, le uscite e la gestione dei risparmi. Gli eventi sono circa una volta al mese e sono gratis. Infine abbiamo attivato lo sportello freelance con ACTA, sempre gratis, per richiedere informazioni fiscali e su problematiche legate alla partita IVA, problematiche legali e quant’altro. Insomma, non è un servizio da utilizzare, è un bene comune da curare insieme, un progetto di mutualismo.
Il Pink Coworking quindi ha appena compiuto un anno. Com’è andata la festa?
L’evento è stato bellissimo, con tante persone e organizzazioni presenti. Ogni pezzettino ci aiuta a crescere! Questo è un progetto dal basso a tutti gli effetti, autofinanziato, a parte un piccolo finanziamento della Fondazione Compagnia di San Paolo. Abbiamo messo a disposizione le competenze per un lavoro equo, nella ricerca di persone alleate. Per questo contiamo anche sull’aiuto di due facilitartici di gruppi, Agnese Natale e Sara Filippelli del gruppo Faciligroup. Vogliamo che questo sia un processo partecipativo reale. La democrazia interna, la partecipazione e lo stare bene del processo sono più importanti del risultato. Per questo lavoriamo sui processi, a monte e non a valle.
Programmi per il futuro?
Attualmente si può accedere al Pink Coworking dal lunedì al giovedì dalle 8:30 alle 16:30; venerdì dalle 8:30 alle 14:30. Stiamo valutando l’idea di tenere aperto di più. I progetti per il futuro oltre a questo sono tanti, soprattutto a livello di corsi e di eventi che potete trovare sulle nostre pagine web.
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