Paola Gianotti: da Helsinki a Parigi in bici per raccontare la ciclabilità
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Torino - “Paola Gianotti rientra in Italia al termine della sua ultima impresa. Partita il 30 gennaio, l’atleta eporediese 4x Guinness World Record ha attraversato l’Europa in bici da Helsinki a Parigi. Un totale di 2.700km in 18 tappe. Duplice l’obiettivo del viaggio: da un lato, misurare la qualità dell’aria; dall’altro, raccontarci i progressi europei in materia di ciclabilità grazie all’incontro con istituzioni (ambasciatori, europarlamentari ecc.) e comuni cittadini”. È questo in pochissime parole il riassunto dell’ultima impresa dell’ultraciclista e recordwoman piemontese che ho avuto il piacere di intervistare oggi.
Paola Gianotti, stavolta non hai puntato alla performance sportiva nonostante tu abbia macinato un bel po’ di chilometri, ma ti sei focalizzata sul tema della sicurezza e della sostenibilità. Come mai?
Nel 2014 stavo facendo il giro del mondo in bicicletta e ho avuto un incidente: sono stata investita da una macchina e mi sono rotta una vertebra. Così quando sono rientrata a casa ho deciso di iniziare a dedicarmi alla sicurezza stradale. Ho messo a punto diverse azioni tra cui fondare un’associazione e richiedere al Parlamento che cambino le leggi. Ho addirittura messo più di settemila cartelli stradali durante i miei viaggi. Quest’anno poi ho deciso di fare questa attraversata dell’Europa cercando di capire cosa stanno facendo gli altri paesi a livello di mobilità e sostenibilità.
Facciamo un piccolo riassunto del tuo ultimo viaggio per chi non sapesse in cosa è consistito. Dopo il Mato Grosso ad aprile 2023 dove sei andata stavolta?
Il 30 gennaio sono partita da Helsinki con l’obiettivo di arrivare fino a Parigi percorrendo soprattuto le EuroVelo, che sono itinerari panoramici per turisti. Sono andata a Tallin, capitale dell’Estonia, ho attraversato tutte le Repubbliche baltiche, la Polonia, la Germania. Sono passata anche dal Belgio per fare un intervento al Parlamento europeo. Infine il 16 febbraio sono arrivata a Parigi, nella giornata mondiale del risparmio energetico e della sostenibilità. Lo avevo deciso in quanto testimonial per “M’illumino di Meno”, iniziativa di Caterpillar, programma di Rai Radio 2, poiché collaboravo con loro e giorno per giorno raccontavo le mie esperienze di viaggio nel corso del programma.
Com’è la situazione relativa alla ciclabilità e alla sostenibilità nei paesi europei che hai attraversato?
C’è una grandissima differenza tra questi paesi e l’Italia. C’è in atto un cambiamento infrastrutturale e culturale enorme rispetto alla mobilità sostenibile. Entro il 2030 Helsinki vuole eliminare del tutto le automobili dal centro; a Tallin dal 2013 sono stati resi gratuiti i mezzi pubblici per i cittadini; a Vilnius stanno riducendo i parcheggi e sono passati da 44 a 144 chilometri di piste ciclabili in città, oltre ad aver creato collegamenti tra periferia e centro con strade dedicate. Berlino è piena di piste ciclabili; le città sono quasi tutte Città 30, si riducono le dimensioni delle carreggiate per diminuire la velocità. Insomma, l’Europa va verso la sostenibilità e sta cercando di restituire le città alle persone.
Secondo te perché in Italia invece la situazione è così diversa?
La mentalità che abbiamo è alla base del problema. Qui la macchina è ancora uno status symbol: le persone non riescono a staccarsi da questo concetto. E inoltre mancano le infrastrutture! Muoiono ancora un ciclista e due pedoni al giorno, è inaccettabile. Mancano queste due cose fondamentali quindi il cambiamento deve essere in due direzioni.
Da una parte bisogna lavorare sulle infrastrutture: collegare i piccoli paesi diventa importante, disegnare le case avanzate nelle grandi città, installare semafori ad hoc per le biciclette, ridurre le dimensioni delle carreggiate, ridurre i parcheggi, attivare ztl anche con tariffe importanti. L’uso dell’automobile va disincentivato: siamo il paese con più macchine pro capite d’Europa. Abbiamo anche il primato dei morti per chilometri percorsi e quello dei minori utilizzatori di bici.
La transizione quindi è doverosa, tuttavia queste scelte devono essere spiegate. La comunicazione è fondamentale per ottenere il cambiamento. E questa è la seconda parte su cui lavorare, quella che contribuisce a modificare la mentalità delle persone. Sarebbe importante che i bambini fossero educati alla sostenibilità già nelle scuole. Un tema importante per la transizione sono i prezzi dei mezzi pubblici, che devono essere accessibili a tutti. Siamo indietro anni luce rispetto al resto d’Europa in cui per incentivare l’uso dei mezzi pubblici questi vengono resi gratuiti.
Cos’hai notato negli altri paesi che hai attraversato?
Il viaggio è stato molto stimolante, le repubbliche baltiche sono stupende: ho visto foreste, laghi ghiacciati e altri paesaggi incredibili. Le capitali sono delle piccole bomboniere! Sono molto avanti a livello tecnologico e incantevoli dal punto di vista paesaggistico. Le ho attraversate in un periodo piovoso purtroppo, che mi ha permesso di vedere meno di quanto avrei voluto. Ci sono piste ciclabili dappertutto, ti senti completamente al sicuro.
Là la cultura della bici è notevole, ce l’hanno tutti. La differenza più grande che ho notato è che gli automobilisti ti sorpassano a distanza di sicurezza dappertutto. In Italia una legge del genere esiste, ma vale solo nelle strade più grandi. Insomma, all’estero la sicurezza ti invoglia proprio a utilizzare la bicicletta, nonostante il freddo. Una volta che si prova ci si rende conto che è molto più comodo e si risparmia.
Come mai hai chiamato questa impresa Cycling No Borders?
Perché penso che non ci debbano più essere confini. I confini sono qualcosa di negativo. Le persone devono potersi spostare liberamente. Mi sono divertita ad attraversarne il più possibile, ma non dovrebbero esistere confini nel mondo!
Vuoi aggiungere qualcosa in conclusione?
Una cosa che mi ha colpito molto è l’indipendenza dei bambini che ho visto in questi paesi. Vanno a scuola in bicicletta da soli e questo fa riflettere: vuol dire che quello è un paese sicuro. Se non si danno gli strumenti ai cittadini, come potrebbero utilizzarli? Siamo comunque troppo legati alle auto. Andare in bici ti fa stare bene, produci endorfine e ti semplifichi la vita. Sappiamo che non salveremo il mondo. Tuttavia è ovvio che non vuoi essere ucciso e quindi ci vuole tutto quello che dicevamo poco fa. Inoltre le bici elettriche estendono la possibilità anche a chi non vuole fare fatica. Usarla nella quotidianità è una forma di rispetto della comunità in cui si vive.
Un’altra questione che mi sta a cuore è scardinare l’idea che la bici sia una questione politica. La bici è considerata di sinistra mentre l’auto è di destra. Questa cosa è tremenda: sono due mezzi di trasporto diversi e questa opposizione non va polarizzata né strumentalizzata a fini politici.
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