Dal crowdfunding alla blockchain, il futuro della conservazione artistica è già qua
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Mantova, Lombardia - Tante persone promuovono con orgoglio la vastità e il valore del patrimonio storico-artistico italiano raccontando i periodi d’oro in cui quelle opere sono state create. Un altro merito dei nostri antenati decisamente sottostimato è anche quello di aver saputo riconoscere e conservare nelle norme e nella pratica oggetti e opere che l’arte e la storia ci ha lasciato in eredità. Anche così si spiega perché quella vastità e quel valore che il mondo ci riconosce è ancora esistente. La tutela, centrale nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, è una disciplina che richiede una costante relazione con i tempi per integrarsi appieno con le esigenze di valorizzazione.
È evidente quindi che la giusta enfasi sul concetto di prevenzione preventiva e programmata porta a esplorare metodologie e tecnologie innovazione che permettono di gestire al meglio questo processo. Un esempio in tal senso è il Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova che ha intrapreso un progetto innovativo in collaborazione con AerariumChain, start-up specializzata in tecnologie integrate per la conservazione e valorizzazione dei beni. Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare i protagonisti di questa trasformazione: Maurizio Rea co-founder di AerariumChain e Bruno Cavallaro, segretario generale del Museo Diocesano Francesco Gonzaga.
Il progetto ha l’obiettivo principale di monitorare lo stato di conservazione di oggetti d’arte e lo fa attraverso le nuove macchine digitali. Il tutto parte con una scansione 3D iniziale dell’opera attraverso la quale si crea un’immagine digitale. L’immagine digitale ha la possibilità di rilevare elementi di dettaglio microscopici non percepibili dall’occhio umano. Se ripetiamo la stessa scansione 3D dell’opera a distanza di tempo otteniamo due immagini confrontabili.
Anche qui ci viene in soccorso la potenza e precisione dell’azione algoritmica della macchina che sovrapponendo le due immagini e in grado di rilevare eventuali micro variazioni che sfuggirebbero ai nostri sensi. La macchina quindi attraverso scansioni ripetute nel tempo fa un’azione di monitoraggio accurato che permette di rilevare in maniera preventiva micro-variazioni sullo stato dell’oggetto e permettendo di programmare azioni conservative che anticipano e risolvono potenziali degradi evitando interventi di restauro assai più invasivi e onerosi.
Ma questo è solo la prima parte. «Ogni passo del processo, quindi ogni scansione 3D dell’opera programmata e avvenuta a intervalli definiti di tempo oppure prima e dopo un’esposizione o un prestito, è registrato con blockchain, cioè notarizzato. La blockchain è infatti una tecnologia che permette di garantire l’autenticità e la sicurezza delle informazioni registrate creando un registro immutabile che può essere consultato in qualsiasi momento», spiega Maurizio Rea.
La blockchain permette di certificare in trasparenza il rigore del processo di monitoraggio e gli intervalli di tempo in cui emergono variazioni nello stato dell’opera. «Questo – spiega Bruno Cavallaro – consente al museo di monitorare le opere nel tempo, rilevando i cambiamenti e i fenomeni di degrado. Inoltre, fornisce un importante strumento assicurativo, aumentando la sicurezza durante i prestiti e fornendo un condition report dettagliato basato su scansioni 3D».
«Il risparmio potenziale offerto da questa metodologia è molto alto, credo che si possa abbattere sino all’80% dei normali costi di conservazione», afferma Maurizio Rea. Ma oltre al risparmio, che non è affatto marginale, la gestione più trasparente e sicura degli oggetti di valore storico artistico rappresenta un importante passo in avanti soprattutto per un Paese come l’Italia con un vastissimo campionario di oggetti d’arte da conservare.
Il processo Blockchain apre poi alla possibilità di creare NFT con le immagini digitali degli oggetti d’arte. «Ogni immagine digitale – continua Cavallaro – è una copia fedele di un’opera esistente nel museo. Il museo può così aprirsi a un nuovo pubblico di collezionisti digitali. Acquistando NFT i collezionisti possono sostenere i musei. Questi NFT sono progettati per essere accessibili a tutti. Con un prezzo che varia da 10 centesimi a 10 euro, chiunque può diventare parte di questa rivoluzione nel finanziamento dei musei. Infatti tutti i fondi raccolti dalla vendita degli NFT vanno al museo, che li utilizza per il restauro e la manutenzione delle collezioni, contribuendo a preservare il patrimonio culturale per le future generazioni».
«Gli NFT di oggetti d’arte dei musei sono attualmente fuori dalle mode di mercato e ancora lontani dal merchandising richiesto dai visitatori tradizionali del museo. “L’interesse online però è significativo e crescente», spiega Cavallaro. «La sfida rimane coinvolgere un pubblico più giovane e trasformare gli NFT in una forma di coinvolgimento culturale per una comunità più ampia. Il museo inoltre intende offrire vantaggi significativi ai possessori di NFT, riconoscendo il diritto di essere sponsor del restauro per chi acquista una parte significativa di immagini delle opere».
La tecnologia Blockchain infatti è in grado di garantire il donatore che i soldi dati sono utilizzati unicamente per la conservazione dell’opera. Si tratta di un altro elemento d’innovazione rilevante perché, sebbene il grosso delle donazioni arrivi tradizionalmente da big donors e sponsor, la trasparenza nel processo di utilizzo del denaro diventa per il grande pubblico un valore sostanziale per la credibilità dell’operazione e per attivare vere forme di inclusione all’interno di una missione condivisa.
Restauro e crowdfunding sono pratiche consolidate nei secoli di tanta parte delle comunità italiane. I tempi però ci hanno abituato che fiducia e valori si possono perdere anche molto velocemente. La blockchain potrebbe contribuire a riprendere quell’antico circolo virtuoso unendo competenze e passione di conservatori museali, collezionisti e amanti dell’arte, qui e in tutto il mondo.
Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti frutto della collaborazione fra Hangar Piemonte e Italia Che Cambia che ha lo scopo di raccontare la trasformazione culturale che stanno mettendo in atto persone, organizzazioni e intere comunità intorno a noi.
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