Ad Agrigento il Centro Pier Paolo Pasolini tra cultura, innovazione e inclusività
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Agrigento - Nel 1981 ad Agrigento, grazie al dialogo tra ideologie spesso divergenti ma accomunate dal valore della solidarietà e allo scrittore Leonardo Sciascia, è nato uno spazio innovativo, di sapere e inclusione che ha ospitato importanti protagonisti del mondo della cultura a livello mondiale. Il Centro Culturale Pier Paolo Pasolini – questo è il suo nome – è il risultato di un piccolo “compromesso storico” tra il mondo dei cattolici progressisti e il mondo laico dei comunisti.
Presieduto da Franco La Rocca – appassionato bibliotecario della città – fino al 1993, da allora il testimone è passato a Gabriele Masone, che porta con sé il ricordo degli anni d’oro del Centro Pier Paolo Pasolini e la voglia di riattivarlo alla luce delle evoluzioni politiche e culturali di tutti questi anni. È in questi ultimi tempi infatti che il Centro ha ripreso vigore dopo lo stop obbligato dalla pandemia che ha fatto disperdere i volontari e animatori dello spazio. Anni difficili che si spera di rimediare con la speranza di dare vita a un futuro capace di raccogliere dal passato gli insegnamenti necessari per ricreare uno luogo di condivisione, cultura e valori.
AD AGRIGENTO IL CENTRO PIER PAOLO PASOLINI PROMUOVE CULTURA E INNOVAZIONE
«In una città come Agrigento, piuttosto conservatrice e moderata, era difficile immaginare una realtà culturale con persone impegnate nel mondo della cultura, del teatro e della politica. Leonardo Sciascia ci aiutò molto. Anche la scelta di intitolarlo a Pasolini fu una sua idea. Le iniziative proposte dal Centro sono sempre state politiche e culturali e hanno sempre riguardato i grandi temi attuali dell’epoca», racconta Maurizio Masone.
«Tra le prime iniziative, ad esempio, il contributo al dibattito sul Parco Archeologico – c’era chi voleva trasformare la Valle dei Templi in un grande complesso edilizio residenziale – e sul Centro Storico della città grazie alla presenza di Giulio Carlo Argan. Grazie a Sciascia arrivò ad Agrigento la prima grande mostra fotografica, “L’uomo e la macchina” di Henri Cartier-Bresson. Parliamo degli anni ‘80. Il filone fotografico proseguì con Alberto Korda, Giorgio Lorri, Tazio Secchiaroli, Ferdinando Scianna, Letizia Battaglia, per citarne alcuni. Agrigento diventò un punto di riferimento soprattutto al di fuori dei confini regionali. I nostri più grandi sostenitori ancora oggi infatti sono tra Milano e Parigi».
Non solo fotografia, ma anche pittura, letteratura, lotta alla mafia, eventi, premi e riconoscimenti. Il Centro Pier Paolo Pasolini ha avuto la capacità di costruire – nel tempo e in varie occasioni – un forte rapporto con il territorio e con la società agrigentina oltre a ottime relazioni con esperienze e istituzioni al di fuori della Sicilia. Questa attività ha consentito al Centro di costruire una rete di conoscenze e professionalità che ne hanno arricchito il percorso culturale.
Dal 2011 in poi il vento ha cominciato a cambiare. A contribuire, secondo Maurizio, è stato senz’altro un’acuirsi di una crisi di valori e ideali già in atto, ma anche e soprattutto le scelte politiche più indirizzate a sostenere i grandi eventi e non i centri culturali dei territori. La pandemia ha segnato un ulteriore collasso. Maurizio e tutti gli altri volontari stanno cercando di rimettere in moto questa macchina, coscienti dell’utilità di uno spazio laico e progressista, necessario per alimentare e mantenere vivo un dibattito e un confronto.
La mole di iniziative fin qui sviluppata dimostra la volontà del Centro Pier Paolo Pasolini di dare un costante contributo sia politico sia culturale al territorio di Agrigento, trasformando così profondamente i modi di fare cultura, il tutto per cambiare una società arretrata, lontana dai circuiti decisionali. Ieri come oggi.
«Restiamo sempre “quelli di sinistra”, la città è cambiata, siamo stati anche coinvolti da diverse amministrazioni, ma prevale sempre l’ala moderata che predilige le tradizioni. Potremmo avere un piede al centro del Mediterraneo e l’altro verso l’Europa, ma ci fermiamo nel guado della sicilianità. Ci sarebbero tutte le condizioni per non vivere alcun confine, ma siamo isola e periferia per qualcuno, mentre per altri non abbiamo la forza per essere protagonisti. Noi siamo stati degli innovatori e oggi Agrigento risente della passione, della bellezza e dell’impegno che abbiamo seminato. Ecco perché puntiamo a una ripresa con alcune innovazioni», continua Maurizio.
AGRIGENTO PIÙ INCLUSIVA E MODERNA CON LA RIAPERTURA DEL CENTRO PIER PAOLO PASOLINI
Tra le novità, ad esempio, c’è l’idea di lavorare a una rivista culturale, necessaria a riprendere il dibattito politico e culturale, e una galleria digitale per la parte espositiva, fotografica, di pittura e disegno. A ispirarli è Lucy. Sulla Cultura ideata dallo scrittore Nicola Lagioia, una rivista multimediale che si occupa di cultura, arti e attualità. «Difficile immaginare che qualcuno oggi si cimenti in una pubblicazione o un luogo dove approfondire, aprire una dibattito tra opinioni diverse. È un modo per riprendere a parlare, confrontarci, usare la rete e le sue opportunità con criterio, studio e approfondimento sia per le arti visive che per la scrittura», continua Maurizio.
Tra le ambizioni del “nuovo” Centro anche quella di diventare una casa della cultura aperta a tutte le organizzazioni e a chi vuole impegnarsi in attività di confronto e inclusione, con rispetto e apertura verso le varie libertà di espressione. Un marchio distintivo che ha sempre contraddistinto il Centro Pier Paolo Pasolini fin dalle sue origini. Giusi Carrera, ad esempio, dirigente del partito comunista, è stata una delle fondatrici e animatrici principali del Centro oltre a essere stata leader del movimento femminista agrigentino degli anni ‘70. Nel 1986 Sciascia invitò ad Agrigento il fotografo Dino Pedriali, che immortalò Pasolini nudo qualche settimana prima di morire.
«È facile immaginare le critiche. Ci bastava avere il nome Pier Paolo Pasolini per essere inquadrati in un certo modo. Il 1° marzo, in occasione della riapertura, inaugureremo una mostra in ricordo di questo evento. Oggi la società è cambiata, anche quelli più riluttanti e conservatori hanno fatto passi avanti. l’atteggiamento è molto diverso».
«La nostra generazione, che ha tante responsabilità, ha il merito di aver transitato da una società più chiusa ad una più aperta. Fin dove sia arrivata questa apertura non saprei dire, ma è già qualcosa. Non è un caso che i nostri ragazzi che vivono fuori e tornano nel territorio, portano con sé idee nuove, innovative, aperte e inclusive che vengono accolte e accettate», conclude Maurizio Masone.
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