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Enna - A 5 anni ha deciso che avrebbe fatto la contadina e ora, che di anni ne ha 54 anni, Silvia Turco continua, ogni giorno, a tenere duro per la sua terra e per il sogno che persegue da sempre insieme con la sua famiglia. Agricoltrice di Enna, tra quelle terre dove è nato il mito di Cerere, con il marchio Sorelle Turco – condiviso con le tre sorelle Anna, Tiziana e Gea –, Silvia porta avanti da anni l’amore per la sua terra e le sue coltivazioni con un grande spirito di sacrificio e abnegazione.
«Sono la terza di quattro sorelle e siamo tutte cresciute in campagna tra i campi di grano e gli allevamenti della nostra famiglia. Mio padre, in realtà, ha lavorato per tutta la vita in banca e mia mamma è stata una maestra, ma entrambi amavano la terra, ce l’avevano nel DNA e ci hanno trasmesso la loro passione», racconta Silvia Turco che alla terra ha deciso di votare l’intera esistenza e che con le sue sorelle è ormai una vera e propria “biocustode” che si dedica alla salvaguardia della coesistenza di varie specie nel suo territorio.
Una storia di terra e sacrificio, di passione e tenacia in nome della tutela della biodiversità, la salvaguardia della memoria e dei saperi contadini di un tempo. Una storia che affonda le radici nei ricordi di bambina e nelle lunghe estati afose siciliane quando con le sue sorelle trascorreva settimane intere nella masseria dei nonni materni. «Al mattino presto, la mezzadra ci svegliava e infornavamo il pane fatto con le nostre farine e le nostre mani. Era meraviglioso vedere il u summunnu [il casaro] modellare la provola fresca fatta con il latte delle nostre mucche, ed era bellissimo collaborare alla gestione dei terreni e alla cura di animali e piante», spiega.
SILVIA TURCO E IL SOGNO DI DIVENTARE UNA CONTADINA
Racconti nostalgici che disvelano la naturale propensione di Silvia e delle sorelle Turco a non recidere mai quel legame strettissimo con la terra. Un legame che, nel caso di Silvia Turco, si è proprio tramutato nella volontà di fare la contadina. «Quando a 13 anni comunicai a mio padre che per coronare il mio sogno volevo frequentare l’istituto Tecnico Agrario, visto che a Enna quella scuola non c’era, lui mosse mari e monti per farmi entrare in un convitto universitario a Catania e permettermi di studiare lì per le superiori», racconta.
«Io proprio non riuscivo a immaginare di fare altro nella vita e nel 1989, una volta diplomata, mi iscrissi subito alla Camera di Commercio come imprenditrice agricola prendendo già a mio nome alcuni dei terreni che mio padre, nonostante il lavoro in banca, comprava alla prima occasione». Da allora, di tempo ne è passato e oggi, anche dopo la morte del padre, le quattro sorelle, insieme con mamma Delizia che è rimasta il loro faro, gestiscono i vari terreni e l’azienda multisfaccettata di famiglia. «La nostra azienda, infatti, oggi è zootecnica, foraggera cerealicola, ulivicola, mandorlicola, legumicola e da qualche anno produciamo anche zafferano».
Le Sorelle Turco – biocustodi portano avanti questo marchio scontrandosi ogni giorno con le difficoltà di continuare a produrre nel segno della sostenibilità in una terra difficile, affrontando le continue sfide del mercato e affrontando i continui cambiamenti delle normative. «Siamo di fronte a una politica davvero miope – sottolinea Silvia Turco –. Io, nel mio piccolo, porto avanti una resistenza non violenta mettendocela tutta per sopravvivere in nome del mio sogno di bambina, ma ogni giorno diventa davvero più complicato». Eppure Silvia giura di non essersi mai pentita, neanche per un attimo, di aver scelto la terra. «Non potrei fare altro. L’unica altra cosa che ho fatto, negli ultimi anni, è insegnare nei corsi di formazione: ma anche lì, insegno ciò che so fare, ovvero coltivare».
SILVIA TURCO E LE SORELLE, BIOCUSTODI DI BIODIVERSITÀ E MEMORIA
Così, nonostante le difficoltà Silvia insieme con le altre donne della famiglia continua a condurre i 250 ettari di terra sulle colline di Enna mantenendo un approccio sostenibile e rispettoso del territorio che le ha anche rese un punto di riferimento quando si parla di coltivazione dei grani antichi siciliani – ovvero quelle varietà di grano che venivano coltivate prima che la produzione industriale imponesse la scelta di varietà più produttive – le cui proprietà sono ormai ampiamente riconosciute.
In questi territori che ricadono nel Rocca di Cerere UNESCO Global Geopark, coltivare grani antichi acquista un significato ancestrale ancora più importante. Dalla Tumminia al Russello, dal Perciasacchi al Trentino, ci sono tutte le varietà antiche custodite all’interno della Stazione sperimentale di granicoltura di Caltagirone che sopravvivono grazie ai custodi come le sorelle Turco e come Giuseppe Li Rosi e l’associazione Simenza (di cui Silvia è tra i soci fondatori). «Noi ce la mettiamo tutta. E ogni nostra scelta è dettata dall’amore per la terra, per l’ambiente e per la memoria». E proprio in nome della memoria, il sogno di Silvia – la cui azienda è anche nel consorzio Kore Siciliae – è quello di riuscire a replicare il modello di azienda a ciclo chiuso che esisteva al tempo dei nonni.
«Amo l’idea di creare un’azienda totalmente autosufficiente – dice –. Guardo al passato e a quel modello di azienda agricola in cui mio nonno comprava solo il gasolio per i macchinari e pagava la manodopera, ma per il resto produceva davvero tutto. In quelle aziende anche se l’annata per il grano era scarsa ci si rifaceva con l’olio o con le mandorle. Oggi invece per sottostare a certe normative, se non ci fossero i sussidi per l’agricoltura, durante le annate scarse per una produzione, falliremmo del tutto». E in nome di quel sogno, e con il desiderio già in fondo realizzato di trasferire la sua passione al suo unico figlio, Silvia Turco continua a muoversi tra i campi delle terre del mito di Cerere.
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