30 Gen 2024

Psicoludìa: il gioco come strumento di crescita e medium relazionale

Scritto da: Benedetta Torsello

Annalisa Corbo e Simona Adelaide Martini, entrambe psicologhe e psicoterapeute, hanno fondato Psicoludìa, la prima società di formazione italiana che organizza corsi rivolti a coloro che svolgono professioni di aiuto e a chi ha la necessità o la volontà di mettere la relazione al centro della propria professione attraverso il gioco.

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Milano, Lombardia - Strumento terapeutico e di sviluppo personale, il gioco ha numerose potenzialità in ambito psicoterapeutico. E non solo in età evolutiva, ma anche da adulti, per gestire i conflitti e facilitare la comunicazione emozionale. Partendo da questi presupposti, Annalisa Corbo e Simona Adelaide Martini hanno fondato Psicoludìa, una società di formazione che parte dal gioco come «strumento di evoluzione e crescita», precisa Annalisa.

Psicologa sociale e dello sviluppo, diplomata in psicoterapia presso lo Studio di Psicodramma di Milano, Annalisa è da sempre appassionata di gioco, in particolare di gioco di ruolo dal vivo. «Lo psicodramma – spiega – è un metodo che ha introdotto il gioco di ruolo nella psichiatria». Simona, anche lei psicologa e psicoterapeuta, si occupa da tempo di formazione clinica attraverso l’utilizzo di strumenti immaginativi, simbolici e proiettivi.

Psicoludia 2

Il progetto Psicoludìa nasce in piena pandemia: «Con Simona collaboravamo da tempo – spiega Annalisa – ma durante il lockdown, molti enti ci hanno chiesti di intervenire nelle dinamiche aziendale tenendo dei corsi mirati a migliorare le relazioni interne». Entrambe appassionate di giochi, iniziano così a strutturare dei corsi per psicologi e altri professionisti del settore.

«Abbiamo lanciato il primo corso partendo dalle carte Dixit. Siamo molto appassionate di tecniche educative non convenzionali e informali e quindi abbiamo lavorato con un approccio circolare e di condivisione mirato a creare una comunità. E ci siamo riuscite», commenta Annalisa, considerati i quasi duecento partecipanti al primo corso.

Psicoludìa è un po’ un atto d’amore nei confronti dei nostri colleghi e di tutti coloro che si occupano degli altri

I corsi proposti da Psicoludìa sono dedicati a coloro che svolgono professioni di aiuto e a chi ha la necessità o la volontà di mettere la relazione al centro della propria professione attraverso il gioco. «Psicoludìa è un po’ un atto d’amore nei confronti dei nostri colleghi e di tutti coloro che si occupano degli altri», commenta Annalisa. «Sono ancora molto poche le attività di questo tipo rivolte ai professionisti della cura».

Quindi i corsi sono pensati per psicologi, neuropsicologi, chi si occupa di didattica, formazione, coaching, medicina, infermieristica, professioni sociali, ma anche per chi ha la necessità di facilitare gruppi di lavoro, supervisionare, guidare e costituire team. Ad oggi sono stati formati circa sei mila professionisti, partendo dal gioco e dal suo ruolo nel processo di sviluppo e apprendimento umano, nonché nella promozione del benessere e della salute mentale.

psicoludia 3

Il progetto di Psicoludìa si ispira alla psicologia ludica, ovvero la branca della psicologia che studia il gioco e il suo ruolo nel processo di sviluppo e apprendimento umano, nonché nella promozione del benessere e della salute mentale. «Gli psicologi ludici utilizzano spesso il gioco come strumento terapeutico per trattare disturbi psicologici come l’ansia, la depressione, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), e le ricadute emotive che possono avere le persone neurodivergenti», precisa Annalisa.

In generale, l’utilizzo del gioco in ambito psicoterapeutico, permette di migliorare le abilità cognitive e sociali nei bambini, nei giovani e negli adulti, per favorire la creatività e la resilienza. Mosse da questo comune interesse di ricerca per il gioco in ambito terapeutico, Annalisa e Simona hanno ideato loro stesse un gioco, ideale per chi si occupa delle cosiddette helping professions e non.

psicoludia

«Si chiama “Immagina che…” e si compone di sedici carte illustrate che rappresentano oggetti che fungono da stimolo immaginativo. Grazie a questo stimolo le giocatrici e i giocatori hanno l’opportunità di narrare una storia autobiografica che attinge a ricordi, speranze, desideri, esperienze, vissuti ed emozioni, suscitando nel gruppo che gioca sentimenti di vicinanza che alla fine verranno “misurati” e creeranno una divertente dinamica finale», spiega Annalisa.

In ambito professionale o in una serata tra amici, il gioco permette di raggiungere scopi diversi. «Favorisce l’interazione e la comunicazione, permette di sviluppare la consapevolezza di sé e degli altri e creare un clima di fiducia e di ascolto», conclude Annalisa. «E se invece si gioca in ambienti informali, tra amici, permette di condividere esperienze personali, conoscersi meglio e creare legami più saldi e profondi».

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