11 Gen 2024

Making a Difference: una rete berlinese per sostenere la leadership di artiste e artisti con disabilità

In questo nuovo contributo realizzato in collaborazione Hangar Piemonte, Stefania Di Paolo ci parla di un progetto di inclusione e ridefinizione della cultura e della pratica che riguarda artiste e artisti disabili, sordi e con malattie croniche. Si chiama Making a Difference e viene da Berlino. Ecco cosa ci hanno raccontato le due curatrici Noa Winter e Anna Rieger.

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Nel mondo della danza, diversi ostacoli strutturali scoraggiano la diversità e l’equità. Dal 2018 a Berlino un progetto innovativo si propone di smantellare queste barriere e sostenere la leadership e la visibilità delle artiste e artisti disabili, sordi e con malattie croniche. Making a Difference è una rete composta da otto istituzioni che operano nel campo della danza e offrono supporto allo sviluppo artistico attraverso workshop, laboratori di ricerca, residenze e opportunità di messa in scena.

Ognuna di queste organizzazioni ha un focus specifico nella danza: la divulgazione del linguaggio della danza nelle scuola, la formazione, le politiche culturali e lo sviluppo della diversità nel settore culturale. Il progetto è curato e guidato congiuntamente da Noa Winter, che si identifica come curatore e attivista queer disabile con malattia cronica, e Anne Rieger, una donna non disabile con molti anni di esperienza nel lavoro con artiste e artisti sordi e con disabilità a livello internazionale. Anne sottolinea la scarsità di opportunità valide per le persone disabili, sorde e con malattie croniche che desiderano intraprendere una carriera nelle arti performative in Germania.

01 Rita Mazza Dandelion II c Mayra Wallraff
La foto mostra Rita che danza con la schiena rivolta verso l’osservatore in mezzo a del fumo bianco. Il busto è piegato lateralmente, con un braccio alzato, esteso verso la parte posteriore della testa. Rita indossa pantaloni da ginnastica scuri e una felpa nera. Rita Mazza Dandelion II © Mayra Wallraff

«Prima dell’avvio del progetto – spiega Anne – a Berlino c’erano pochissime opportunità per artiste e artisti sordi e disabili che volevano accedere alla formazione e all’educazione nella danza. Non c’erano vie per la loro professionalizzazione come performer e creatori di danza. A causa di questa enorme lacuna, il progetto si è proposto di sostenere la leadership di questi artisti nel creare il proprio lavoro. In Germania, artiste e artisti sordi e disabili difficilmente ottengono posizioni di leadership artistica, ma lavorano in progetti che sono avviati e guidati da persone non disabili e udenti. Di conseguenza, hanno raramente la possibilità di sviluppare una ricerca artistica personale e curare tutti gli aspetti del proprio lavoro artistico”.

Ciò che Anne racconta è il complesso paesaggio di barriere che rendono il settore artistico uno spazio esclusivo, non solo in Germania, ma in tutta Europa, compresa l’Italia. Queste barriere si manifestano sia in forme tangibili che intangibili. Gli spazi di danza e i teatri spesso non sono (completamente) accessibili. L’accessibilità della comunicazione, ad esempio in relazione alla conoscenza delle lingue dei segni, è trascurata.

02 Rita Mazza Dandelion II c Mayra Wallraff
Nella foto, Rita sta in piedi con le gambe divaricate in una posizione accovacciata, con una mano appoggiata a terra di fronte. Gli occhi di Rita sono chiusi, la bocca leggermente aperta. Ciocche di capelli scuri di lunghezza media si attaccano alla fronte sudata. Indossa un top attillato grigio e pantaloni da ginnastica neri. Rita Mazza Dandelion II © Mayra Wallraff

Barriere invisibili persistono a causa delle attitudini dominanti che dipingono la disabilità come tragedia e perpetuano stereotipi che svalutano le persone con disabilità come individui non produttivi e senza talento. Questi pregiudizi si riflettono nella predominanza di iniziative terapeutiche o orientate all’inclusione sociale che, sfortunatamente, non forniscono un percorso d’accesso alla professionalità artistica.

Non solo le opportunità per un’educazione inclusiva nella danza sono limitate e sporadiche, ma mancano percorsi accessibili di tutoraggio e accompagnamento alla professione d’artista nel suo senso più ampio, risorsa cruciale comunemente offerta dalle istituzioni artistiche a sostegno  di artiste e artisti emergenti per formarli su vari aspetti legati al proprio lavoro. Questi aspetti includono, ad esempio, l’accesso a risorse messe a disposizione da enti di sostegno, il supporto alla produzione e circuitazione degli spettacoli, e alla comprensione delle complessità legate alle domande di finanziamento.

03 Fia Neises WITH OR WITHOUT YOU c Mayra Wallraff
La fotografia cattura un momento della performance “WITH OR WITHOUT YOU”. Le ballerine disabili Irene Giró e Fia Neises giocano spesso con una seta, un panno lungo bianco, appeso al soffitto nel suo punto medio, in modo che le due estremità raggiungano pesantemente il pavimento. Fia e Irene sono persone bianche e queer. Vengono percepite come donne e non disabili. Fia è non vedente e ha chiesto a Irene cosa stavano vivendo nella foto. Poi si sono ricordate: Irene: “Stiamo sdraiati a terra. All’inizio. Stiamo ruotando da un lato all’altro. Sei a sinistra, accanto a me. La mia gamba sinistra è a terra, quella destra è sollevata e si avvolge attorno a te. L’arancione dei pantaloni è abbastanza evidente. Il mio braccio destro si sta muovendo dolcemente per un abbraccio. È piuttosto fermo. Direi che è un momento in cui non stiamo facendo molto sforzo. I nostri volti sono rivolti l’uno verso l’altro, le nostre fronti si toccano. Ma nella foto, è principalmente capelli e l’intuizione di un volto”. Fia: “Ricordo il momento. È stato strano sentire il clic della fotocamera così forte e vicino. Il fotografo era per terra con noi, in prima fila”. Fia Neises With or Without you © Mayra Wallraff

Il progetto non si è limitato a identificare le barriere strutturali che producono disuguaglianze nella scena artistica di Berlino, ma le ha affrontate attivamente. Per sostenere questo processo trasformativo, si è avvalso di un board di ricerca guidato da esperte ed esperti sordi e con disabilità, che ha supportato la rete nel prendere decisioni strategiche in linea con l’etica e gli obiettivi generali del progetto. In un contesto in cui le persone disabili, sorde e con malattie croniche si trovano spesso ai margini della vita culturale, la creazione di spazi protetti ha rappresentato un primo passo importante.

Questi spazi hanno permesso alle comunità artistiche disabili e sorde di riunirsi ed esplorare cosa significhi la danza per loro, senza interferenze da parte di persone non disabili e udenti. Basandosi su questo principio fondante, il progetto ha successivamente coinvolto artiste e artisti internazionali che hanno condiviso competenze e conoscenze, acquisite attraverso la propria esperienza vissuta di disabilità, con insegnanti e professionisti della danza non disabili, con l’obiettivo di ampliare e migliorare le opportunità di formazione accessibili.

Il sistema delle arti performative in Europa sta tentando di costruire luoghi dell’arte più equi e diversificati

Il progetto ha poi previsto la realizzazione di residenze dedicate ad artiste e artisti disabili, sordi e con malattie croniche, finalizzate alla creazione di spettacoli che avessero il potenziale di ridefinire il panorama della scena della danza tedesca. Una storia di successo è stata la residenza offerta all’artista sorda italiana Rita Mazza, da cui è nato uno spettacolo che ha ottenuto il riconoscimento dell’intero circuito artistico tedesco. Queste residenze non solo hanno aperto porte agli artisti, ma hanno dato priorità a creazioni artistiche accessibili al pubblico sordo e con disabilità, come occasioni di ricerca e innovazione dei linguaggi performativi.

Il 2024 è l’anno di chiusura del progetto e Noa e Anne valutano il suo impatto a lungo termine. I luoghi che offrono formazione, tutoraggio e programmi artistici accessibili sono aumentati in numero e qualità. Dal 2018, una dozzina di artiste e artisti disabili, sordi e con malattie croniche con sede a Berlino sono riusciti a promuovere le proprie carriere artistiche. Il più grande successo di questa storia risiede infine nel riconoscimento, da parte degli enti che sostengono la formazione e la crescita artistica, che il cambiamento interno è una priorità per quelle organizzazioni che mirano a lavorare sull’accessibilità.

04 Camilla Polzer I NEED A HERO © Mayra Wallraff
La foto mostra le due performer di “I NEED A HERO” entrambe di nome Camilla. Camilla Pölzer si inclina diagonalmente in avanti con una postura eretta e braccia distese. Sembra fluttuare in aria. A livello del petto è sostenuta dalla testa di Camilla Przystawski, che le sta di fronte con il busto piegato in avanti. Camilla Przystawski tiene un braccio attorno al lato di Camilla Pölzer, come se la proteggesse. Camilla Pölzer I NEED A HERO © Mayra Wallraff

«Nel 2018, pensavamo che, perché questo progetto stava accadendo, i partner e le istituzioni coinvolte avrebbero imparato da esso e avviato un cambiamento interno», commenta Noa. «Tuttavia, non avevamo considerato che i partner potessero avere bisogno di formazione, il che vuol dire anche tempo e risorse finanziarie. Quando le organizzazioni si rendono conto che stanno inconsapevolmente discriminando le persone con disabilità, ne sono così scioccate che vogliono ribaltare tutto e subito. Ciò che ora sosteniamo è un cambiamento di mentalità: prima educa te stesso, poi passa all’azione e chiedi a esperti retribuiti, che siano effettivamente persone con disabilità, sorde e con malattie croniche, di sostenere la tua formazione».

Il sistema delle arti performative in Europa sta tentando di costruire luoghi dell’arte più equi e diversificati. Le istituzioni italiane stanno partecipando, abbracciando l’accessibilità come nuova priorità nelle loro agende culturali. In questa trasformazione sistemica, le organizzazioni stanno acquisendo la consapevolezza che il trasferimento di conoscenze guidato da esperti sordi e disabili è un elemento cruciale per sviluppare e coltivare una cultura che condanna l’abilismo, la discriminazione e svalutazione delle identità e delle vite disabili. Un processo che richiede tempo per la formazione interna, l’errore, la riflessione condivisa e il dialogo tra pari.

Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti frutto della collaborazione fra Hangar Piemonte e Italia Che Cambia che ha lo scopo di raccontare la trasformazione culturale che stanno mettendo in atto persone, organizzazioni e intere comunità intorno a noi.

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