15 Gen 2024

Flegrea, immaginare un futuro per Bagnoli oltre il “mostro” dell’Italsider

Flegrea - Un futuro per Bagnoli è un docufilm nato dal basso, dalla volontà di tre giovani, con l'obiettivo di raccontare il presente e il passato del quartiere di Bagnoli, immaginandone il futuro. Sono trent'anni che l'area dove un tempo sorgeva lo stabilimento siderurgico dell'Italsider è abbandonata a sé stessa e chiusa agli abitanti del territorio. Tante realtà si stanno attivando per fare in modo che le cose cambino, ma sono necessarie unione e partecipazione. Flegrea – raccontando una storia di vita quotidiana, quella di Federica e Ciro – prova a infondere speranza ai suoi spettatori, invitando tutti e tutte a farsi protagonisti del cambiamento.

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Campania - È ormai più di un anno che Flegrea – Un futuro per Bagnoli, il docufilm diretto da Stefano Romano, viene proiettato in giro per l’Italia, realizzando di fatto lo scopo per cui è stato concepito: far conoscere la storia di Bagnoli a chi ancora non ne era al corrente e gettare i semi di quello che può essere l’inizio dell’effettiva rigenerazione di quell’enorme area un tempo occupata dall’ex stabilimento siderurgico Italsider, chiusa e abbandonata da trent’anni.

LA PROIEZIONE DI “FLEGREA – UN FUTURO PER BAGNOLI” ALLO SCUGNIZZO LIBERATO

Una nuova proiezione del film si è tenuta lo scorso 5 gennaio allo Scugnizzo Liberato, seguita dall’intervento del regista Stefano Romano, di uno dei produttori Salvatore Cosentino e del responsabile dell’Osservatorio Popolare di Bagnoli, Dario Oropallo. «Partiamo dal passato per raccontare il presente, un presente che vogliamo cercare di cambiare, unendo le nostre conoscenze e mettendole al servizio di una rigenerazione che non è soltanto ambientale, ma che è soprattutto sociale».

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“Flegrea – Un futuro per Bagnoli”, è stato girato in una forma ibrida. Non è un documentario che si sviluppa tramite interviste, né c’è una voce narrante che spieghi cosa è accaduto. Viene invece mostrata una storia di vita quotidiana nel quartiere di Bagnoli, raccontata dal punto di vista di Federica e Ciro, due ragazzi di vent’anni, cresciuti a due passi da quel mare tanto bello e tanto inquinato, in un quartiere che amano e che forse saranno costretti ad abbandonare per realizzare i loro sogni.

«Non volevamo fare un film militante o quantomeno non volevamo assumere solo il punto di vista di compagni e compagne. La nostra speranza era che questa storia arrivasse anche a chi si approcciava alla questione di Bagnoli con qualche pregiudizio. Siamo riusciti soprattutto a trovare un punto di contatto con un pubblico giovane e abbiamo spinto tantissimo su una distribuzione scolastica perché crediamo che sia importante stimolare le nuove generazioni a impegnarsi per il cambiamento».

FEDERICA E CIRO, NELLA LORO STORIA CI RIVEDIAMO IN TANTI

Federica e Ciro non sono due attori. Federica e Ciro sono davvero i loro nomi e il film mette in scena reali esperienze di vita. La loro storia è quella di tantissimi ragazzi napoletani, meridionali, italiani, che crescono sapendo che qualcuno ha eretto un muro intorno al loro futuro. È la storia di chi decide di andar via perché sente di non avere alternative. È la storia di chi però non smette di credere fermamente nel futuro.

«Quello che vogliamo per l’aria dell’ex Italsider è banalmente la possibilità di immaginare quello che potrebbe diventare. Alzando un muro intorno a quest’aria abbandonata e non bonificata ci hanno privato della possibilità di guardare e di immaginare cosa potrebbe esserci al suo posto. Ma immaginare il futuro è il primo atto di rivoluzione. Questo film non vuole fornire risposte, ma fare in modo che si continui a parlare di Bagnoli, perché il cambiamento è possibile e noi possiamo contribuire a realizzarlo».

Non ha senso aspettare che sia qualcun altro ad occuparsene, perché sono passati trent’anni da quando l’Italsider ha chiuso e non è accaduto nulla

L’IMPORTANZA DI CREDERE NEL CAMBIAMENTO

Nel suo piccolo, “Flegrea – un futuro per Bagnoli”, ha già dimostrato che con impegno e volontà è possibile ottenere tantissimo. La produzione del docufilm parte totalmente dal basso. I produttori Raffaele Vaccaro, Salvatore Cosentino e Stefano Romano sono ragazzi giovanissimi che hanno avuto l’idea di raccontare le problematicità che da anni attanagliano il quartiere e si sono battuti per riuscire a realizzarla.

«Avere l’appoggio della collettività, dei centri sociali e dei centri di aggregazione culturale ha fatto tantissimo per la realizzazione e la diffusione del film, che è nato da un crowdfunding. Per realizzare “Flegrea – Un futuro per Bagnoli” non ci siamo riferiti a nessuna produzione cinematografica che sia internazionale, nazionale o anche banalmente locale. Questo è un segnale che si manda alla città perché, quando si sta insieme, si può ottenere molto. Noi siamo ragazzi di ventisette e trent’anni che hanno girato un film e che lo stanno mostrando in giro per l’Italia e questo per me è già un risultato incredibile».

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LA STORIA DI BAGNOLI È STORIA D’EUROPA

La storia di Federica e Ciro viene talvolta interrotta da filmati d’archivio che collegano la storia di Bagnoli a quella dell’Europa intera, mostrando come quello dell’Italsider non sia affatto un caso isolato. Per molti anni infatti sono sorti poli industriali su territori meravigliosi che purtroppo, proprio per questa ragione, sono stati completamente devastati dall’inquinamento.

«Quello che è avvenuto in Italia è accaduto anche in tantissime città d’Europa e noi negli anni, come militanti del territorio, ci siamo trovati spesso a confrontarci con realtà della Francia, del Regno Unito, della Spagna, della Serbia, di Belgrado. Purtroppo non esistono paesi in cui non esiste il capitale. Però riuscire a fare rete, a tenersi in contatto e creare un’unione di popoli spaventa la controparte in qualsiasi paese».

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D’altro canto, impegnarsi per cambiare le cose è un dovere di tutti e tutte. «Essere abitanti di Bagnoli significa anche aver visto molte persone intorno a noi ammalarsi a causa dell’inquinamento. Scegliere di non fare niente significa non provare a mettere un freno a tutto ciò ed essere responsabili di una strage. Non ha senso aspettare che sia qualcun altro ad occuparsene, perché sono passati trent’anni da quando l’Italsider ha chiuso e non è accaduto nulla».

L’obiettivo del film è proprio quello di mostrare a chi lo guarda cosa c’è al di là del muro che circonda la fabbrica abbandonata, come la natura si stia già riappropriando di quel luogo anche se inquinato, per trovare insieme il modo per far sì che tra dieci anni non sia più lo stesso. La speranza è che con questo film possiamo iniziare a immaginare tutti insieme cosa quel luogo potrebbe diventare».

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