22 Gen 2024

Il trattato contro le armi nucleari compie tre anni, ma l’Italia non lo vuole ratificare

Scritto da: Laura Tussi

Il terzo anniversario del TPAN, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, è una ricorrenza lieta da festeggiare, ma non in Italia. Il nostro paese infatti non l'ha mai ratificato e conferma il suo ruolo di subalterno rispetto alle potenze militari globali. Fa il punto della situazione la nostra Laura Tussi, In collaborazione con Sandro Ciani, esponente ICAN di ritorno dalla seconda conferenza degli stati parte del TPNW a New York.

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Oggi, 22 gennaio 2024, ricorre il terzo anniversario della entrata in vigore del TPAN, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari adottato nel 2017 in occasione una Conferenza ONU a New York anche grazie alla pressione dal basso di una rete internazionale comprendente oltre 500 organizzazioni pacifiste, insignita per questo contributo di un Premio Nobel per la pace.

LA STORIA DEL TRATTATO CONTRO LE ARMI NUCLEARI

Lo straordinario lavoro della società civile, che si riconosce sotto l’egida di ICAN come una coalizione globale di organizzazioni non governative, ha consentito non solo la nascita di tale trattato nel 2017, ma anche la sua entrata in vigore il 22 gennaio del 2021. Le ratifiche espresse dai vari paesi sono al momento pari a 69, anche se si attendono con fiducia ulteriori ratifiche. Questo processo di allargamento ci avvicina sempre di più verso l’universalizzazione giuridica del trattato prevista nell’articolo 12, con l’obiettivo di giungere a una effettiva eliminazione delle armi nucleari nel mondo.

armi nucleari

Da subito il Trattato, valido solo per chi lo ratifica, produce un effetto culturale e politico globale di “stigmatizzazione” della deterrenza nucleare minandone la legittimità. Basta ricordare come il tema della “sicurezza” legato alla deterrenza viene disinvoltamente utilizzato come giustificazione ideologica per minacciare il nemico, imporre la propria visione geopolitica e/o il proprio modello economico, dimenticandosi degli inaccettabili rischi alla quale viene sottoposta l’intera umanità. In tal senso essa si lega alla corsa agli armamenti iniziata nel secondo dopoguerra e ne costituisce l’impalcatura concettuale e la giustificazione ideologica.

RISCHIO NUCLEARE, LA PAROLE D’ORDINE È PREVENIRE

Le guerre attualmente in corso aumentano esponenzialmente i rischi legati a un eventuale conflitto nucleare scatenato per errore, per sabotaggio o peggio per volontà di una delle parti: vorremmo insistere sul fatto che si tratta di fermare non solo le guerre presenti, ma anche quelle future. Infatti, le guerre sono generalmente precedute da un periodo più o meno lungo dalla loro preparazione. Le circa 70 guerre attualmente in corso – incluse quelle in Ucraina e in Palestina – avrebbero potuto essere in tal modo evitate. La parola chiave è quindi “prevenire”.

Il Trattato produce un effetto culturale e politico globale di “stigmatizzazione” della deterrenza nucleare minandone la legittimità

A questo proposito ci preme ricordare una figura simbolo del possibile disastro nucleare mondiale scongiurato nel settembre del 1983 da Stanislav Petrov, un uomo che ha avuto il coraggio di non rispondere a un presunto attacco nucleare con cinque testate nucleari da parte degli USA verso i territori dell’URSS, rivelato da un errato allarme atomico da parte dei sistemi satellitari di allora, salvando così tutti noi dalla catastrofe conseguente.

L’IMMOBILISMO ITALIANO

Disarmisti esigenti e Mondo senza guerre e senza violenza, come associazioni membri di ICAN, sono impegnate da decenni, insieme ad altre associazioni italiane, nella campagna per la denuclearizzazione del nostro Paese e per la ratifica del TPAN stesso; nonostante nel 2017 centinaia di parlamentari italiani abbiano sottoscritto il Parliamentary Pledge della Campagna ICAN in favore del trattato, ad oggi si continua a registrare il rifiuto del Parlamento a iniziare un dibattito pubblico che porti alla sua firma e ratifica, coinvolgendo anche la società civile nonché il corpo elettorale, la cui maggioranza si esprime a favore del trattato.

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foto di Jo Straube

Sono ricordi lontani i dinieghi di alcune figure politiche italiane di rilievo degli anni 1970 che non permisero all’allora Segretario Kissinger di utilizzare le basi NATO in Italia per la guerra del Kippur. Oggi l’Italia non ha ancora assunto una posizione autonoma.
In concomitanza con questo terzo anniversario sta salendo il livello d’allarme per la militarizzazione del territorio italiano, caratterizzata anche dalla presenza di bombe nucleari in varie località del nostro paese, senza che gli eventuali piani di evacuazione, legati da eventuali incidenti nucleari, siano stati implementati e/o resi pubblici.

ICAN ha previsto lo strumento dell’appello alle città. Tale appello può essere raccolto da tutti gli enti nazionali e locali, inclusi i governi delle regioni: la nascita del TPAN e la sua entrata in vigore dimostrano come la società civile può ottenere risultati straordinari. L’Italia, insieme all’Europa, deve tornare protagonista dei processi di pace nel Mediterraneo abbracciando la “neutralità” come assetto geopolitico tra le parti in conflitto e assumendo un ruolo di primo piano coerente con la sua naturale e storica vocazione alla pace e al rispetto dei diritti umani.

In tal senso esistono nel mondo esempi virtuosi, come il Sud Africa, al quale l’Italia potrebbe ispirarsi: infatti, una volta superato l’oblio dell’Apartheid, grazie a Nelson Mandela, il paese africano ha avuto il coraggio di uscire dal suo programma legato alle armi nucleari e oggi si batte strenuamente per l´implementazione del TPAN sia nel continente africano che nel resto del pianeta terra.

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