La storia di Lorenzo: “Con l’upcycling trasformo i jeans di seconda mano in un capo nuovo”
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Torino - Fast fashion è traducibile come “moda veloce”, un concetto ormai sempre più conosciuto che ci racconta l’influenza delle attuali tendenze nel campo della moda e che include tutti quei capi che sono realizzati attraverso una strategia di produzione a basso costo e con una qualità scadente. Capi esportati dai paesi dove la manodopera è sinonimo di bassi salari e dove vengono sfruttate migliaia di persone.
Il processo della fast fashion è assimilabile allo spreco di indumenti, che fa dell’industria della moda una delle principali cause di inquinamento ambientale a livello globale. Basti pensare alle immense discariche che testimoniano l’impatto devastante dello spreco come nel caso del deserto di Atacama, in Cile, dove tonnellate di abiti nuovi e di seconda mano lasciati a marcire al sole evidenziano come la situazione sia fuori controllo.
Il concetto di fast fashion nasce agli inizi degli anni ‘80, ma trova la sua massima espressione negli anni 2000, con un aumento vertiginoso fino ai giorni nostri. Combattere la fast fashion significa salvare non solo il nostro ecosistema, ma anche i diritti di migliaia di persone. Significa anche mettere in luce tutti coloro che con la propria creatività si stanno mettendo in gioco per proporre soluzioni che guardino alla sostenibilità.
TRASFORMARE I JEANS ATTRAVERSO L’UPCYCLING
Proprio come Lorenzo Arena, studente all’Istituto Pininfarina di Moncalieri (TO): con la voglia, la passione e le sue doti artistiche si sta specializzando nell’upcycling, il riciclo creativo a partire da abiti di seconda mano. Lorenzo vive a Piscina, un piccolo paese della provincia di Torino. Ha 17 anni e nella vita, oltre a studiare all’indirizzo biotecnologie dell’Istituto Pininfarina, porta avanti le sue passioni.
Come ci racconta, «la fast fashion può convenire per il prezzo basso che la caratterizza ma distrugge l’ecosistema, producendo capi in quantità elevate che hanno una ridotta durata. Questi capi una volta consumati – o talvolta ancora nuovi – vengono buttati per poi finire nelle discariche».
Per Lorenzo, una soluzione utile per ridurre gli sprechi è comprare abiti di seconda mano per rendere utilizzabile un prodotto che diversamente andrebbe buttato. «Qualche mese fa ho deciso di sperimentarmi nella trasformazione dei capi: per questo ho iniziato a comprare jeans di seconda mano e a trasformarli disegnandoci sopra, tagliando e cucendo per dare nuova vita». Gli chiediamo da quale esigenza si è lanciato in questa attività di upcycling. «Ho iniziato quest’attività semplicemente per essere diverso dagli altri, consapevole anche dell’importanza per l’ecosostenibilità», risponde.
RECUPERARE, RAMMENDARE E TRASFORMARE I CAPI DI SECONDA MANO
La semplice storia di Lorenzo dimostra che a partire da piccoli gesti è possibile trovare alternative alla fast fashion. Non solo acquistare abiti di seconda mano o prodotti di qualità dove la tracciabilità ci dà la sicurezza della provenienza del capo in questione, ma anche evitare di comprare vestiti prodotti in fabbriche delocalizzate in altri continenti, come nel caso dei più conosciuti brand quali H&m, Zara o Shein, oppure riutilizzare i vestiti che non ci piacciono o che sono rotti per trasformarli in un qualcosa di nuovo.
Domandiamo a Lorenzo in che modo si impegna per far conoscere il suo progetto di upcycling. «Per influenzare le altre persone uso molto i social con lo scopo di espandere il mio messaggio: l’eco-sostenibilità. Il mio sogno più grande? Trasformare questa passione in un lavoro vero e proprio!».
L’iniziativa fa parte di “AGISCI ORA! Ognuno fa la differenza”, progetto che mira a promuovere l’attivismo e la partecipazione dei giovani nella periferia sud di Torino sui temi dell’emergenza climatica e ambientale. Questo articolo è stato realizzato con il sostegno finanziario dell’Unione Europea, attraverso la Regione Piemonte nell’ambito di Mindchangers – Regions and youth for Planet and People. I contenuti sono di sola responsabilità di Italia Che Cambia e non riflettono necessariamente le opinioni dell’Unione Europea.
Articolo scritto da Lorenzo, Matteo, Luca, Simone e Camila e Paolo della classe 3C dell’ITIS Pininfarina di Moncalieri.
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