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Milano, Lombardia - Dall’11 novembre, nel cuore di Milano, è possibile fare delle visite guidate davvero fuori dal comune all’interno della Cripta di San Sepolcro, proprio accanto alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana, grazie a Kronoscope. Si realizzano per mezzo di speciali cronovisori che permettono di arricchire la classica visita alla chiesa ipogea di San Sepolcro di scenari e personaggi del passato che prendono forma davanti ai propri occhi, per raccontare la storia di una Milano ancora tutta da scoprire, che collega passato, presente e futuro.
Per realizzare quest’esperienza di mixed reality unica nel suo genere è servito un gruppo di “appassionati, tecnologici, incontenibili e incontentabili creativi”! Scopriamo più da vicino come l’idea originale alla base di questo progetto sia in grado di rivoluzionare la fruizione del patrimonio culturale del nostro Paese e non solo direttamente dall’ideatore, direttore ed experience designer di Kronoscope, Davide Scalisi.
Cos’è Kronoscope e cosa ti ha portato a lanciarti in questa avventura?
Kronoscope è una startup innovativa nata alla fine dell’anno scorso, con l’intento di suscitare emozioni attraverso un linguaggio interattivo all’interno di percorsi didattici e culturali. Mi sono lanciato in quest’avventura che è frutto del lavoro di cinque anni, perché pur essendo un amante della storia, entrando nei siti archeologici e nei musei mi sono sempre augurato che si trovassero modi migliori e più moderni per comunicare con le persone che li visitano.
Essendo anche un esperto di tecnologia, ho utilizzato il linguaggio che conosco meglio per cercare di comunicare alle persone la cultura in modo diverso. L’idea vera e propria è nata all’interno del parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, dove nonostante l’eccezionale stato di conservazione e tutte le informazioni disponibili non riuscivo ancora a soddisfare veramente la mia curiosità e a capire come realmente vivessero le persone in questo luogo, cosa facessero, cosa ruotasse intorno a questi monumenti.
Ci sono esperienze analoghe in Italia o nel resto del mondo?
Ci sono esperienze simili che si contano sulle dita di una mano, ma molto più limitate nello spazio e nel tempo, in alcuni musei e siti archeologici di Parigi, Atene e Washington. In ognuno di questi posti si tratta però di installazioni temporanee e fruibili individualmente, non di un’installazione permanente e di un’esperienza di gruppo che stimola l’apprendimento cooperativo in mixed reality come quella che proponiamo noi. In questo senso, è un’esperienza unica al mondo.
Questi strumenti vengono utilizzati generalmente in altri settori e non in quello culturale e qui esistono ovviamente molte più applicazioni. In ambito architettonico per la costruzione di nuove case, per vedere direttamente sul luogo cosa succede; nell’assistenza remota, con grandi industrie che hanno bisogno di manutenzione sofisticata a distanza; nel design industriale: utilizzano questi visori persino alla Nasa per manovrare i robot su altri pianeti o alla Boeing per gli aeromodelli.
A quale tipo di pubblico si rivolge questa esperienza?
Così come l’abbiamo progettata, quest’esperienza si rivolge a tutti, ma in particolare a tutte quelle persone che non vanno nei musei. Guardando alle statistiche Istat, quello che emerge è che addirittura l’80% delle persone di maggiore età in Italia non è mai entrata in un sito archeologico e il 70% non è mai entrato in un museo – i dati sono del 2019.
Questo cosa significa? Che c’è una distanza enorme – anagraficamente eterogenea, ma soprattutto nelle fasce giovani – tra il patrimonio culturale e le persone: un disinteresse totale poiché non c’è attrattività. Questo perché il linguaggio che viene utilizzato è vecchio, non solo in termini di strumenti, ma proprio lessicali, perché gli operatori del settore utilizzano termini che non usati dalle persone comuni.
Noi invece utilizziamo un linguaggio universale, quello delle immagini e delle storie. Nel prossimo futuro – perché è quello a cui miriamo – utilizzeremo un linguaggio ancora più universale: il gioco. I bambini giocano per capire come funziona il mondo, ma quel linguaggio in epoca adulta si perde per tante ragioni e anche perché il gioco è visto come una cosa da bambini, ma non è così, è un linguaggio anche quello!
I “serious games” stanno crescendo a livello globale e sono dei giochi che hanno degli obiettivi di apprendimento specifici, progettati per veicolare l’apprendimento. Noi facciamo parte di questo settore, l’”edutainment”. Chiaramente poi, essendo un linguaggio interattivo e digitale, parla sicuramente ai giovanissimi, ma già in questi primi giorni dopo il lancio abbiamo avuto dei feedback molto positivi da insegnanti di storia, visitatori abituali di musei e persino da ultraottantenni.
Come vorresti sviluppare questo progetto?
Siamo nella fase 2 del progetto che prevede un test tecnico-creativo e un test di mercato per vedere se effettivamente siamo sulla strada giusta e da ciò che stiamo vedendo sembra proprio di sì, i feedback sono entusiasti, emozionanti. Ma come ho anticipato prima, vogliamo andare verso la sperimentazione di un linguaggio ancora più interattivo che consenta alle persone di essere sempre meno passive, sempre più le eroine e gli eroi delle avventure che creiamo per apprendere. Questo significa che andiamo nella direzione di sviluppare dei veri e propri giochi che consentano di imparare in modo molto più efficiente, divertente, in molto meno tempo e con molte più informazioni.
Questa esperienza può arrivare oltre che in tutte le città italiane, anche in tutto il resto del mondo, se riusciremo mai a sviluppare questa terza fase mi piacerebbe andare verso una saga culturale, educativa, divertente, interattiva, sviluppata a episodi legati tra loro – una storia a cappello – che si svolge in giro per il mondo. Sarà la prima serie in mixed reality.
Come la realtà mista potrebbe contribuire a cambiare in positivo il volto dell’Italia?
Creare innovazione qui in Italia per mezzo di una startup di questo tipo ci permetterebbe di comunicare meglio il patrimonio che abbiamo, ponendoci di fronte ai limiti o alla mancanza di limiti dell’attuale sistema. Ovviamente il processo e i limiti con cui ci si scontra nella presentazione di un progetto d’innovazione, di cambiamento, sono gli stessi che poi ritroviamo nelle persone, perché poi il sistema non è altro che un riflesso di quello che noi siamo e quindi le difficoltà ad accettare il nuovo, la necessità di affrontare delle paure o il bisogno di sicurezza.
A mio avviso quindi, inserire un elemento fortemente dirompente rispetto a un sistema d’impresa ci permette di riflettere metaforicamente sul percorso di rinnovamento e di cambiamento degli individui. La mixed reality ci consente di fare interagire gli elementi fisici reali con gli elementi digitali che sono posizionati nello spazio. Questo permette al cervello di chi guarda di cancellare il confine tra elemento reale e elemento digitale e ci consente di comunicare in modo molto più efficiente, inserendo degli elementi creativi che hanno la funzione di veicolare delle informazioni che in altri modi sarebbe molto più complicato comunicare.
Negli ambiti culturale, artistico o educativo, non solo con la realtà mista ma sfruttando tutte le realtà estese è possibile riuscire ad aumentare la consapevolezza e il livello di comprensione della realtà, che per noi in questa epoca è molto importante. Se riuscissimo a parlare del passato e del futuro come di un’equazione in cui siamo immersi nel presente, potremmo ad esempio raccontare per immagini quello che è il nostro impatto a livello sociale e ambientale, vedendo il possibile risultato delle nostre azioni e permettendoci quindi di fare una riflessione in più sulle scelte che facciamo oggi.
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