18 Dic 2023

Fabrizio Corgnati: “La fine del mondo (non) è vicina”

Scritto da: Daniel Tarozzi

Abbiamo incontrato Fabrizio Corgnati, autore di un libro destabilizzante che ci porta a mettere in dubbio le convinzioni più radicate. L’obiettivo dimostrare – o meglio, mostrare – che se lo vogliamo la fine del mondo NON è vicina. E nemmeno la nostra fine. Con Fabrizio abbiamo parlato di tutto, dal coaching alla politica, dall’ambiente alla consapevolezza. Ecco cosa è venuto fuori da questo stimolante confronto.

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Incontro Fabrizio a Torino in una giornata di fine estate, ci sediamo su una panchina di un parco e iniziamo a parlare. Il feeling è immediato e lui comincia a raccontarmi la sua storia, le motivazioni che sono dietro al suo libro – edito da Santelli –, il senso del suo percorso, del suo pensiero e del suo lavoro. Fabrizio Corgnati è uno che destruttura. Destruttura percorsi di vita come coach, destruttura pensieri come scrittore, destruttura certezze come interlocutore.

È un piemontese che vive a Roma ed è felice di viverci. E in effetti, non dico l’accento, ma un certo modo di parare sa molto di Roma. Con lui infatti mi sento subito a casa. Fabrizio – allarme spoiler – alla fine della nostra chiacchierata decide anche di aprire una collaborazione con noi e dalle prossime settimane ospiteremo i suoi articoli sul nostro giornale. Ma facciamo un passo indietro e cominciamo dall’inizio.

fabrizio corgnati
CHI È FABRIZIO CORGNATI

Sul suo sito – Cambio Vita – si legge: “Sono un Life Coach e Career Coach professionista, autore del sito Cambio Vita. […] Coach, come si intuisce dalla stessa parola inglese, significa ‘allenatore’. Ma allenatore di cosa? Del potenziale umano”. Fabrizio Corgnati è anche giornalista, ma – mi racconta – nel tempo un certo modo di fare giornalismo non lo ha più soddisfatto: «Sono entrato in crisi con una certa tendenza alla ricerca del brutto, della rabbia, dell’ansia, della paura. Tutte emozioni che fanno parte del modo in cui è concepita la professione del giornalista, del modo in cui ti formano», spiega.

«Per quanto tu non ti voglia far contagiare, queste cose, queste prassi, ti toccano. Così ho sentito il bisogno di virare e di trasportare quella vocazione che mi aveva portato a fare il giornalista nel fare stare meglio le persone. Oggi il lavoro di life coach è molto adatto a me. È uno sguardo positivo, ottimista, orientato al potenziale di sviluppo delle persone. Nel mio libro ho cercato di trasmettere l’approccio che normalmente uso sulle persone all’intera nostra civiltà». Tutto ha avuto inizio cinque anni fa con un video di Anthony Robbins, il più famoso coach del mondo, che lo ha colpito. Poi ha studiato vari approcci fino a sposare la scuola italiana di coaching umanistico Luca Stanchieri.

La Fine del Mondo (Non) È Vicina
Perché il futuro non deve farci paura
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LE DIFFERENZE TRA COACH E PSICOLOGO O PSICOTERAPEUTA (E POI VENIAMO AL TEMA DI OGGI)

È fuori tema, lo so. Ma siccome non per tutti è scontato cosa sia un coach e perché debba esistere una figura di questo genere, vi riporto ciò che mi ha risposto Fabrizio quando gliel’ho chiesto: «Il coach è un allenatore di potenzialità umane, mentre lo psicologo o psicoterapeuta fa un lavoro di terapia, di cura di qualcosa che non va. Il 5% della popolazione ha dei disturbi psicologici, il 100% ha dei problemi di vita e questi problemi nascondono delle potenzialità di sviluppo. Occorre allenare quel potenziale che ti permette di risolvere i problemi che la vita ti presenta».

MA QUINDI, LA FINE DEL MONDO È VICINA?

«Il titolo del libro, “La fine del mondo (non) è vicina”, è stata l’ultima cosa che ho scritto», mi confida Fabrizio. «Mi tornava questa immagine  dei millenaristi che andavano in giro con il campanaccio e dicevano che la fine del mondo era vicina. Io voglio fare la stessa cosa, ma al contrario. La narrazione di una fine del mondo è ovunque, una crisi costante, un’apocalisse imminente».

Il “Non” cancellato nel titolo, vuole richiamare a questa ambiguità. Fabrizio sostiene che siamo vicini alla fine di un mondo e non del mondo. «Stiamo assistendo alla fine di un ciclo e all’inizio di uno nuovo. L’evoluzione procede sempre nella direzione del miglioramento, questo nuovo ciclo quindi sarà migliore di quello che ci stiamo lasciando alle spalle». Mi ritrovo in queste parole. Sono passati undici anni da quando ho fatto il mio primo viaggio in camper, che ripeto che la crisi è di un sistema e non del sistema e che là fuori esistono già soluzioni ai principali problemi del mondo contemporaneo. Eppure guerre, crisi climatiche, emergenza rifiuti ogni tanto scoraggiano persino me.

Pongo quindi una domanda un po’ provocatoria a Fabrizio, chiedendogli cosa ne pensassero i dinosauri del principio di “continua evoluzione” e se l’evoluzione del mondo, secondo lui, prevedrà ancora una nostra presenza. «Ad un certo punto – afferma – il mondo migliorerà anche senza gli esseri umani, non penso che siamo il culmine definitivo dell’evoluzione, ma siamo il culmine attuale». 

rifiuti plastica

E la consapevolezza delle persone? Sta davvero aumentando? «L’intero presupposto del libro è che è in atto un cambiamento di mentalità: noi di solito ci soffermiamo sui cambiamenti pratici e concreti o che vorremmo forzare, anche con buone intenzioni. I grandi cambiamenti epocali della storia nascono da un cambiamento di mentalità che poi si rivela in tutti gli ambiti. Io vedo questo cambiamento di mentalità in atto. È un fenomeno graduale, progressivo, ma sempre più  rapido. Questo finirà per impattare sui nostri comportamenti e su quelli dell’umanità. Ho grande fiducia nella capacità dell’essere umano di trovare soluzioni ai problemi, anche a quelli che lui stesso ha creato».

Secondo Fabrizio Corgnati il modo peggiore per affrontare i problemi climatici è quello di seminare il panico, l’ecoansia: «Se diciamo alle persone “guarda che siamo condannati”, invitiamo alla passività . Cosa faccio, se ormai non posso fare più nulla? È il modo peggiore secondo me ed è l’errore dei movimenti “anti-qualcosa” degli ultimi anni. Lottando contro qualcosa alimentano è il conflitto e non la soluzione del conflitto. Nel corso della storia abbiamo spesso affrontato grandi problemi e abbiamo sempre risposto con un cambiamento di paradigma adatto alla soluzione del nuovo problema. Questo è il senso profondo del concetto di crisi». 

bolsonaro trump
Trump e Bolsonaro (AP Photo/Susan Walsh)
LA FINE DELLE ATTUALI CLASSI POLITICHE È VICINA?

Racconto da anni l’Italia che Cambia, un paese costellato di aziende, associazioni, movimenti che cambiano concretamente in meglio il mondo e di donne e uomini che lontano dai riflettori dei mass media costruiscono una società vibrante, piena di condivisione, relazioni, cultura, agricoltura, arte, musica, cambiamento. Eppure quando guardo alla politica – anzi, ai politici italiani, a quelli nazionali – mi sento mancare. E “peggio mi sento”, quando penso ai vari Trump, Bolsonaro, Miley, Macron, Putin, Biden, Orban e tanti altri.

E Fabrizio Corgnati cosa ne pensa? «Concordo: i vari leader a cui ci siamo affidati e ci affidiamo probabilmente non ci daranno nessuna mano in questo processo di cambiamento, anzi faranno di tutto per ostacolarlo, ma ne verranno travolti. Seneca diceva “il vento non lo fermi con le mani”, nemmeno con quelle di Biden o Trump. Anche i faraoni a un certo punto sono stati travolti dai cambiamenti della storia e così succederà a questa classe politica che oggi sembra intoccabile. Verranno travolti quando sarà molto tardi perché sono quelli che hanno più da perdere e ai quali il mantenimento dell’attuale paradigma conviene».

I grandi cambiamenti epocali della storia nascono da un cambiamento di mentalità che poi si rivela in tutti gli ambiti

«Per fortuna però esiste una politica dal basso, con tanti esempi di sperimentazione di nuove forme di democrazia», aggiunge Fabrizio. «Quella che stiamo vivendo, non è la crisi di questo o quel partito ma della democrazia partecipativa, figlia del paradigma del materialismo scientifico, che non funziona più come si evince dalle percentuali sempre più basse dei votanti. Evoluzione non significa sostituire dei politici con altri politici, ma cambiare la democrazia e il sistema in profondità».

“POTERE” ALLE MINORANZE CREATIVE!

I cambiamenti partono dal basso, non ci stanchiamo mai di ripeterlo, e quando raggiungono una certa percentuale di persone nella società, si affermano. È la teoria delle minoranze creative, concetto espresso da uno storico inglese, Arnold J. Toynbee. Citandolo, Fabrizio fa notare come «il cambiamento di paradigma non avviene a uno stesso tempo, ma inizia da una minoranza e poi da più minoranze che si diffondono. Quando questi cambiamenti raggiungono la massa critica sia il 3,5% della popolazione diventano irreversibili». E allora buon cambiamento a tutte e tutti. Diamoci da fare, che la fine del mondo è (non è) vicina.

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