Controcoltura: fare comunità in un orto condiviso
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Milano, Lombardia - Non sembra neppure di trovarsi a pochi chilometri da Milano quando si arriva nell’orto di comunità gestito da Controcoltura, un’associazione di promozione sociale e tutela ambientale nata nel 2015 dalla coraggiosa scommessa di un gruppo di quattro giovani, allora poco più che ventenni. «Il presidente, Andrea Mandelli, insieme ad altri tre ragazzi ha deciso di rispondere a un bando comunale per prendere in gestione questo terreno all’epoca inutilizzato e confinante con una vecchia cascina in ristrutturazione», ci ha raccontato Daniela Tomassetti, vicepresidente di Controcoltura.
Qualche tempo fa sono andati a trovarla per noi Morena ed Ezio, che si sono fatti ispirare dalla storia di quest’orto di comunità per realizzare un breve e divertente documentario che ora la nostra redazione sta pensando di trasformare in un vero e proprio format, dal titolo “Il Bivio”. In questo video potrete scoprire non solo com’è andata a Cassina de’ Pecchi, dove ha sede l’associazione, ma anche come realizzare un progetto simile nel vostro comune. Controcoltura si trova di fianco agli «orti dei nonni», come dice affettuosamente Daniela riferendosi agli orti sociali che il comune ha dato in gestione agli over 65: «Con i nonni ci si scambia semi, consigli e buone pratiche, coltivando una solida collaborazione intergenerazionale».
UNA COMUNITÀ DEL CIBO
Poco fuori Milano, in un’area costantemente minacciata dalla gentrificazione e dagli interessi economici che gravitano attorno alla città, Controcoltura ha messo le proprie radici ormai otto anni fa, nonostante la difficoltà di rendere fertile un terreno abbandonato e inadatto all’agricoltura. «Quello dove ci troviamo non è nato come terreno agricolo – ci racconta Daniela – ma grazie alle pratiche di agroecologia e a un grande lavoro da parte di tutti, è diventato l’orto che si vede oggi».
Il progetto nasce da una passione condivisa e dal profondo desidero di riappropriarsi del privilegio dell’autosufficienza e della produzione del cibo. «Proprio in quest’ottica Controcultura fa parte della Comunità del Cibo, una rete nata nel 2020 su impulso del distretto di economia solidale della Martesana e che riunisce quarantanove realtà del territorio, tra aziende agricole, di trasformazione e ristoranti», ha spiegato Daniela. La rete permette inoltre di tutelare il territorio e preservare la vocazione agricola della Martesana dalla minaccia della cementificazione.
Nel 2020 un terribile incendio manda quasi totalmente in fumo anni di lavoro e sacrifici. «In quell’occasione sono andati persi tutti gli attrezzi di cui disponevamo e la casetta dedicato a noi umani», ha raccontato Daniela. «Presi dallo sgomento e dallo sconforto, abbiamo comunque deciso di rendere pubblico l’accaduto. In breve tempo abbiamo ricevuto decine di manifestazioni di solidarietà e aiuto e nel giro di poco, siamo riusciti a ripagarci dei danni subiti e costruire una casetta che abbiamo sentito ancora più nostra».
PARTIRE DAI SEMI
Nato come spazio condiviso e aperto alla comunità, quello di Controcoltura è molto più di un orto. È un luogo di cura del territorio, di sperimentazione, di educazione e soprattutto di cittadinanza attiva. Sono numerose infatti le attività organizzate con le scuole dei paesi circostanti, pensate per portare i più piccoli in questo orto di comunità e accrescere la consapevolezza sui temi di cura e tutela ambientale.
«Solitamente cerchiamo di lavorare con i docenti in un’ottica di co-progettazione – ha spiegato Daniela – in modo da definire insieme metodi, strumenti e soprattutto obiettivi. Da queste collaborazioni sono nati orti e aule natura nelle scuole dei Comuni della zona e in molti casi sono state le scuole a venire direttamente nel nostro orto. Lavoriamo molto sul tema del consumo e dello spreco alimentare. In un’occasione un gruppo di bambini e bambine è rimasto a dormire direttamente qui da noi».
In futuro Daniela vorrebbe avviare negli spazi di Controcoltura un progetto di educazione in natura continuativo. Attualmente, insieme a una rete territoriale di associazioni, portano avanti un campo estivo multidisciplinare e diffuso: «In questo modo – ha precisato – anche i bambini e le bambine tornano a muoversi per il paese e a occupare gli spazi della comunità».
In questo microcosmo di biodiversità, in cui ognuno contribuisce per come può con il proprio tempo e la propria esperienza, anche i più piccoli condividono gli spazi degli adulti: «Il principio educativo da cui partiamo – ha concluso Daniela – è che non esistono attività riservate ai bambini, ma che tutti imparino a fare tutto, in base alla loro età».
In questo modo i bambini e le bambine, vinte le resistenze iniziali, scoprono che non vi sono delle attività prestabilite dagli adulti, ma che possono esprimere delle preferenze in relazione alle proprie attitudini e avanzare delle proposte, che vengono ascoltate e prese in considerazione. D’altronde non si può che partire dei semi per far crescere un orto e dai più piccoli per una comunità più consapevole dell’impegno e del lavoro di ognuno.
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