Modello Uruguay, un antidoto al saccheggio dell’energia rinnovabile sarda
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Dal punto di vista dell’energia oggi in Sardegna viviamo in un vero e proprio Far West. A farla da padrone è la speculazione che, nella pressoché totale noncuranza, saccheggia il nostro territorio portando altrove la ricchezza. Già nel 2009 il movimento indipendentista iRS denunciava la deriva del settore energetico.
Tra le tante battaglie sostenute chiese al Consiglio Regionale sardo con una mozione di chiarire se la ricchezza prodotta dalle fonti di energia rinnovabile – sole, vento e acqua – dovesse andare a beneficio della collettività o dei privati. A distanza di quattordici anni e dopo diverse legislature, il Consiglio Regionale non si è ancora espresso ufficialmente. Ma i fatti parlano chiaro: nessun eletto si è mai attivato concretamente per bloccare questa umiliante speculazione ai danni del popolo sardo.
I NUMERI DELL'”ASSALTO”
Se guardiamo i dati di Terna sulle richieste di allaccio delle centrali elettriche alla rete, dopo la Puglia e la Sicilia troviamo la Sardegna con 718 richieste presentate tra centrali eoliche e fotovoltaiche, per un totale di 56.700 megawatt. Una produzione di energia che, secondo quanto pubblicato anche sul quotidiano L’Unione Sarda, soddisferebbe il fabbisogno di oltre 50 milioni di abitanti. Una follia se pensiamo che allo stesso tempo i sardi pagano le bollette più care dello Stato italiano.
L’altra umiliazione la troviamo nei contratti che gli imprenditori – anzi, i “prenditori”, per citare Daniela Ducato – stipulano con i proprietari dei terreni sui quali vengono installate le pale: a chi mette a disposizione la terra viene riconosciuto l’1% sulla produzione della pala mentre l’investitore si porta via il 99%. Inoltre al proprietario del terreno viene accollato lo smaltimento degli impianti industriali quando questi saranno giunti a fine vita.
MA QUAL È IL RUOLO DI POLITICA E COLLETTIVITÀ?
Deve necessariamente entrare in gioco il ruolo storico della collettività, della cittadinanza, del popolo. Se la classe politica non ci tutela noi cittadini oggi non possiamo avallare il concetto che le nostre comunità valgono 1 e gli speculatori 99. Non possiamo permettere che ci rubino il vento e il sole e magari contemporaneamente continuare a irridere quei sardi che cinquant’anni fa hanno svenduto le terre dell’attuale Costa Smeralda.
Non possiamo permettere che ci rubino il vento e il sole
Sicuramente i tantissimi comitati nati per bloccare questa speculazione sono la conferma che l’attuale classe politica è incapace di rappresentare le esigenze della collettività. Quindi noi oggi abbiamo una responsabilità enorme: quella di difendere la nostra terra da questo assalto, costringendo la classe politica a creare un Piano Energetico in maniera condivisa, sul modello dell’Uruguay, dove le ricchezze che generano le risorse collettive vadano a beneficio della collettività e non dei privati.
L’URUGUAY, UNA BUONA PRASSI DI RIFERIMENTO MONDIALE
Vogliamo guardare al piano energetico 2005-2030 approvato all’unanimità dal Parlamento uruguaiano come un punto di riferimento mondiale su come la difesa dell’ambiente e le esigenze della società contemporanea siano pienamente compatibili. Nel 2016 in appena dieci anni l’Uruguay – 176.220 chilometri quadrati e circa tre milioni e mezzo di abitanti – ha raggiunto il 100% di produzione di energia da fonti rinnovabili. L’ex Presidente Pepe Mujica ha spiegato che le centrali eoliche in tutto il paese hanno permesso di abbassare i costi di produzione energetica di oltre 200 milioni di dollari all’anno e di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’88%.
Un altro risparmio importante è stato quello delle risorse idriche. L’energia eolica ha sostituito quella idroelettrica permettendo alle dighe di trattenere l’acqua più a lungo, riducendo i periodi siccitosi fino al 70%. Si tratta di un’accelerazione incredibile se pensiamo che solo vent’anni fa il petrolio rappresentava quasi il 30% delle importazioni dell’Uruguay e grandi che quantità enormi di elettricità venivano importate dall’Argentina. Adesso invece è quest’ultima ad acquistarla dall’Uruguay.
Tempo fa inoltre, il Governo Mujica ha permesso la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato. Le aziende private hanno realizzato le centrali eoliche con l’obbligo di vendere l’energia allo Stato a un prezzo basso ma fisso. In questo modo lo Stato ha la garanzia di avere sempre disponibilità di energia e i privati hanno la garanzia di avere un’entrata sicura pagata ad un prezzo equo e fisso.
PRODUCIAMO ENERGIA NELL’INTERESSE DELLA COLLETTIVITÀ
Un piano energetico che aveva come obiettivo quello di produrre energia nell’interesse della collettività, che è stato pensato e scritto in maniera condivisa e trasparente e che, di conseguenza, è stato votato all’unanimità. Un reale antidoto alla speculazione e al saccheggio dei beni collettivi.
Solo chi ha preso coscienza di queste dinamiche, come il mondo dell’autodeterminazione, quello indipendentista e i comitati spontanei, può bloccare questo attacco feroce alla nostra terra. Già molte sono le servitù che la Sardegna e il suo territorio sono costretti a sopportare e non è giusto che continui ad essere terra di conquista per capitali senza scrupolo e senza programmazione. Tanto meno è giusto che la Sardegna diventi la centrale elettrica dell’Italia. Affermare dal basso un forte segnale di dignità e di equità è possibile.
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