Berlino è accessibile? Viaggio nella capitale tedesca da una prospettiva “a quattro ruote”
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Sabato 2 dicembre, attraverso un progetto europeo Learning for the future 3, siamo partiti con buona parte della redazione di Italia Che Cambia per una settimana a Potsdam, città tedesca che si trova a pochi chilometri dalla capitale Berlino. Quando mi chiamò Francesco a metà novembre per sganciarmi questa “notizia bomba” mi trovò subito super entusiasta all’idea di mettermi in viaggio.
Dovete sapere che ogni minimo spostamento per chi vive da una prospettiva “a quattro ruote” o ha delle difficoltà motorie importanti è sempre fonte di grandissimo stress perché non sai mai cosa potresti trovare in una città che non conosci: i trasporti pubblici saranno accessibili o bisognerà avvisare diversi giorni prima per prenotare un servizio d’assistenza? Ci saranno tutti gli ascensori funzionanti? La struttura dove dormiremo sarà realmente senza barriere architettoniche? La stanza dell’hotel avrà veramente il bagno attrezzato con le maniglie?
Tutte queste domande ti affolleranno la mente finché non avrai la possibilità di trovarti sul posto e verificarle di persona e questo purtroppo succede perché l’accessibilità, spesso e volentieri, viene presa in considerazione solo ed esclusivamente nel momento in cui qualcuno ha la necessità di usufruirne e non come un dettaglio fondamentale che esiste a prescindere per tutta la collettività. Anche a a me dunque ha risuonato continuamente in testa una domanda prima della partenza: “Berlino è accessibile?”.
Avete mai sentito parlare del modello sociale della disabilità? È un modello nato nel Regno Unito a metà degli anni ’70 e poi diffusosi in tutto il mondo che sostiene che ci sia un rapporto di relazione tra la disabilità della persona – intesa come svantaggio – e il mancato adattamento della società alla specificità di ogni individuo. Berlino rappresenta in pieno questo modello sociale perché dal momento in cui abbiamo messo piedi – e ruote – in Germania tutte le preoccupazioni che mi attanagliavano hanno trovato una risposta positiva che mi porta a dire che sì, Berlino è accessibile.
In che senso, vi starete chiedendo? Vi faccio degli esempi: ogni pulsante di ogni ascensore – che sia in una stazione, in un centro commerciale o in un hotel – è posto anche ad altezza carrozzina; in ogni luogo pubblico trovi sempre un bagno attrezzato dotato di maniglie e spazi ampi; le persone, anche se non sei alto come loro, ti considerano alla propria altezza e non percepiscono la disabilità come una caratteristica da cui prendere le distanze ma semplicemente come una caratteristica che c’è, ma che non per questo sminuisce la persona.
Potrei andare avanti all’infinito nel farvi degli esempi di piccoli e grandi dettagli che hanno caratterizzato la mia esperienza nella capitale tedesca e che mi hanno fatto rendere conto del fatto che Berlino è accessibile per davvero, ma la cosa su cui vorrei portavi a riflettere è che se tutte le città del mondo adottassero il modello sociale della disabilità per organizzare la società il divario tra persone con disabilità e persone senza disabilità si annullerebbe.
Se ogni persona su questo pianeta si mobilitasse per combattere il modello medico, che sostiene che ci sia un rapporto esclusivamente consequenziale tra la disabilità della persona e lo stato di svantaggio – quindi se la persona non si può “curare” la società non avrà spazio per lei –, e favorisse il modello sociale, non parleremmo più delle persone con disabilità come persone da integrare nella società perché sarebbero già incluse o, per meglio dire, previste.
La disabilità riguarda ognuno di noi perché è insita nella società in cui viviamo, lavoriamo, amiamo e ci divertiamo. Pensateci bene: uno scalino per strada lo supera solo chi può farlo, ma se al suo posto ci fosse una rampa la supererebbe chiunque, dalla mamma che spinge un passeggino alla persona anziana che non si muove più agevolmente. Da questo viaggio sicuramente mi porterò a casa questa consapevolezza maggiore e mi attiverò affinché non solo chi vive con una disabilità in prima persona s’interessi nella quotidianità a questi aspetti. Grazie Berlino, perché per un’Italia Che Cambia ci volevi un po’ anche tu.
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