Ventimiglia, la città di confine in cui il flusso migratorio è bloccato dal 2015
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Imperia - Ventimiglia, l’ultima città nell’estremo ponente ligure, prima della frontiera con la Francia, sembra essere la terra di nessuno. Cercandola su Google possiamo ammirare immagini di spiagge meravigliose, di un borgo antico, della città vecchia, del porto lussuoso, ma la realtà è ben diversa per chi ci vive. A Ventimiglia infatti si possono constatare i risultati di una politica assente o nel migliore dei casi miope e poco lungimirante sulla questione legata ai migranti. Questi ultimi infatti rimangono contemporaneamente bloccati da un sistema legislativo inefficace e osteggiati da chi sente violata la propria sicurezza.
I VENTIMIGLIESI E I MIGRANTI
Per chi vive a Ventimiglia la situazione è drammatica e le persone non si sentono al sicuro. Le ultime notizie in effetti non sono delle più rassicuranti. Le risse sembrano essere all’ordine del giorno e di recente una di queste è terminata con un morto. Scendendo dal treno a Ventimiglia la situazione è palese fin dai primi istanti. I gruppi di migranti sono dappertutto, da coppie di persone fino a dozzine, seduti nelle aiuole o sui muretti o accampati sulle spiagge o sotto i ponti.
In stazione i ferrovieri sono esasperati: i migranti accedono a zone pericolose, attraversano i binari all’improvviso. I bambini giocano tra le rotaie dello scalo merci. Gli adulti tagliano i teloni dei carri merci e vi entrano di nascosto, sperando di riuscire ad arrivare in Francia senza essere visti. I treni passeggeri accumulano ritardi a causa dei controlli, mentre quelli merci sono costretti a lunghe manovre per scartare i carri non più idonei a viaggiare a causa dei danni.
Sicuramente questa situazione ha favorito l’elezione del sindaco leghista Flavio Di Muro, che nel suo programma elettorale prometteva soluzioni immediate ed efficaci. Finito nell’occhio del ciclone a causa di uno degli ultimi interventi di Michela Murgia, Di Muro non è ancora intervenuto alla radice del problema – e forse non è neppure in suo potere farlo –, ma ha attuato delle non-soluzioni proibendo ai migranti di accedere al cimitero e agli argini del fiume Roia, dove sono soliti allestire le tendopoli. Gli agenti delle forze dell’ordine addirittura impediscono loro di sedersi a terra nell’atrio della stazione. Ma quindi, dove dovrebbero stare di preciso i migranti secondo il Governo?
La risposta è tutt’altro che scontata. C’è chi fa sfoggio di slogan leghisti gridando “aiutiamoli a casa loro” e chi invece si è rimboccato le maniche e ha iniziato a cercare un modo per rendersi utile attraverso associazioni, cooperative o assistenza volontaria, come accadeva nell’accampamento costruito presso la zona dei Balzi Rossi, ormai sgomberata. Confrontandomi con persone che fanno parte della seconda categoria – tra cui Maria Paola Rottino che ringrazio – è emerso che la situazione legislativa attuale imbriglia i migranti e spesso li costringe in luoghi e condizioni insostenibili.
DA DOVE PROVENGONO I MIGRANTI E PERCHÈ SI SPOSTANO?
La stragrande maggioranza dei migranti proviene dall’Africa subsahariana e i motivi della migrazione sono svariati. Dal Sudan fuggono a causa della guerra in Darfour, dall’Eritrea invece si scappa per sfuggire alla leva militare obbligatoria – anche per le donne – che costringe ragazzi e ragazze in caserme simili a carceri. Ci sono poi le persone che fuggono da stati con legislazioni omofobe, come per esempio il Togo. Qui far parte della comunità LGBT è un crimine che può portare alla detenzione. C’è poi chi parte alla ricerca di fortuna, chi sogna di poter fare una vita migliore. I popoli francofoni per esempio, ispirati dallo slogan “Liberté, Égalité, Fraternité”, sperano di essere accolti dalle persone con le quali condividono la lingua.
COSA SUCCEDE IN ITALIA E A VENTIMIGLIA
Tutto ciò che concerne i diritti dei migranti a livello europeo è stabilito dalla Convenzione di Dublino. Non appena essi arrivano in Italia, la legislazione prevede che vengano identificati e schedati attraverso le impronte digitali. E qui sorge il primo problema. L’immigrato può richiedere asilo solo ed esclusivamente nel Paese in cui viene identificato: per questo tutte le persone che non vogliono rimanere in Italia tentano di non essere identificate.
Questo fatto risponde già a tutta una serie di domande sul perché molti si rifiutino di collaborare. Dal momento in cui vengono identificati infatti, rimangono “intrappolati” in Italia. Chi ha intenzione di spostarsi in Francia, Germania, Olanda, farà di tutto per non farsi identificare e quindi per non avere contatto con le istituzioni.
Dal 2016 riuscire a non farsi identificare è diventato pressoché impossibile a causa di nuove legislazioni. Chi sono dunque le persone che rimangono bloccate in Italia e a Ventimiglia? C’è chi ha fatto domanda di asilo regolare, ma che non ha un luogo dove attendere il responso di un iter burocratico che può durare anni.
A causa dei tagli ai fondi, i luoghi adibiti all’accoglienza sono pieni da anni e questo costringe chi è in attesa a vivere per strada. C’è chi è stato rimandato in Italia perché trovato clandestino all’estero. C’è chi decide di diventare passeur di professione. C’è chi sviluppa problemi psichici e/o psichiatrici a causa dei traumi dovuti al viaggio o alle violenze subite. C’è chi, pur con tutta la buona volontà, non riesce a far fronte alla burocrazia italiana estremamente complessa.
Se si sommano i problemi legati alla lingua, allo spaesamento dovuto all’arrivo in un Paese nuovo e diverso dal proprio, al probabile trauma del viaggio, con le complessità burocratiche a cui vengono messi di fronte, risulta chiaro il motivo dell’alta percentuale di clandestini. Ci sono infine quelli che pur avendo fatto tutto il percorso della comunità e avendo ottenuto i documenti, non hanno modo di trovare casa o un posto di lavoro e quindi, pur essendo regolari, rimangono senza fissa dimora. Questo spiega il perché di così tante persone accampate dovunque: non per scelta loro, ma per disperazione e per la mancanza di un tessuto ricettivo efficiente.
LE CONSEGUENZE DEI MIGRANTI SENZA FISSA DIMORA
Gli episodi di violenza e gli scontri tra i migranti a cui si assiste hanno tutti la stessa matrice: la disperazione. Possono essere riconducibili principalmente a tre casistiche. Una buona parte di questi, come detto in precedenza, sviluppa problemi psichici anche gravi che non vengono trattati adeguatamente. Un’altra parte, a causa delle difficoltà insormontabili, sviluppa problemi di alcolismo che portano a irrequietezza, nervosismo e accessi d’ira. Infine spesso le liti coinvolgono passeur che hanno provato a fregare i propri “clienti” o addirittura screzi tra passeur stessi che si contendono le persone da far espatriare clandestinamente.
IL RISULTATO È VENTIMIGLIA
Detto questo l’equazione sembra molto più chiara. Chi fugge dal proprio paese di origine, mettendo a repentaglio la propria vita durante il viaggio, non lo sta facendo a cuor leggero. Nella maggior parte dei casi la destinazione ultima non è l’Italia ma, a causa della Convenzione di Dublino, chi sbarca in Italia è costretto a rimanere nel nostro paese.
Tuttavia qui non ci sono strutture adeguate, non c’è una burocrazia che favorisca l’integrazione, mancano politiche europee adeguate e politiche territoriali che non si limitino a proibire e punire. Il problema è la legge che produce l’illegalità, non l’illegalità in sé. Che sia dunque il caso di agire sulla legge? Finché indichiamo la luna, ma le persone guardano il dito, la colpa rimarrà sempre di chi si vuole salvare la vita scappando dalla propria madrepatria.
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