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Crotone - Dalle pagine di un libro può nascere un’azione collettiva. A Crotone una delle associazioni più attive in città – Io resto – è nata proprio così, dalla lettura di Pietre di pane. Un’antropologia del restare, il libro del professore Vito Teti. Immaginate un gruppo di amici che si incontra al bar ogni sabato mattina, e si ritrova sempre a parlare della propria città, di come starci e restarci, di come dare voce alle persone e ai luoghi. Poi lo stesso gruppo decide di trasferire quelle “chiacchiere da bar” in discussioni in libreria, e si sposta nella libreria Cerrelli, la più antica libreria di Crotone, dove finiscono per fondare l’associazione.
Ed è lì che i promessi soci iniziano a leggere alcune delle pagine in cui l’antropologo inizia a scrivere di “restanza”. Come non invitarlo? «Quando si è deciso di trasformare un incontro tra amici in un’associazione vera e propria si è pensato di contattare il professore perché suggellasse questo incontro, lui ha colto immediatamente e ha partecipato personalmente alla presentazione dell’associazione, durante la quale abbiamo letto dei passi del libro. Da allora non ha mai smesso di starci vicino», spiegano i fondatori.
Nella primavera del 2019, i sette amici trasformano quelle “chiacchiere” in una vera e propria associazione: Gianni Pitingolo, Salvatore Perri, Antonio Paluccio, Claudia Liotti, Marilena Sacchetta, Rita Piperissa e Stefania Ragusa. Ma rimarranno in sette per poco, perché nel viaggio tra chi aveva deciso di restare a Crotone, ogni incontro diventa l’occasione per allargare il gruppo.
Qualche anno dopo e nonostante la pandemia, il bilancio – ci dicono – è più che positivo. «La cittadinanza ha perfettamente capito di cosa ci occupiamo, tanto che anche le altre associazioni ci contattano per un supporto in tema di territorialità. In fondo quello che facciamo è cercare di promuovere il crotonese facendo anche dei giri nei borghi e le persone che rendono importante questo nostro territorio». A parlare è Tiziana Paletta che è un’avvocata molto attiva nell’associazionismo della sua città.
Le donne e gli uomini di Io resto sono tutti professionisti. «Tra di noi c’è chi è avvocato e chi insegnante, tutti noi abbiamo un lavoro. All’inizio c’è stata una incomprensione, qualcuno ha commentato dicendo: “È facile restare se hai una lavoro, una famiglia”. Ma non è così. È facile restare seduti su un divano, è meno facile farlo cercando di stimolare chi è rimasto anche ad andar via se si fa per un motivo serio, come fare carriera. Perché il territorio ti aspetta, in attesa che torni con il bagaglio culturale acquisito fuori».
C’è un elemento che ci pare contraddistinguere questo piccolo movimento cittadino, una specie di anticorpo al provincialismo, al rischio di rimanere chiusi nei propri territori, isolati nella propria cultura. La loro attenzione è certo rivolta a chi è rimasto, ma anche a chi è andato via con il corpo ma non per questo ha rotto tutti i legami con il proprio territorio.
Lo sforzo è costruire un ponte tra chi è rimasto e chi è andato via – per i più svariati motivi – pur continuando a mantenere un rapporto, un legame affettivo, con la terra d’origine. Un ponte costruito anche grazie ai consigli e alla visione del professore Fabio Carbon, docente universitario a Birmingham che da lì collabora ai progetti, contattando relatori e dando spunti. O come il capitano Luciano Montesanto che ha studiato all’istituto nautico di Crotone e oggi è il comandane di una delle navi più lussuose del mondo che guarda la sua città con senso critico e condivide i propri spunti di riflessione.
«Partire non è il male, anzi. Questo ponte permette una restituzione al proprio territorio dell’esperienza e della conoscenza acquisite da chi è andato fuori. E per noi è un aspetto molto importante – spiega Tiziana – perché consente a chi è andato via di avere un riconoscimento dal luogo natio e per noi è un grande potenziale, perché aiuta i ragazzi che non hanno avuto la possibilità di andare fuori Crotone a capire cosa c’è oltre e dove si può arrivare pur partendo da una città medio-piccola come la nostra».
Sono tante le attività che da qualche anno questa piccola associazione porta nella città di Crotone. «Riusciamo a fare le cose perché facciamo rete», spiega Tiziana. «Senza l’appoggio della cittadinanza e degli imprenditori locali non potremmo fare tanto». Per i nostri lettori ne scegliamo una. Un po’ perché proprio mentre scrivo è in corso d’opera e un po’ perché succede qui, a due passi dall’ultima strage di innocenti avvenuta a Steccato di Cutro.
Io resto è riuscita a ottenere l’uso di una delle imbarcazioni destinate alla distruzione e cioè una delle carrette del mare che ha portato fin qui i migranti. Verrà trasformata in un’installazione grazie al contributo di Massimo Sirelli, l’artista di Sellia Marina apprezzato in tutto il mondo. L’opera verrà posizionata in uno dei punti di ingresso alla città «a simbolo di Crotone città dei pescatori e dell’accoglienza», dice con orgoglio Paletta. «Perché abbiamo dimostrato in diverse occasioni di essere in grado di accogliere popoli che arrivano dal mare».
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