28 Nov 2023

La Calabria di Francesca Prestia fra canti e cunti di donne, minoranze e rivolte

Scritto da: Tiziana Barillà

Unica cantastorie in terra di Calabria, la voce di Francesca Prestia trasforma la ricerca storica in musica per le nostre orecchie. E lo fa in tutte le lingue della regione, per raccontare una terra spesso vinta ma mai doma. Dalle donne di Corrado Alvaro a quelle contro la mafia, di cui parla nelle sue canzoni e durante gli incontri con la gente, soprattutto giovani delle scuole.

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Catanzaro - «Sono solo una cantastorie», dice Francesca Prestia. Come se fosse poca cosa per una donna farsi largo tra le voci che raccontano la Calabria, quasi sempre maschili. Francesca sta dall’altra parte del racconto, è voce narrante, filo perpetuo che trasmette le storie da una generazione all’altra. E vuole essere presa sul serio. «Sono un’artista ai margini, ma lo sono per scelta», mi racconta mentre prepara l’ennesima valigia per l’ennesimo viaggio. Un po’ di fretta ma affatto nervosa, sempre concentrata.

«In generale, si pensa che una vera cantante sia quella che va a Sanremo o comunque in TV, ma a me i grandi palcoscenici non interessano. Canto me stessa, la mia vita, la mia terra; può sembrare retorico ma è il posto dove sono nata e dove mi identifico perché semplicemente mi piace. E poi canto e racconto quasi sempre personaggi che ci insegnano qualcosa. Sono storie che, come le storie mitiche, parlano dell’essere umano».

Giuditta Levato, la prima vittima della lotta contadina al latifondo in Calabria. La pigiatrice d’uva di Corrado Alvaro, Fuja, che prelude a un “femminicidio” nel tempo in cui le donne “senza onore” pagavano l’onta con la vita. Il canto d’amore in lingua grecanica della Regina di Bova, le brigantesse Generosa Cardamone, Francesca La Gamba, Filomena Pennacchio e Michelina De Cesare. La storia di Njiat, una donna eritrea approdata a bordo di un gommone sulle coste calabresi e adesso cittadina italiana.

francesca prestia

Le spose di Plataci, protagoniste della rivolta delle donne in questo piccolo paese arbereshe. E ancora Lea Garofalo che ha pagato con la vita la sua opposizione al potere della ‘ndrangheta e ..tantu nui sima ’e cchiu – “tanto, noi siamo di più” – con il racconto di sei donne uccise dalle mafie. Proprio da quest’ultimo lavoro ha preso forma uno spettacolo pensato per le studentesse e gli studenti calabresi.

Il progetto “Donne contro la mafia”, promosso dall’associazione Assoformac e dal Consiglio Regionale della Calabria, è approdato in sei scuole della regione: Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia, Lamezia Terme, Cirò Marina. Attraverso le storie di Felicia Impastato e Lea Garofalo si è provato a rompere pregiudizi, muri di omertà e narrazione stereotipate. «In alcuni luoghi ho trovato grande sensibilità e interesse, in altri è ancora molto difficile», racconta Prestia a conclusione del progetto.

«A Vibo Valentia, per esempio, le ragazze di un liceo mi hanno stupita per la profondità delle loro riflessioni; sono ragazze colte con proprietà di linguaggio e una bella cultura già a quell’età. Sono immerse in questa problematica e vogliono non solo capirne di più ma anche contribuire per risolvere il problema». In un altro istituto invece non è andata così bene. «La scolaresca scalpitava mentre cantavamo Non mi arrendo, una canzone dedicata a Felicia e Peppino Impastato, un’intera fila di ragazze e ragazzi faceva chiasso. Poi, quando abbiamo iniziato a raccontare come è stato ammazzato Peppino, in dieci si sono alzati e hanno lasciato l’aula. Nonostante i professori cercassero di trattenerli».

In alcune scuole ci sono molti figli della manovalanza ’ndranghetista, forse alcuni di loro hanno già svolto qualche lavoretto. Devono essersi sentiti offesi, perché stavo smontando la loro immagine di forza, potere, e allora per protesta si sono alzati e se ne sono andati davanti a tutti». Francesca studia e racconta l’altra Storia calabrese, quella che spesso parla attraverso una visione femminile fatta di carne e pensieri ancora troppo faticosa da ascoltare. Il suo è un lavoro prezioso in una terra come la Calabria, che spesso si dimentica di sé.

Armata di chitarra battente, flauto e corde vocali, Francesca trasforma in ballate le storie di una terra spesso vinta ma mai doma. Puoi sentirla cantare in lingua grecanica, arbëreshe, occitana, ebraica e sempre in modo impeccabile. Ma quante ore studia al giorno? «La ricerca non ha limiti, studio sempre, leggo continuamente e quasi sempre autrici donne, da un po’ di tempo ho deciso che almeno il 70% di quel che leggo devono essere di autrici donne e calabresi. Per la musica, l’allenamento costante è di almeno un paio d’ore al giorno: almeno un’ora di canto e gli esercizi con la chitarrina e il flauto».

Si pensa che una vera cantante sia quella che va a Sanremo o comunque in TV, ma a me i grandi palcoscenici non interessano. Canto me stessa, la mia vita, la mia terra

Hai detto chitarrina? «Sì, è una chitarra battente accordata per l’estensione vocale femminile, che è diversa da quella maschile. Per questo la chiamo “chitarrina”, perché è nata femmina. In Calabria si usano solo chitarre battenti e organetti maschili e cioè che hanno l’estensione vocale dei maschi, perciò la mia chitarrina me la sono fatta costruire».

Tra un palco, una scuola e un’immersione nello studio, Prestia dirige Cuore Cantastorie, il Festival dei Cantastorie che dal 2020 si tiene nella sua città, Catanzaro. «Si svolge in Calabria ma ha un respiro nazionale», tiene a sottolineare. Insieme a Lisetta Luchini di Firenze, Gian Paolo Borghi di Bologna, Tiziana Oppizzi e Claudio Piccoli di Milano. «Sono i più grandi esperti della storia dei cantastorie in Italia, li ho convinti a venire a fare qualcosa quaggiù, in Calabria». Per questa terza edizione, l’appuntamento è dal 5 all’8 dicembre.

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