10 Nov 2023

Dagli orsi agli scorpioni, l’etologa Chiara Grasso ci spiega come “amare” gli animali selvatici

Scritto da: Daniel Tarozzi

I lupi sono cattivi e vanno cacciati. Gli scorpioni sono pericolosi e vanno schiacciati. I cagnolini sono buffi e vanno spupazzati. I paguri sono divertenti e vanno catturati. Tutte queste affermazioni sono frutto dell'antropocentrismo radicale che caratterizza il nostro approccio al mondo animale e naturale in generale. Con l'etologa Chiara Grasso proviamo a smontare questi pregiudizi dal punto di vista scientifico e a ritarare la nostra visione verso un più equilibrato biocentrismo.

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Amo gli animali, sono cresciuto amandoli. Ero uno di quei bambini che salvava i gattini abbandonati, impazziva per ogni quadrupede, che piangeva se vedeva i compagni di scuola schiacciare una mosca o una coccinella, che crescendo ha scelto un’alimentazione vegetariana e soprattutto ha compreso che non ci siamo noi e gli animali, ma noi e gli altri animali, perché animali lo siamo anche noi. I cani mi hanno sempre accompagnato nella vita, ma ho potuto vedere da vicino anche leoni, tigri, elefanti. Ho pianto quando ho visto le catene dei grandi pachidermi in determinati contesti, ho sofferto vedendo negli acquari delfini o foche.

Eppure ho fatto un sacco di errori anche io. Ho cavalcato un elefante, ho fatto il bagno con i delfini e – anni fa – ho dato da mangiare a qualsiasi animale abbia incontrato. Poi studiando e indagando ho scoperto che gli animali selvatici sono appunto selvatici e che ciò che mi ero raccontato – a quell’elefante non spiace essere cavalcato, quel cavallo non sta poi così male chiuso spesso in quella stalla, quel delfino adora toccare con il naso i piedi degli umani per farli volare – era totalmente privo di fondamenta.

Ecco perché quando ho scoperto il lavoro di Chiara Grasso e di Eticoscienza mi sono esaltato. Da sempre vorrei studiare etologia e finalmente trovo qualcuno che ne parla, forma e divulga in modo etico e consapevole. Nel nostro filone di approfondimenti sugli altri animali quindi, non potevamo non tornare a parlar con Chiara che abbiamo ospitato diverse volte su queste pagine. Questa volta però, non vi proponiamo la sua storia personale o il lavoro di Eticoscienza, ma il risultato di una conversazione che io e lei abbiamo avuto sul mondo degli animali selvatici, del nostro rapporto con loro, delle possibilità e dei limiti, limiti che a loro volta diventano occasioni di crescita e stimolo.

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Chiara Grasso, etologa e fondatrice di Eticoscienza
GLI ANIMALI CI CHIEDONO DI DAR LORO SPAZIO

Chiara, nella sua descrizione pubblica, scrive che ama dare voce agli animali. Le ho quindi chiesto che cosa ci stanno dicendo. Mi risponde a colpo sicuro: «Gli animali ci chiedono di dar loro spazio, di dar loro dignità e rispetto. Ci chiedono di fare un passo indietro dal nostro antropocentrismo e dalla convinzione che tutto debba essere a nostra misura, a nostra volontà. Ci chiedono di abbandonare la convinzione che l’umano abbia il diritto di comandare, costruire, distruggere. E ci chiedono di rispettare la selvaticità degli animali selvatici e la dignità degli animali domestici».

LA DISNEYZZAZINE DEGLI ANIMALI E IL RAPPORTO CON IL SELVATICO

Prima di intervistare Chiara mi sono riletto molti suoi interventi, alcuni pezzi dei suoi libri – che consiglio! – e alcuni suoi video. Se c’è un tema ricorrente è la “critica” verso la voglia delle persone di toccare gli animali selvatici e di “disneyzzarli”. Premesso – ma non ditelo a Chiara – che io ho amato e tutt’ora amo molti film Disney, comprendo bene la logica che ci sta dietro. Gli animali non sono simpatici peluche. Non lo sono cani e gatti e ancor meno, ovviamente, lo sono tigri, elefanti o zebre.

Mi chiedo e le chiedo quale possa essere un rapporto sano con il selvatico – mentre le pongo questa domanda temo che mi dica che non ci deve essere alcun rapporto tra noi e il selvatico. Lo temo perché io lo desidero moltissimo. «Un rapporto sano con il selvatico – mi spiega Chiara – è possibile [sospiro di sollievo! ndr]. È basato sulla distanza, sul rispetto della zona di comfort degli animali e del loro essere selvatici e non volere né potere stare con noi. Purtroppo Disney, i social e la tv in generale, ci hanno sempre raccontato che l’amore per gli animali è sufficiente a risolvere ogni problema. Ma spesso non è affatto così».

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In effetti anche dal mio percorso di educatore e istruttore cinofilo ho imparato come spesso le persone pur amando, a modo loro, gli animali finiscono con l’arrecare danni. «Anche alcune associazioni animaliste – continua Chiara – che liberano gli animali e poi ci spingono ad abbracciarli sono in qualche modo “complici” di questo problema. In realtà questo è ancora una volta un rapporto antropocentrico. Questo amore per gli animali che interagisce, interviene e si intromette nella loro vita quotidiana interponendosi nel rapporto tra loro e la natura, arreca molti danni. Questo avviene, quando diamo da mangiare agli animali, quando li rendiamo confidenti. Un animale selvatico confidente è un pericolo per l’essere umano e soprattutto per se stesso».

Ma quindi – le chiedo – quale può essere un rapporto sano con il selvatico? «Il rapporto con l’animale selvatico esiste nel momento in cui io entro in relazione con la Natura imparando a non intromettermi negli equilibri che la regolano. Non devo quindi cercare di toccare gli animali, non devo dare loro del cibo, non devo impedire a un predatore di mangiare una preda, non devo spingerli a superare la loro naturale diffidenza nei nostri confronti. Devo rapportarmi a loro con profondo rispetto, ricordandomi che non sono un mio hobby o una cornice per i selfie».

Chiara è anche guida safari e non possiamo quindi non toccare l’argomento. Anche qui diventa fondamentale scegliere consapevolmente: «Sta al turista capire come, dove e quando un safari può essere etico e come dove e quando va evitato. Se portiamo il turismo di massa in Natura, finiamo con il provocare tantissimi danni agli ecosistemi, agli animali e alle popolazioni locali. Purtroppo ancora troppa gente vuole stare “in Natura”, ma senza insetti, senza carnivori, senza animali selvatici, con l’erba tagliata, senza rischi e pericoli».

Secondo Chiara, una buona guida deve riuscire a far emozionare le persone non solo quando e se vedono l’animale selvatico che caccia, ma perché magari hanno trovato una traccia, degli escrementi, un uccellino, un impronta, una pianta. «I safari non esistono solo per vedere i famosi Big Five ma anche per introdurre e avvicinare il turista medio, che vive in città, a una natura selvaggia, complicata e complessa».

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ATTENTI AL LUPO (E ALL’ORSO)

Ultimamente in Italia si sta diffondendo una “caccia” alle streghe legata a lupi e orsi. Chiedo quindi a Chiara come possiamo mitigare queste paure ancestrali che risvegliano in molti umani comportamenti brutali. «Facciamo un seminario!», afferma e non sa che io l’ho presa sul serio e presto glielo proporrò. «Le paure ancestrali sono fortemente incentivate dalla politica che cavalca l’onda della paura».

«C’è una bellissima frase che dice: “Non è il cervo che attraversa la strada, ma la strada che attraversa il bosco”. Questa significa pensare in ottica biocentrica», prosegue Chiara. «Siamo noi che siamo andati a passeggiare nel territorio degli orsi o che non sappiamo proteggere il bestiame in modo efficace dai lupi. La soluzione più “facile” di fronte a ciò che ci spaventa è uccidere, ma così facciamo scomparire dal mondo tutto il selvatico». Ed è ciò che in effetti sta avvenendo. 

E GLI ANIMALI DA COMPAGNIA?

Con Chiara parliamo anche di animali da compagnia. Come già accennato, per lei – e anche per me che scrivo questo articolo – è fondamentale ricordare che i cani e i gatti non sono “nostri figli”, non vanno antropizzati, non devono riempire un nostro vuoto o una nostra proiezione di mancanze e frustrazioni. E invece molti finiscono con l’antropizzarli, trattandoli come bambini da vestire, truccare, spupazzare o come proiezioni del proprio ego attraverso gare di vario tipo, lotte o chissà cosa.

Gli animali ci chiedono di fare un passo indietro dal nostro antropocentrismo e dalla convinzione che tutto debba essere a nostra misura, a nostra volontà

Non vanno mai dimenticate, in una relazione con un animale “domestico”, la sua dignità, la sua autonomia, le sue motivazioni e i suoi bisogni. Il cane deve stare con noi tutto il giorno o quasi. Non va lasciato solo a casa e nemmeno in giardino. È un animale sociale. Dobbiamo vivere con lui in Natura e magari attraverso di lui riscoprire un contatto più autentico con la Natura. Il gatto ci ricorda che molti animali non amano essere alla nostra mercé ma anzi hanno una propria personalità e delle proprie esigenze specifiche.

Ci sono poi gli animali utilizzati per la “pet therapy”. Anche qui per Chiara è fondamentale rispettare il benessere dell’animale e coinvolgere solo animali adatti, come cani, gatti, conigli e – in alcuni casi – asini e cavalli. «Tutti i componenti coinvolti nella pet therapy, persone, cani ed eventuali percorsi, devono essere qualificati, formati, preparati. Non bisogna improvvisarsi. Pena il benessere e/o la salute dell’animale di turno, “sacrificato” contro la sua volontà in nome di un “bene superiore”».

EMPATICO SARAI TU

Ogni estate passo parte del mio tempo al mare, soffrendo mentre osservo bambini e adulti uccidere le meduse o “giocare” con pesciolini, granchi o altri esseri viventi. Talvolta ho il coraggio e la dignità di intervenire, provando a fermare il comportamento in questione. Altre volte, impreco tra me e resto inerme di fronte a qualcosa di per me difficilmente comprensibile. Lo stesso vale quando qualcuno uccide un insetto schiacciandolo col piede senza pietà o tirando una scarpa su un muro dentro una casa. Io sono uno di quelli che prende bicchiere e cartoncino e porta fuori il ragno o lo scorpione di turno, insegnando a mia figlia quanto siano belli anche gli insetti.

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Eppure siamo ancora in pochi ad avere questo tipo di sensibilità. Chiedo a Chiara, che a questi sfortunati animali ha addirittura dedicato un libro dal titolo emblematico – Brutti, sporchi, cattivi, ma utilissimi –, come mai tutto ciò accada e cosa possiamo fare per cambiare le cose. «Ci sono animali “meno animali” di altri – mi spiega –, animali caratterizzati da una maggiore distanza filogenetica rispetto alla nostra specie e non ci sembrano quindi “nostri simili”. Noi siamo biologicamente più empatici con gli animali più vicini a noi. Siamo più empatici verso uno scimpanzé che verso un ratto e lo siamo di più verso un ratto rispetto a un granchio».

Quindi questi animali brutti, sporchi e cattivi – ragni, scorpioni, pipistrelli, meduse, cinghiali – che nessuno inviterebbe a una festa, che sono considerati dannosi, pericolosi, infestanti e che subiscono in molti casi anche un folclore legato a stereotipi culturali non ci fanno pena. Si “possono uccidere” senza pietà perché ci fanno paura e vengono percepiti come pericolosi. In alcuni casi, storicamente lo erano anche – è il caso di alcuni serpenti e alcuni insetti – ma oggi questi pericoli non esistono più. Possiamo quindi imparare a conviverci senza ucciderli».

Qui Chiara propone proprio di portare fuori casa gli insetti con cartoncino e bicchiere e io mi sento meno solo. «Evitiamo di far giocare i bimbi al mare con gli animali marini», conclude. «Usciamo dal nostro antropocentrismo, mettiamoci nei panni empatici di ogni animale, inclusa la medusa che uccidiamo in spiaggia per fare il bagno comodamente». Il mare è la sua casa, non la nostra. 

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