Una vita quasi country: Alessandro Spedicati, dal palcoscenico alla campagna
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Oristano - Mezzo ettaro di terreno a pochi chilometri dalla costa ovest dell’isola – nella penisola del Sinis, in provincia di Oristano – con ulivi, un pollaio, un pozzo, tante cose da sistemare e imparare per la prima volta con l’idea di cambiare vita. «Sono ancora spaventato ed eccitato», racconta Alessandro Spedicati. «Acquistare una casa in campagna anziché in città ti mette nelle condizioni di dover cambiare.
Per riscrivere la sua vita da zero Alessandro ha sentito prima il bisogno di allontanarsi dalle dinamiche egoiste della città: «Ho cercato per tre anni uno spazio per essere concentrato – spiega –, per trovare connessioni con la comunità, vivere con lo sguardo verso l’alto. In campagna si guarda l’orizzonte, in città il marciapiede: si sperimenta un cambiamento di postura».
DALLA CITTÀ ALLA CAMPAGNA
Alessandro Spedicati nell’immaginario collettivo resta Diablo, voce e leader dei Sikitikis, il gruppo cagliaritano nato nel 2000 che ha fatto innamorare e cantare più generazioni. A quasi cinquant’anni quindi il frontman della band ha fondato il progetto editoriale Una vita quasi country, rendendosi protagonista di un lento trasferimento dalla città alla campagna.
Questa scelta è stata condivisa con la moglie Annalisa Lilliu e raccontata online per documentare un percorso che sempre più persone vorrebbero emulare. «Mi ha scritto un ragazzo di diciott’anni – confessa Spedicati –, vuole fare l’agricoltore nelle Langhe, mi ha chiesto dei consigli. Una mia amica che vende dischi mi ha detto l’altro giorno: ho comprato casa in paese. A tutti dico: se vuoi puoi farlo».
Ha Cagliari tatuata sulla pelle ed è surfista, ha un figlio adolescente e una bambina di pochi mesi ed è soprattutto una mente pensante che ha messo la felicità al centro della propria vita, dopo riflessioni profonde e un vissuto da rockstar. «Il momento storico che stiamo attraversando mi sta colpendo molto, conferma le sensazioni che molti di noi hanno avuto nel decennio scorso. La cupezza delle persone che incontro per strada mi preoccupa molto. In molti stanno accantonando le proprie speranze e sogni e non riescono a vedere un futuro».
FELICITÀ È RIVOLUZIONE
«Un tempo “la mia piccola rivoluzione“, come cantavo in una canzone dei Sikitikis, mi limitavo a scriverla. Oggi la faccio», dice Spedicati. «La vera rivoluzione è quella che ognuno fa per sé, è quella umana. Con Una vita quasi country ci stiamo divertendo a rivoluzionare la nostra esistenza. L’obiettivo è passare dal less is more al less is core. Arrivare cioè a una vita in cui lavori poco e spendi molto poco, non più basata sulla crescita economica ma sull’ottimizzazione delle proprie esigenze».
Alessandro spiega che qualche anno fa hanno capito una serie di cose e cominciato a porsi domande del tipo: perché abbiamo due macchine? «L’obiettivo è individuare le cose che non ci servono davvero per arrivare a un punto in cui puoi lavorare il tempo che basta per vivere la tua vita», osserva.
«La felicità è un prodotto, la sua materia prima è il tempo. Questa è la teoria alla base di quello che sto facendo. Se vogliamo vedere la felicità come un prodotto noi dobbiamo pensare sempre alla materia prima. Possiamo vendere il nostro tempo, ma nella maggior parte dei casi lo svendiamo, oppure possiamo investirlo per trasformarlo in felicità. Come? L’autosufficienza alimentare ed energetica sono l’unico come. Avendo, al tempo stesso, cura della sfera affettiva, personale, mentale, fisica, cercando di portare avanti un modello educativo sostenibile».
LA NUOVA VITA DI ALESSANDRO SPEDICATI IN FAMIGLIA
Un altro degli obiettivi di Una vita quasi country è quello di creare una comunità. «Contiamo che ci vengano un sacco di idee condividendo la nostra esperienza quotidiana», conclude. «Stiamo ristrutturando casa installando pannelli fotovoltaici e termo idraulici. Possiamo essere indipendenti energeticamente con pochi kilowatt, abbiamo già raggiunto l’indipendenza idraulica con l’acqua potabilizzata per osmosi».
«Non buttiamo una goccia d’acqua perché la riutilizziamo», aggiunge. «Per quanto riguarda l’indipendenza alimentare, intanto siamo vegetariani, poi l’orto sarà fondamentale, puntiamo anche sul baratto con i frutti in eccesso in orto. L’abbiamo già fatto con i fichi». Ecco la piccola grande rivoluzione di Alessandro Spedicati.
Alla pari di quella di sua moglie Annalisa: «Il percorso intrapreso con Alessandro è sia un cambiamento verso uno stile di vita familiare diverso, sia un cambiamento individuale. Avevamo voglia di sperimentare una dinamica quotidiana lontana dalla città e alzare un po’ l’asticella, se così si può dire, cimentandoci in contesti diversi. Personalmente, era da tempo che meditavo sul prendere le distanze da alcune dinamiche prettamente consumistiche, partendo dal mio lavoro. Il mio approccio è ora interamente rivolto a stimolare piccoli cambiamenti quotidiani verso una vita più sostenibile, responsabile e attenta alla natura».
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