11 Ott 2023

Lucano e Saviano a processo: la democrazia è in pericolo?

Scritto da: Tiziana Barillà

È il momento della verità per Mimmo Lucano e Roberto Saviano e per i processi in cui sono coinvolti. Fra oggi e domani si scriveranno pagine importanti – e probabilmente funeste – per la democrazia italiana. Mai come in questa epoca il confine fra giustizia e interessi politici è stato così labile e con le pronunciazioni attese in questi giorni rischiano di crearsi precedenti pericolosi per il futuro democratico del nostro Paese.

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Due giorni: 11 e 12 ottobre 2023. Due imputati: un giornalista e un ex sindaco, Roberto Saviano e Mimmo Lucano. Un messaggio: fatti i fatti tuoi. Uno è accusato di diffamazione ed è stato trascinato in tribunale nientemeno che dall’attuale presidente del Consiglio. L’altro è accusato di associazione a delinquere, peculato e truffa per la gestione del modello Riace, nonostante non sia stato trovato nemmeno un euro come straccio di prova. È l’interesse politico, secondo l’accusa, a muovere le parole e le azioni.

11 OTTOBRE, REGGIO CALABRIA

I giudici della Corte d’Appello si ritirano in Camera di consiglio per deliberare sul processo Xenia che vede sul banco degli imputati l’ex sindaco di Riace e altre 17 persone. In appello, la procura generale ha chiesto 10 anni e 5 mesi, un’enormità. Eppure meno della condanna stabilita dal tribunale di Locri che, in primo grado, ha sentenziato 13 anni e due mesi, oltre a centinaia di migliaia di euro in multe.

Mimmo Lucano 1

Per la tentata strage razzista del 3 febbraio 2018, Luca Traini è stato condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione, Mimmo Lucano in primo grado a 13 anni e due mesi. È evidente che questa sentenza è a dir poco esagerata. E se qualcuno avesse ancora dei dubbi, sulla «nuova figura penalistica creata dalla demagogia populista: quella dei reati di solidarietà», un giurista del calibro di Luigi Ferrajoli ha scritto un prezioso contributo

Un processo penale lungo che ha visto cadere, uno dopo l’altro, molti capi d’accusa: sono cadute le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di matrimoni falsi, di carte d’identità che non dovevano essere rilasciate, le accuse agli asini della differenziata. Tutto quello che è stato usato da una parte della stampa per mettere in croce Mimmo Lucano si è sciolto come neve al sole svelando il vero obiettivo: rendere irregolare – o addirittura illegale – quanto da tempo e da ogni dove viene riconosciuto come virtuoso e necessario.

Il modello Riace ha dato ospitalità a migliaia di migranti che hanno abitato il paese, le sue strade, le sue case, le sue attività commerciali, artigianali e imprenditoriali, contribuendo a una rinascita necessaria nel deserto calabrese. Un modello di cittadinanza, non solo di accoglienza, dove i diritti sono per tutti a prescindere da provenienza e condizione burocratica. 

12 OTTOBRE, ROMA

Una giudice dovrà sentenziare nel processo Meloni contro Saviano, presidente del Consiglio contro scrittore. In altre parole – quelle dello stesso scrittore – dovrà intervenire su una precisa richiesta: «Il potere esecutivo chiede al potere giudiziario di delimitare il perimetro entro cui è possibile criticarlo». 

saviano

I fatti. «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle ong: “taxi del mare”, “crociere”… viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così? È legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza». Ha detto questo Roberto Saviano il 3 dicembre del 2020, a Piazza Pulita, commentando la morte del piccolo Youssuf, il bimbo di 6 mesi affogato nel Mediterraneo.

Tre anni dopo Giorgia Meloni è a capo del Governo, eppure non ritira la denuncia e porta in un tribunale tutta la sproporzione di potere che c’è tra il capo di governo e uno scrittore. Fuori da un’Italia addormentata e distratta; la mobilitazione c’è e c’è stata, come la scorta mediatica annunciata da Articolo 21. Non solo. «Portare avanti questa causa in qualità di presidente del Consiglio, può solo inviare un messaggio agghiacciante a tutti i giornalisti e gli scrittori italiani, e spingerli a non osare più parlare per paura di rappresaglie». Lo ha scritto il presidente di Pen International Bhuran Sonmez alla presidente Meloni per chiedere il ritiro della denuncia. Ignorato.

E intanto la stampa filo-governativa pubblica prime pagine su prime pagine, mettendo apertamente alla gogna lo stesso Saviano. Il potere politico ha scelto di ergersi contro la libera parola con ogni mezzo, anche in tribunale, persino contro uno scrittore sotto scorta che rischia tre anni di galera per avere espresso un’opinione. Del resto, ogni giorno, querele e denunce suggeriscono ai giornalisti di “stare calmi”, di fare attenzione a quello che scrivono e a quello che pensano. Da più di un anno, la Corte Costituzionale ha richiesto di rivedere le leggi penali sulla diffamazione, eppure giornalisti e scrittori sono ancora passibili di pene detentive.

Il potere esecutivo chiede al potere giudiziario di delimitare il perimetro entro cui è possibile criticarlo

DISOBBEDIRE ALL’ORDINE: FATTI I FATTI TUOI

Due processi apparentemente diversi ma che contengono lo stesso messaggio: fatti i fatti tuoi. Se le frontiere uccidono, i mari si fanno cimiteri, le campagne sono fabbriche di schiavitù: tu “fatti i fatti tuoi”. Se il sistema di accoglienza è un business in cui i migranti vengono – nella migliore delle ipotesi – parcheggiati nei templi dell’alienazione oppure rinchiusi in prigioni per innocenti o ancora abbandonati alla mercé del capitalismo criminale: tu “fatti i fatti tuoi”.

Se sulla Propaganda anti-immigrazione alcuni esponenti politici costruiscono la loro fortuna: tu “fatti i fatti tuoi”. E se pensi di denunciarlo o – peggio ancora – di percorrere una strada alternativa per fare fronte alle politiche criminali, sappi che criminale sarai giudicato tu. Tieniti pronto a ritrovarti sul banco degli imputati. E pure sulle prime pagine e nell’e aperture dei TG: denigrato, offeso, insultato.

L’11 e  il 12 ottobre non sono due giorni qualunque per la democrazia italiana, perché dissenso e solidarietà saranno seduti sul banco degli imputati. E quando i processi politici valicano la soglia delle aule dei tribunali, sono in pericolo i diritti di tutti e di ognuno. Davanti all’ordine “fatti i fatti tuoi” è necessario che ognuno di noi risponda con un sonoro rifiuto. 

AGGIORNAMENTO del 12 ottobre: la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha emesso la sentenza nei confronti di Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace imputato nel processo Xenia: condanna a un anno e sei mesi con pena sospesa. Crolla quindi la richiesta della Procura generale di 10 anni e 5 mesi. Ne parliamo nella rassegna stampa di oggi.

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