Alessando Sutera: “Vi racconto l’agricoltura sintropica nella mia Inferno food forest”
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Ragusa - Pianta focus, pianta azotofissatrice e pianta da biomassa. E poi ancora, di nuovo, pianta focus, pianta azotofissatrice e pianta da biomassa… Con questa modalità, ripetuta più e più volte, due anni fa Alessandro Sutera ha impiantato i primi alberi della sua Inferno food forest a Ragusa ponendo le basi di quella che non è solo una modalità di coltivazione e agriforestazione, ma un vero e proprio progetto di rivoluzione agricola in un territorio dove le serre la fanno da padrone.
Una storia, la sua, che parla di legame con la terra, con l’eredità della famiglia e soprattutto con la voglia di fare la propria parte nel cercare di dimostrare che si può mettere del bello nella vita di tutti i giorni e in questo mondo. Alessandro infatti oggi a 42 anni è uno di quelli che hanno deciso di non starci e di provare a cambiare letteralmente vita cercando ciò che davvero conta.
«Lavoravo in banca ma non ho mai pensato di poterci passare tutta la esistenza. Il mio animo non mi permetteva di rimanere lì fino alla fine del mio percorso lavorativo e ho sempre pensato che un giorno avrei preso quello che mi serviva per cambiare vita. L’occasione è arrivata nel periodo del Covid e con le varie regole imposte. Mi sono dovuto fermare dalla routine di ogni giorno e ho capito che era arrivato il momento di concentrarmi solo sul sogno che avevo da tempo: dimostrare che un’agricoltura diversa è possibile», racconta Alessandro mentre è alle prese con alcuni ordini della pasta a marchio Inferno food forest.
INFERNO FOOD FOREST: UN’ESPERIENZA DI AGRICOLTURA DIVERSA E SOSTENIBILE
Da qualche anno infatti, Alessandro coltivava un progetto: mettere su la sua Inferno food forest nel terreno di famiglia, che si trova appunto in contrada Inferno a Ragusa. E per questo aveva già cominciato a studiare le tecniche di agroforestazione e di agricoltura sintropica, sperimentando su parte del terreno ereditato modalità di agroforestazione – come quella sperimentata anche da Saja in provincia di Catania – che permettessero di rinunciare ai concimi chimici e ad altri trattamenti. «In questo terreno sono alla terza generazione di agricoltori», spiega.
«Il papà di mia nonna acquistò questi terreni – 34 ettari – nel 1937 per 340mila lire. La mia famiglia ha sempre coltivato e negli anni ‘70, mia nonna lavorava sul trattore mentre mio nonno andava come rappresentante a vendere i giro i prodotti della terra. Poi, negli anni ’90, non c’era nessuno che se ne potesse occupare e per un po’ affidarono i terreni a un’azienda biologica della zona che lavorava molto bene. Nel 2016 però ho cominciato a interessarmi di permacultura e nel 2018 ho piantumato le prime 150 piante di ulivo», continua.
Da allora conoscere le piante, consociarle, sapere tutto del suolo e capirne le opportunità è diventata una vera e propria sfida e ad oggi, dopo due anni di lavoro dedicato, si cominciano a raccogliere i primi frutti. Frutti che non sono “solo” le olive, i fichi, i melograni, le mandorle, le banane e il grano che Alessandro coltiva nei primi 4000 metri che ha già votato alla permacultura, ma anche la certezza che un’agricoltura diversa, sostenibile, non intensiva, biologica, sana e rispettosa della salute di ambiente e persone è davvero possibile.
ALESSANDRO SUTERA VUOLE DIMOSTRARE CHE SI POSSONO EVITARE CONCIMI E SERRICOLTURA
«Il mio sogno è dimostrare che si può fare e che si può evitare di ricorrere a serricoltura e agricoltura intensiva. Io qui vivo in un posto meraviglioso, in territorio di Ragusa che si affaccia verso Vittoria. Purtroppo nella mia provincia, e soprattutto nella zona di Vittoria, la situazione delle serre con la conseguente mal gestione delle plastiche e dei concimi sta provocando tanti danni e minacce alla salute umana e ambientale».
«Io sto seguendo – spiega – le tecniche dell’agricoltura sintropica di Ernst Götsch: una tecnica agricola che lavora in totale sintonia con la natura e con le sue risorse. Si tratta di un sistema agricolo produttivo svolto in un contesto forestale, che nasce dalle antiche conoscenze delle popolazioni native dell’Amazzonia e che è stato, appunto, razionalizzato da Götsch. Per sintropia si intende il principio che tende a far convergere l’energia in modo efficiente e soprattutto organizzato».
«Si tratta di una tecnica che si riconduce a quelle strategie di consociazione di piante e alberi che evitano di utilizzare concimi chimici e persino letame se non in fase di avvio». E in questo modo, Alessandro ha già avviato una piccola produzione che comprende l’olio, una filiera del grano russello per arrivare alla pasta e una quantità, ancora poco elevata ma in crescita, di frutta che vende ai gas selezionati, tra cui il Gas Mazzarelli di Marina di Ragusa di cui sua madre è stata la fondatrice.
IL SOGNO È ORGANIZZARE CORSI DI STILI DI VITA SOSTENIBILI A INFERNO FOOD FOREST
«Con la Inferno food forest – dice – siamo in conversione biologica e nel 2024 otterrò il marchio bio; intanto continuo a gestire i miei 10 ettari di terreno con l’idea di trasformarli tutti in agroforesta. Questo è per me anche un tentativo di capire bene il funzionamento prima di poter agroforestare anche gli uliveti e gli altri impianti. L’azienda è ancora molto giovane: sto andando avanti piano piano ma ogni giorno è un nuovo passo verso questo mio sogno di dimostrare che esiste una via diversa dalla imperproduttività monovarietale e che si attiene alle leggi della natura».
E per questo continua a studiare e a promuovere la sua idea sul territorio come ha fatto, ad esempio, in occasione del Maccia Fest. E come continua a fare organizzando anche momenti di formazione come quello che si terrà, dal 27 al 29 ottobre nella sua Inferno food forest con il corso di agricoltura sintropica di Gennaro Cardone, riforestatore di lunga esperienza e punto di riferimento per questa tecnica.
D’altra parte quello della formazione è un pallino per Alessandro, che pensa di trasformare presto i vari edifici che insistono sul suo terreno in altre aule per l’insegnamento e la divulgazione. «Mi piacerebbe ospitare e organizzare sempre più corsi di stili di vita sostenibili non solo relativi all’agricoltura ma alla vita in generale. Penso che tutti noi abbiamo il diritto e il dovere di provare a mettere il bello nella nostra esistenza e in quella di chi ci sta accanto».
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