Quando l’editore sono i lettori: Indip, il periodico sardo libero e indipendente
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“Lavorare liberi da imposizioni, interessi più o meno velati e interpretazioni ‘addomesticate’ è possibile”, recita il manifesto di Indip. Basta non avere editori né sponsor, pubblicità e pubbliredazionali, ma solo lettori. Al progetto di giornalismo d’inchiesta fondato da Pablo Sole, Raffaele Angius, Piero Loi, Monia Melis, Massimo Manca e Maria Giovanna Fossato ci si abbona. Così gli editori sono i lettori. Nato il 29 settembre 2021, partito da 650 sottoscrittori del crowdfunding, ha raddoppiato gli iscritti in un anno e adesso sono quasi 1500. Sardegna che Cambia è felice di stringere una media partnership, dopo quella con Helis blog, anche con Indip. Ogni mese il nostro portale pubblicherà un articolo delle inchieste coperte dalla redazione.
Pablo Sole, con quale spirito nasce Indip?
Indip nasce da un gruppo di giornalisti e giornaliste che due anni fa ha deciso di fondare una testata e provare una strada diversa rispetto all’esperienza da cui tutti proveniamo, e cioè essenzialmente dal mainstream, facendo esclusivamente inchieste e approfondimenti e seguendo il modello dello slow journalism, quindi massima accuratezza e verifica delle fonti. Niente di eccezionale, forse è qualcosa che si è un po’ perso negli ultimi anni vista la qualità in cui versa l’informazione oggi.
Qual è stata la risposta?
Grazie al crowdfunding: nel giro di tre mesi dovevamo raggiungere la cifra di 25mila euro, quella minima per partire, invece ne ne abbiamo raccolti 28mila, segno che c’è stata una risposta a un bisogno da parte della gente. A Indip ci si abbona con prezzi che riteniamo popolari perché l’idea è anche quella che uno studente possa permettersi di sposare il nostro progetto. Ad oggi abbiamo festeggiato due anni e siamo molto contenti. Abbiamo ricevuto una risposta dal pubblico che sinceramente non ci aspettavamo.
Perché?
È stato un po’ un salto nel buio, avevamo un’idea e da quella siamo partiti. Stiamo tentando di tirar su una nuova leva, non è facile perché qui si inizia subito a fare un certo lavoro, ma c’è ancora passione in giro. Colleghi come Andrea Carboni e Luigi Bussu, under 30, stanno facendo molto bene. Hanno collaborato anche Luigi Piga e Domenico Mussolino; insomma, la squadra si sta allargando. Inoltre abbiamo attivato altre collaborazioni, tra cui quella con IrpiMedia.
In queste settimane c’è una maxi inchiesta che state seguendo con particolare attenzione…
L’operazione Monte Nuovo doveva scatenare il finimondo, leggendo l’ordinanza si può dire che la realtà abbia superato di gran lunga la fantasia. Ci si poteva mai aspettare che l’assessore regionale del tempo e un attuale consigliere regionale fossero a pranzo con Matteo Boe, esponente del banditismo sardo? Come personaggio pubblico si dovrebbe avere cautela nelle frequentazioni.
Guardando i video che abbiamo pubblicato e leggendo le intercettazioni si capisce che il Presidente della Regione Solinas aveva rapporti diretti con Nicolò Cossu, già condannato per sequestro. C’è un’attrazione perniciosa nei confronti dei sequestratori e c’è un’intercettazione, che ancora non è uscita, in cui il consigliere regionale Satta và a trovare a Posada Ciriaco Baldassarre Marras, il quale ha prelevato materialmente Farouk Kassam, di cui si è tanto parlato nei primi anni ’90.
Che reazioni ci sono state di fronte a tutto ciò?
L’opposizione in Consiglio regionale è stata tiepida. Sulle ultime cose che abbiamo pubblicato, io mi sarei aspettato un’apertura di un Tg con quei video e vi dirò di più: sarebbe stato normalissimo fino a poco tempo fa. Io sono cresciuto con caporedattori che quando prendevi un buco, veramente ti cazziavano. Adesso succede il contrario.
Qual è il vostro ruolo?
Dare notizie. Il principio è cristallino: se si ha una notizia e se interessa il lettore la si pubblica. Il giornale è anche un prodotto editoriale ed economico e molto spesso le notizie non si danno perché si è distratti o perché ci sono interessi. Quindi la notizia o non si dà o in maniera molto blanda. Invece i lettori chiedono le notizie.
E il fatto è che quando dai le notizie, i lettori ti seguono. La crisi non è del giornalismo, è delle notizie. C’è un’autocensura incredibile o forse ci sono giornalisti non hanno più voglia di fare il proprio lavoro. L’informazione oggi è un deserto e bisogna anche dire che in Italia si querela facilmente perché non costa nulla.
Chi sono stati i tuoi maestri e cosa insegni tu adesso ai giornalisti in erba?
Senz’altro Cicci Porcu e Umberto Aime, coi quali ho iniziato a La Nuova Sardegna, poi Giommaria Bellu che, partito da La Nuova è diventato inviato di Repubblica, è tornato in Sardegna e insieme abbiamo fondato SardiniaPost. Devo dire che siamo pochi per la mole di lavoro che c’è.
La prima regola è questa: raccogliere tutte le informazioni che servono, metterle insieme, poi andare al bar e raccontare la notizia a un amico, perché anche zia Maria deve capire quello che stai raccontando. Non si scrive per sé stessi, ma per gli altri. Infine si fa un lavoro di fino: verificare le notizie e rispettare la loro gerarchia e soprattutto prima di sbattere il nome di una persona sul giornale la si chiama.
Indip è sul sito indip.it, Facebook, X, Instagram e Telegram.
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