25 Ott 2023

I’m Queər, any problem? Il collettivo che a Napoli lotta per l’inclusione e contro il binarismo di genere

I'm Queer, any problem? è un collettivo attivo a Napoli da moltissimi anni, ma in continua trasformazione ed evoluzione per la volontà di adeguarsi a nuovi tempi e nuovi bisogni. Nato per uno sfogo personale come una semplice pagina Facebook, negli anni è cresciuto fino a diventare un collettivo pronto ad accogliere tuttə, nel dibattito e in discussioni che riguardano tematiche come identità di genere, orientamenti sessuali e nuovi modelli relazionali. La lotta avviene attraverso il confronto, il dialogo e persino attraverso il divertimento. Ho incontrato Raffaele, creatore della pagina, e Luca, una delle ultime persone che sono entrate a far parte del collettivo, che mi hanno raccontato come è nato e come è cambiato nel tempo.

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I’M QUEƏR, ANY PROBLEM? SPAZIO DI LOTTA E CONDIVISIONE

Campania - È uno spazio di accoglienza, condivisione e ascolto, un luogo dove organizzare la lotta intersezionale, ma anche dove confrontarsi sui più svariati temi e crescere insieme. Si chiama “I’m Queər, any problem?” ed è un collettivo attivo a Napoli da tantissimi anni, ma in continua evoluzione e trasformazione per la volontà di adeguarsi ai nuovi tempi e nuovi bisogni. Ho incontrato Raffaele e Luca, che mi hanno raccontato la storia di I’m Queər, any problem? e la trasformazione che ha avuto negli anni, fino a diventare, come l’ha definito Luca, una “realtà emotiva” dove mettere al centro il proprio sentire.

L’INIZIO DELLA STORIA

Era l’agosto del 2010 e Raffaele, che aveva bisogno di un mezzo per sfogarsi dopo un lungo periodo di depressione, creò d’impulso una pagina Facebook che chiamò “I’m gay, Any poblem?”. All’epoca non era ancora consapevole della sua identità e si considerava una donna lesbica. La pagina ebbe immediatamente un enorme riscontro e iniziarono ad arrivare i primi messaggi che chiedevano di organizzare eventi o manifestazioni, che in quegli anni erano molto rari.

Im queər any problem 1

Nel 2010 in Spagna, come protesta contro le dichiarazioni omofobe di Papa Benedetto XVI, era stato organizzato un flash mob che prevedeva un bacio tra persone dello stesso sesso davanti al pontefice durante la sua visita a Barcellona. Unendosi alla manifestazione spagnola, Raffaele decise di organizzare due eventi anche in Italia, uno a Roma e uno a Milano, che ebbero un enorme riscontro.

Iniziò così un lungo periodo di attivismo, tra assemblee e flash mob organizzati in tutta Italia. Quando nel 2015 si unì alla gestione della pagina una persona trans, fu subito chiaro che il nome della stessa iniziava a essere riduttivo, poiché rappresentava solo una parte delle persone e poneva l’attenzione sull’orientamento sessuale, escludendo tanti altri aspetti. Così, si decise di cambiare il nome in “I’m Gay-Trans, Any problem?”.

«Fu allora che iniziammo a considerarci un collettivo – ha raccontato Raffaele – nonostante il nostro orientamento politico non fosse ancora ben definito, la lotta aveva iniziato ad abbracciare anche diverse identità di genere e orientamenti non omosessuali. Il lungo percorso di crescita e di cambiamento di tuttə e soprattutto il confrontarsi con persone diverse e di generazioni diverse portò a riflettere ancora sul nome del collettivo. Anche “Gay-Trans” iniziava a stare stretto».

Lottiamo per la nostra libertà, ma nel frattempo siamo felici di essere chi siamo

L’INCONTRO TRA DIVERSE GENERAZIONI

Fu proprio l’incontro tra Raffaele e Luca a essere risolutivo in tal senso. Luca, da persona giovanissima e appartenente a una generazione diversa, entrando a far parte del collettivo aveva portato all’attenzione di tuttə nuove e importantissime questioni. «Alla fine, quella del cambio nome era diventata un’esigenza collettiva», ha raccontato Raffaele. «Abbiamo deciso di ripartire da zero, con un nuovo nome, nuovi brand e anche un nuovo modo di portare avanti la lotta».

È così che nasce “I’m Queər, Any problem?”, dove quella ə sta lì per includere tuttə e per rovesciare il sistema binario in cui siamo cresciutə. «Sentivamo la necessità di sentirci rappresentatə oltre quelli che erano gli schemi che si erano creati nel tempo. Le associazioni e i movimenti del passato hanno creato un nuovo status, che però non tiene conto di quelle che sono le necessità delle nuove generazioni rispetto al senso di intersezionalità», ha spiegato Luca.

Nasce nel 2022 un collettivo che risponde alle esigenze emotive di tuttə e che abbraccia dibattiti di qualsiasi natura. «Se ho la necessità di esprimere qualcosa, utilizzo il collettivo come strumento per farlo. Parliamo di lotta di classe, di questione ambientale, uniamo il femminismo al transfemminismo e lo evolviamo verso il queerfemminismo, dando un senso nuovo a quel binarismo che ci è stato imposto anche dalle associazioni del passato».

Im queər any problem 22

“I’m Queər, Any Problem?” vuole restituire uno spazio a chiunque senta di esserne statə privatə. «Vogliamo riappropriarci di quel futuro che ci è stato bruciato, anche in senso climatico», ha commentato ancora Luca. «Quando ci accorgiamo di non avere spazio, ce lo prendiamo nelle assemblee, nei cortei o nelle manifestazioni. Trattiamo di qualunque tema, non solo quelli che riguardano direttamente la comunità queer».

IL CONCETTO DI PLESURE ACTIVISM

La lotta portata avanti da “I’m Queər, Any problem?” è una lotta gioiosa e abbraccia il concetto di “pleasure activism”. «Organizziamo club del libro, riscritture e revisioni di testi fondamentali per la teoria queer. Tratteremo di Halloween, Horror e Queer. Non siamo fissə e proviamo a distaccarci da quel senso di lotta vecchia e polverosa che stava bene nel ’68 e che siamo contentissimə sia stata fatta, ma che apparteneva al loro tempo, mentre ora andiamo avanti».

Spesso la lotta viene associata alla sofferenza, al dolore, che sicuramente è una base da cui partire, ma non è tutto. «Lottiamo perché non stiamo bene nel mondo in cui siamo, c’è una sofferenza, anzi un’insofferenza di base che ci spinge lottare, ma non è l’unica cosa che ci fa andare avanti. Lottiamo per la nostra libertà, ma nel frattempo siamo felici di essere chi siamo. Per questo abbiamo deciso di unire le nostre necessità, le nostre voglie le nostre passioni nella lotta. Perché, se non siamo fluide noi, come persone queer, chi dovrebbe esserlo?».

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IL POLIAMORE E ALTRI NUOVI MODI DI INTENDERE LE RELAZIONI

Durante gli eventi organizzati da “I’m Queər, Any problem?” si esplorano diversi temi. L’ultimo evento organizzato vuole andare oltre gli schemi tradizionali di relazione e affrontare il tema del poliamore. «Lo abbiamo chiamato “consenso entusiasta”, prendendo spunto dalla serie Sex Education. Parleremo, all’interno di un cerchio, di cos’è il consenso e perché si chiede all’interno di relazioni monogame e non. “Entusiasta” perché vogliamo uscire dalla narrazione per cui avere o dare il consenso comporta una sofferenza». Raccontare una realtà diversa da quella monogama, mono-amorosa e patriarcale è l’obiettivo del cerchio e in generale, di “I’m queər, any problem?”, che vuole creare, attraverso la lotta, un mondo nuovo e alla portata di tuttə.

COSA SIGNIFICA FARE ATTIVISMO A NAPOLI

Ho chiesto a Raffaele se, secondo lui, l’attivismo a Napoli fosse diverso rispetto a quello portato avanti in altre città. «Napoli è una città ancora molto legata a lotte vecchie e restìa a uscire dagli schemi», mi ha detto. «Ho trovato diverso fare attivismo a Napoli perché bisogna partire spesso dalle basi, rispetto ad altre città del nord. Come ragazzo trans, quando ancora mi definivo una donna lesbica a Napoli ho subito moltissima misoginia. Dopo, quando ho iniziato a transitare, mi sono accorto che, mentre in altre città sono già abituati a chiederti il pronome o a non chiederti assolutamente niente, a Napoli non è ancora così».

Im queər any problem 4

Eppure, questo significa che a Napoli sono più evidenti i risultati della lotta. «Se oggi posso andare in giro e non avere gli occhi puntati addosso come qualche anno fa, lo devo anche a chi insieme a me ha lottato», ha commentato Raffaele. «Napoli è complessa», ha aggiunto Luca. «È una città che ha una tradizione di alleanza con la comunità queer fortissima. I femminielli hanno avuto un ruolo centrale nella cittadinanza e sono sempre stati integrati nella comunità. Hanno combattuto durante le quattro giornate di Napoli e si occupavano di accudire i bambini del quartiere quando le famiglie non potevano farlo», ha raccontato Luca.

«Dall’altra parte, le realtà politiche attive a Napoli hanno anestetizzato la lotta perché, una volta ottenuto potere, sono diventate succursali di partiti, perdendo il senso di transfemminismo originario. Questo si vede tantissimo con il pride, perché quello di Napoli è il terzo in Italia per grandezza, ma uno dei più capitalizzati», ha continuato. “I’m Queər, any problem?” è una realtà di solidarietà e di unione, oltre che di lotta. Perché combattere una discriminazione vuole dire voler combatterle tutte e perché unirsi e incamminarsi insieme verso un mondo giusto e bello è forse l’unico modo possibile per sconfiggere le ingiustizie.

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