Igor Scalisi Palminteri, artista di quartiere tra fratellanza e neo-muralismo
Seguici su:
Palermo - Il Palazzo Reale e il quartiere Danisinni, a Palermo, sono separati da soli 700 metri, eppure la zona sembra un microcosmo lontano dal centro storico e sconosciuto persino a molti palermitani. Da qualche mese, lì dove un tempo sorgeva una scalinata araba, a unire il quartiere e Palazzo Reale c’è un murale intitolato Fiume di Vita opera dello street artist palermitato Igor Scalisi Palminteri.
Un’opera tra le tante di Igor Scalisi Palminteri che però è anche un po’ il simbolo del lavoro che l’artista palermitano, classe 1973, compie da anni non solo in nome dell’arte, ma con uno scopo sociale, educativo e culturale. Di fatto, così come il murale di Danisinni è una sorta di “satellite culturale contemporaneo” che riprende il tema dell’acqua caro alla Fondazione Federico II e l’iconologia arabo-normanna presente nei mosaici della Cappella Palatina, i lavori di Igor sono sempre vere e propri progetti di decoro umano e sociale.
IGOR SCALISI PALMINTERI, DA FRATE CAPPUCCINO AD ARTISTA DI STRADA E DI QUARTIERE
Ma andiamo con ordine perché per arrivare all’Igor Scalisi Palminteri degli ultimi anni, pittore quartiere – come ama definirsi lui – c’è un percorso che parla di arte, fratellanza e condivisione. «Il mio lavoro – dice – si è spostato dallo studio alla strada quasi per caso, assumendo la connotazione del neo-muralismo. Quello che faccio è sicuramente il frutto del mio percorso di vita, a partire dall’incontro con i frati Cappuccini, dagli anni trascorsi all’Accademia di Belle Arti, dal lavoro nel terzo settore e alle attività svolte con i bambini e le bambine con cui ho dipinto i primi muri».
Igor Scalisi Palminteri [qualche anno fa ha assunto anche il cognome della mamma, scomparsa prematuramente, ndr], dopo il liceo artistico era entrato a far parte dei frati cappuccini. «Mi sono avvicinato alla figura di San Francesco perché volevo sposarne lo stile di vita e soprattutto l’aspetto della condivisione e fratellanza. Dopo sette anni però ho lasciato l’ordine perché una parte di me voleva fortissimamente farsi una famiglia [oggi, infatti, Igor ha una compagna e una bambina, ndr]. Ma il senso della fratellanza e del lavoro con e per gli altri è rimasto dentro di me e contribuisce a fare di me ciò che sono oggi».
Dopo l’esperienza in convento e l’Accademia di Belle Arti di Palermo, Igor comincia a esporre in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero nonché ad animare vari laboratori di arti visive rivolti a bambine, bambini, ragazze e ragazzi, spesso a rischio di esclusione sociale, collaborando con Istituti Scolastici e con i servizi sociali. Poi nel 2018 la svolta e la scelta di dedicarsi quasi esclusivamente agli interventi per strada, dove opera dialogando con gli abitanti del quartiere e cercando di diffondere attraverso l’arte un senso di comunità e di cura.
I MURALES DI IGOR SCALISI PALMINTERI DIFFONDONO SENSO DI COMUNITÀ
«In realtà – dice – io lo faccio per me stesso, per prendermi cura di me e del mio bambino interiore. Quando faccio laboratori con i bambini, oltre a lavorare per il luogo, per consegnare a loro strumenti per creare qualcosa di cui andare fieri. La mia visione dell’arte ha un approccio sociale, i luoghi fragili mi attraggono. Le opere che ho realizzato si legano sempre a ciò che succede attorno a un muro, che non è fatto solo di mattoni ma anche di persone».
E di fatto le sue opere hanno un valore che va oltre l’estetica, e diventano a volte patrimonio dei luoghi in cui si trovano. Opere come La santa morte, San Benedetto il moro, Viva Santa Rosalia, sono esempi di una produzione in cui il tema della sacralità e dei santi è centrale con un senso riveduto, distorto e persino ambiguo del sacro. Mentre i murales si moltiplicano, Igor è impegnato continuamente in progetti sociali, di rigenerazione urbana e culturale.
Dal progetto Cartoline da Ballarò – con cinque muri dipinti da Andrea Buglisi, co-curatore, Alessandro Bazan, Fulvio Di Piazza e Crazyone – a Sangu e latti su un prospetto del quartiere Sperone di Palermo, inizia così un percorso insieme alle realtà locali. Nel 2021 in particolare è uno dei co-ideatori di Sperone 167 insieme all’artista Chekos e Danilo Alongi di Afea Art & Rooms: dall’incontro con gli abitanti del luogo, le associazioni, le scuole e tanti professioniste e professionisti nasce un’alleanza creativa che ha come motore, appunto, l’arte urbana.
Igor è tra l’altro l’autore del murales a Parco Verde di Caivano: un’opera in cui due bambine tengono in mano una piantina appena sbocciata e sorridono. L’opera, suo malgrado, è diventata il simbolo delle violenze in quella piazza di spaccio, anche se quando fu realizzata a maggio – prima dei fatti di Parco verde – nasceva con l’intento del segno di rinascita. Il murale, dal titolo Nessuno resti solo è infatti un intervento che denuncia l’assenza totale dello Stato nel promuovere futuri migliori di cui le comunità delle periferie hanno sempre bisogno non solo quando assurgono ai clamori della cronaca.
GLI ULTIMI PROGETTI: CORTILI I GIOCO ALLA ZISA E TELA DI COMUNITÀ I 11 COMUNI MADONITI
E di lavoro nelle periferie Igor, con la sua arte, non si stanca. «Al momento – racconta – stiamo concludendo un percorso alla Zisa [quartiere che in questi anni ha attirato anche l’attenzione del progetto Traiettorie urbane, ndr] che si chiama Cortili in gioco: con degli studiosi e inventori di giochi di strada, stiamo cercando di creare dei giochi dipinti a terra a servizio dei bambini del quartiere. Questa è una zona in cui ho lavorato sin da quando avevo 18 anni e fui uno dei soci fondatori del Centro Tau, un luogo dove torno sempre, da cui imparo e cui cerco di riconsegnare qualcosa».
Quello che è subito evidente quando Igor parla è il suo profondo senso di collettività, comunità e di squadra. «Io non sono un pittore solitario, non lo sono mai stato neanche quando dipingevo sul cavalletto. Anche allora contaminavo la mia pittura con performance di musiche e altre arti. Credo che anche nella mia arte sia ancora evidente la mia vocazione alla fratellanza che mi aveva portato a scegliere la vita da frate. Una vita e un senso della condivisione che mi sono rimaste dentro. Per questo quando lavoro a un progetto, ingaggio delle persone che non sono poi miei impiegati ma persone con cui condivido un pensiero e un’attività».
L’idea di condivisione, fratellanza e comunità, non a caso è anche alla base del progetto cui Igor Scalisi Palminteri lavora in questi giorni sulle Madonie. Si tratta di una Tela di comunità, all’interno del progetto Madonie culture accessibili che coinvolge 11 comuni. «L’idea è quella di un’azione di pittura comunitaria con una “tela di comunità” itinerante che attraverserà e “ri-cucirà” insieme gli undici Comuni coinvolti nel progetto. A ogni tappa i partecipanti al laboratorio dipingono la tela che viene posizionata a terra e alla fine, una sovrapposizione di segni, colori, immagini, ci sarà una grande tela che verrà divisa in 11 tele più piccole e ognuna sarà custodita in uno dei Comuni partecipanti».
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento