31 Ott 2023

L’orto di fiori eduli biologico, bello e buono di Ilaria Positano

Scritto da: Nicola Muratore

L'architetta Ilaria Positano unisce la sua passione per il design del paesaggio e per la floricoltura in un'attività all'avanguardia: giardini di fiori eduli, belli da vedere e buoni da mangiare. Intorno a queste colture ruota una concezione di agricoltura che unisce diversi valori, dal recupero delle tradizioni rurali alla riduzione di scala, dalla riduzione dell'impatto aziendale alla didattica per i bambini.

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Imperia - C’è chi nel proprio terreno pianta un orto per avere la verdura da mettere in tavola e chi invece pianta i fiori affinché il giardino sia bello e profumato. E poi c’è Ilaria Positano, che a Castel d’Appio, nell’estremo ponente ligure, ha un giardino di fiori belli e profumati e li mette anche in tavola, nella sua e in quella di diversi ristoranti della zona. Ilaria ha infatti aperto un’azienda agricola di fiori eduli, ovvero che possono essere mangiati. Sono andato a trovarla e a intervistarla.

Ciao Ilaria, raccontaci com’è nata questa idea che si è trasformata nella tua azienda agricola Fiori di Castel d’Appio. Qual è il tuo background?

Io sono laureata in architettura. Sono stata quattro anni a lavorare in Cina e poi uno in Corea, finché non è arrivato il Covid. A quel punto sono rientrata in Italia e ho lavorato un po’ in smart working per il Vietnam. A causa del fuso orario però avevo delle grosse difficoltà quindi ho iniziato ad accettare progetti anche qui in zona.

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Pian piano mi sono avvicinata a progetti relativi al paesaggio perché mi è sempre piaciuto dedicarmi agli spazi verdi. Tra questi ho accettato di progettare un giardino per il CREA ovvero il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Loro hanno studiato tutte le varietà eduli per sviluppare la floricoltura in maniera sostenibile grazie a dei finanziamenti europei.

In che modo i fiori sono entrati nella tua vita?

Questa tematica mi ha sempre interessato perché i miei genitori, prima che nascessi, avevano un’azienda agricola. Coltivavano ciclamini, margherite e altre tipologie di fiori, ma non era più sostenibile nemmeno da un punto di vista economico. Con l’avvento dell’euro infatti la concorrenza degli altri paesi, soprattutto dell’Olanda, era spietata. Adesso tutti i fiori arrivano dall’estero. Pensate al garofano. Qui si faceva addirittura la Battaglia di Fiori con i garofani, ma ormai non è più possibile. L’unico fiore che si coltiva ancora è il ranuncolo, ma per quello sono necessarie grandi quantità di pesticidi. Qui la floricoltura una volta era un lavoro redditizio, mentre ora sopravvivono solo le grandi aziende.

Io pensavo a questi temi già da un po’ quindi quando ho visto che il CREA se ne stava occupando ho preso la palla al balzo. Ho unito le mie idee di architettura e sostenibilità alle loro ricerche sui fiori eduli e ho iniziato a scrivere il progetto. A me interessavano soprattutto le piante officinali, aromatiche e curative. Queste erano già tutte nella nostra tradizione culinaria, ma ce ne siamo dimenticati. Io ho voluto recuperare questa tradizione e trasportarla nel nostro presente con le dovute innovazioni.

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Dunque, fiori eduli tra tradizione e innovazione. Spiegaci meglio: dove si innesta il discorso sull’ecosostenibilità?

In un mese, a gennaio 2023, ho scritto il progetto. Mi ha aiutato molto mio padre, che è agronomo e ha sempre lavorato nella floricoltura, come mia madre d’altronde. È una cosa di famiglia! Ho preso la loro tradizione e l’ho modernizzata. Le ho ridato nuova vita attraverso i concetti di sostenibilità, floricoltura bio ed edibilità.

Siamo in un mondo con sempre meno risorse, pensate all’acqua per esempio. La mia domanda è stata: ma abbiamo davvero bisogno di giardini che siano solo belli? Forse avremmo bisogno di qualcosa di diverso, come di un giardino che produca anche cibo, com’era una volta. L’idea quindi è questa: un orto a metà col giardino, che sia anche bello. Io mi occupo anche di design del giardino e voglio che ognuno di essi sia a metà con un orto. Anche nell’attività di design del paesaggio voglio proporre il modello dell’orto fiorito. Attraverso questi progetti riesco a unire l’etica e il design, la mia passione per l’architettura e per la floricoltura insieme.

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Inoltre la mia etica non prevede l’utilizzo di pesticidi. Tutto deve essere il più naturale possibile. Alla fine questi fiori verranno mangiati quindi non possono essere contaminati da sostanze chimiche. Venendo da una tradizione in cui sono sempre stati usati in abbondanza, ho potuto vederne gli effetti negativi. Si pensa sempre a chi mangia i prodotti, ma non bisogna dimenticarsi degli agricoltori e di chi lavora nei campi. Ho visto ammalarsi alcuni di loro proprio perché stavano costantemente a contatto con i pesticidi. Io ho voluto troncare con questa parte della tradizione e tramandarne il buono.

C’è quindi anche il gusto della riscoperta. Le persone non sanno più quali piante si possono mangiare. C’è il recupero dei sapori antichi, dell’amore verso la natura e i prodotti non processati. Ho sfruttato, ristrutturandola, la serra che utilizzavano i miei genitori. Ho selezionato le semenze tradizionali da un punto di vista nutrizionale e di gusto, aggiungendone poi alcune che ho scoperto durante i miei soggiorni all’estero e il progetto è partito.

La mia domanda è stata: ma abbiamo davvero bisogno di giardini che siano solo belli? Forse avremmo bisogno di qualcosa di diverso, come di un giardino che produca anche cibo, com’era una volta

Ci spieghi nel dettaglio cosa vuol dire per te essere sostenibile e naturale?

Il progetto vuole essere “zero energy” e basato sull’economia circolare. Vorrei utilizzare dei pannelli solari – che attualmente non ho ancora e per cui ho bisogno di finanziamenti – per l’elettricità necessaria. L’acqua invece viene già accumulata nelle cisterne e utilizzata al bisogno per l’irrigazione. Lo scarto di lavorazione viene riutilizzato come compost, quindi di fatto non produciamo rifiuti. Seguendo queste linee guida vorrei aprire un laboratorio di cui vi parlerò più avanti.

Non volendo utilizzare sostanze chimiche come i pesticidi, quando abbiamo dei parassiti ci procuriamo i loro antagonisti naturali. In serra quindi teniamo i fiori più fragili in modo che sia anche più facile rilasciare gli antagonisti. All’aperto gli antagonisti tendono a disperdersi. In serra invece rimangono e si riescono a gestire con più facilità. Fuori teniamo le piante aromatiche che sono più resistenti. Ho anche vinto il premio Oscar Green 2023 nella categoria “Energie per il futuro e sostenibilità” grazie all’attenzione che dò a questi concetti.

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Chi acquista fiori eduli?

Lavoriamo soprattutto con ristoranti, pasticcerie e cocktail bar della zona che utilizzano i fiori nelle loro ricette. Come dicevo prima, sono ingredienti veri e propri e non vengono usati solo per bellezza. I fiori sono molto delicati. Da quando li cogli hai circa due giorni per utilizzarli. Per questo si punta ad avere un mercato di prossimità. A noi chiedono di trasportarli anche lontano con i camino-frigo, ma per me non ha senso. Deve rimanere una cosa locale in modo da garantire il massimo della qualità. Questo è anche una garanzia del fatto che non utilizziamo conservanti oltre al rispetto per la stagionalità dei fiori.

Che progetti hai per il futuro?

Di recente ho comprato un essiccatore professionale. Al ristorante puoi dare solo il fiore perfetto. Buttare il resto facendone del compost è un peccato. Questi scarti, una volta essiccati, si possono usare per fare le tisane, gli infusi o per bellezza, soprattutto nelle pasticcerie perché rimangono comunque commestibili. L’anno prossimo quindi vorrei intraprendere l’iter per aprire il laboratorio dove essiccare i fiori a cui accennavo prima, insieme al mio e-commerce. Inoltre vorrei pensare delle attività educative per i bambini. Alcune scuole me lo hanno già chiesto e mi piacerebbe accontentarle. Penso che avere un’attività didattica poter spiegare gli effetti delle piante ai bambini sia importante.

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