Critical mass: l’invasione delle biciclette che fa bene al pianeta dal 1992
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Torino - Vi è mai capitato di essere bloccati da un gruppo gigantesco di ciclisti? Non parlo di piccole compagnie di atleti che magari si allenano insieme, ma di torpedoni che contano centinaia e centinaia di ciclisti urbani che si muovono insieme. In caso di risposta affermativa siete incappati quasi sicuramente in una “critical mass“. A Torino se ne tiene una il primo giovedì di ogni mese. Vi voglio raccontare com’è andata l’ultima a cui ho partecipato e raccontarvi un po’ di storia di questo fenomeno, a mio dire fondamentale, su cui è importante riflettere.
CHE COS’È LA CRITICAL MASS?
La critical mass è qualcosa di molto semplice che assume un valore enorme e una profondità concettuale straordinaria se calata nella società in cui viviamo oggi. Sostanzialmente è un gruppo di ciclisti autogestito che si riversa nelle strade della città e che lotta per i propri diritti. Le critical mass si configurano quindi come eventi spontanei ed esistono pressoché in ogni grande città del mondo. Letteralmente “critical mass” vuol dire massa critica. Il concetto di base è infatti che se il numero di persone in bicicletta, la massa appunto è sufficiente – ovvero critica – si riesce a bloccare il traffico automobilistico sovvertendo così le consuete gerarchie stradali. Come e perché sono nate le critical mass?
LA STORIA DELLA CRITICAL MASS
La prima critical mass di cui abbiamo traccia è avvenuta a San Francisco il 25 settembre 1992. Ciò che è fondamentale sottolineare è che è un fenomeno spontaneo, nato dall’esigenza dei ciclisti urbani di andare e tornare a casa incolumi dal posto di lavoro. Si è notato che agli incroci più pericolosi e sprovvisti di segnaletica verticale e semafori, i ciclisti considerati singolarmente incorrevano spesso in incidenti perché non visti dagli automobilisti.
Per far fronte al problema hanno iniziato quindi ad aspettarsi a vicenda, creando così dei gruppi che non potevano più essere ignorati, e solo a quel punto attraversavano l’incrocio tutti insieme in sicurezza. Da questo semplice gesto nasce il concetto di “massa critica” ovvero un gruppo di persone che non può essere trascurata perché troppo grande. Da questa consapevolezza nasce quindi la Critical mass come evento.
IN COSA CONSISTE ATTUALMENTE LA CRITICAL MASS
Preso atto che un cospicuo gruppo non può essere ignorato, i ciclisti hanno iniziato a istituire questi raduni proprio per reclamare a gran voce i loro diritti. Dalla rivoluzione industriale in poi lo spazio nelle città dedicato ai pedoni e ai mezzi non a motore è stato considerevolmente ridotto, arrivando all’odierna tragica situazione per cui solo il 20% del suolo pubblico urbano è dedicato a tutto ciò che auto non è. I marciapiedi e le piste ciclabili coprono una porzione irrisoria del suolo, senza considerare la manutenzione pressoché inesistente che ne viene fatta. La massa critica, costituita da mezzi senza motore, ha l’obiettivo quindi di riappropriarsi degli spazi che sono stati indebitamente monopolizzati dai mezzi a motore.
“La macchina è tua, la strada no”, recita un famoso slogan. La strada è di tutti e per questo deve essere democratica. Spesso si criticano i ciclisti quando pedalano in coppia e affiancati, tacciandoli di occupare troppo spazio, di intralciare il traffico. Si suona il clacson se il ciclista sta in centro alla carreggiata. Gli si attribuisce la colpa perché poco visibile. Attraverso le critical mass si cerca di ribaltare il punto di vista.
Se due ciclisti affiancati intralciano il traffico, quanto lo intralcia invece un veicolo che pesa diverse tonnellate, largo più di un metro e lungo più di due, quindi ben più di una bici? Non si pensa che il ciclista magari sta nel mezzo della carreggiata perché troppe volte gli sono state aperte le portiere addosso dalle auto parcheggiate? Sono i ciclisti a essere poco visibili o è la conformazione dei veicoli a impedire che il conducente veda bene?
STRATEGIE E I MODI DELLA CRITICAL MASS
Le critical mass hanno diversi punti di forza. Innanzitutto non si sta facendo nulla di illegale. Il semplice fatto che numerosi ciclisti si riversino nelle strade contemporaneamente non costituisce reato. Sono pedalate ovviamente non violente e, anzi, spesso sono informative. Non è raro infatti che vengano distribuiti volantini agli automobilisti o che si discuta con essi. Trattandosi di eventi spontanei, privi di una struttura organizzativa formalizzata, non si sa come arginarli. Non c’è nessuno che le rappresenti con cui prendersela, nessuno da zittire in modo che non convinca le altre persone a scendere in strada. E soprattutto non si possono arrestare così tante persone che non stanno infrangendo la legge, come afferma l’avvocata Jennifer Granick in un’intervista.
Oggi solo il 20% del suolo pubblico urbano è dedicato a tutto ciò che auto non è
Semplicemente, attraverso questo comportamento, si ribaltano le consuetudini: il ciclista non è più costretto a muoversi in un contesto pensato per le automobili in cui è in minoranza. Il ciclista non è più confinato a un ritaglio di spazio. Non deve più sgusciare tra le auto, schivare gli sportelli, scattare per non intralciare le macchine, adeguandosi a velocità che non gli sono proprie.
Ma sono le auto, per una volta, a stare nella condizione in cui di solito sono i ciclisti. E questo apre di conseguenza a un punto di vista nuovo e più democratico della strada, argomento di cui ho parlato approfonditamente con Elisa Gallo in questa intervista. Gli automobilisti che incappano in una critical mass si sentono esattamente come si sentono i ciclisti tutti i giorni ovvero costretti da regole non pensate per loro. Non si tratta solo di occupare gli spazi, ma di ridefinirli in base a nuove priorità: la sicurezza, la sostenibilità e le possibilità di ognuno.
LE CRITICAL MASS DI TORINO
La massa critica di Torino si raduna il primo giovedì di ogni mese in Piazza Castello alle ore 19. Si attende fino alle 19:30 e poi si parte. Chi lo ha deciso? Non si sa, è sempre stato stato così poiché, come dicevo prima, non c’è nessun vertice, nessun portavoce, nessun organizzatore. Solitamente prima della partenza c’è un open mic, ovvero un microfono dal quale può parlare chiunque, essendo responsabile per sé stesso. Essendo la Critical mass un evento trasversale, apolitico e apartitico, le tematiche possono essere le più svariate. Va da sé che, per la natura stessa della massa, i temi a essa associati siano spesso quelli dell’ecologia, della crisi climatica, della sostenibilità e della mobilità sostenibile.
Il 5 ottobre raggiungo quindi la massa in Piazza Castello. Al microfono parlano esponenti di diverse associazioni. Verso le 20 partiamo. Faccio fatica a contare quanti siamo, sicuramente più di cento. Facciamo una ventina di chilometri a meno di 10 km/h, questo per rendere la pedalata accessibile a chiunque. Noto che siamo scortati dalle forze dell’ordine e ne chiedo il motivo a un veterano della Critical mass. Mi spiega che, proprio in virtù del fatto che non ci sono organizzatori, la presenza della Polizia municipale non è richiesta da nessuno dei partecipanti, ma è una scelta autonoma del Comune di Torino per tutelare l’incolumità dei ciclisti e per questioni di viabilità.
Stiamo in giro circa due ore, armati di luci, campanelli, cartelli, musica e vestiti sgargianti. E in queste due ore non c’è stata una sola volta in cui io mi sia sentito in pericolo a causa di un’automobile. Mi godo Torino come è impossibile fare in solitaria, senza la preoccupazione costante di risultare un intralcio per qualche automobilista. Torno a casa col sorriso, sognando una città del futuro in cui non sarà più necessario ricorrere alle critical mass per sentirsi al sicuro per le strade.
Per approfondire il tema della mobilità sostenibile consiglio:
- Il potere dei pedali, O. Razemon, Edizioni Epoké 2017;
- Piccolo trattato di ciclosofia, D. Tronchet, il Saggiatore 2014;
- Elogio della bicicletta, Ivan Illich, Bollati Boringhieri 2006.
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