19 Ott 2023

Bonotto, la “fabbrica lenta” che unisce moda ed economia circolare

Dieci anni fa Bonotto ha iniziato a pensare ad applicare i concetti della sostenibilità e dell'economia circolare all’ambito della moda e, nello specifico, del tessile. Poiché questo settore è altamente inquinante, ha scommesso sulla trasformazione di tessuti riciclati quali materie prime sostenibili, per dare una nuova vita ai prodotti. Ne abbiamo parlato con Lorenzo Bonotto, direttore commerciale dell’azienda.

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Vicenza, Veneto - Un’azienda che si basa sul concetto di “fabbrica lenta”, un luogo di lavoro in cui i processi sono affidati a macchinari meccanici e non elettronici, che sono privi di automatismi, come vecchi telai scartati e in disuso, per un ritorno all’artigianalità. Ce ne ha parlato Lorenzo Bonotto, Direttore commerciale dell’azienda omonima, una manifattura tessile di Colceresa (VI) giunta oggi alla quarta generazione. Nasce nel 1912, inizialmente per produrre cappelli di paglia per poi trasformare la sua competenza creativa e manifatturiera in un’esperienza di produttività tessile, divenendo punto di riferimento per l’industria della moda a livello globale.

Da dove nasce l’esigenza di adottare un approccio sostenibile? 

Innanzitutto siamo partiti dall’esigenza del mercato e poi da un approccio etico al business. La prima motivazione ha a che vedere con la sostenibilità, poiché è un tema caldo da almeno dieci anni nel mondo della moda, ovvero da quando media, giornalisti e associazioni hanno iniziato a sollecitare il settore ad avere un approccio più sostenibile, poiché è fortemente inquinante.

Azienda Bonotto1

Queste organizzazioni hanno iniziato a sollecitare le grandi maison della moda come LV, Valentino o Armani nel cercare di fare pressione sulle filiere tessili che producono tessuto e su quelle che producono filo a promuovere dei sistemi per dare una risposta più vicina a un concetto di sostenibilità. 

In che modo in Bonotto vi impegnate a promuovere la sostenibilità?

Riutilizzando le bottigliette di plastica, ad esempio, attraverso una tecnologia portata avanti da un’azienda di Biella che trasforma lo scarto plastico in tessuti come la lana vegana, ovvero un prodotto che non è di origine animale in quanto 100% riciclato da bottigliette di acqua minerale. Nel concreto sono andati a copiare la morfologia del tox di lana su poliestere riciclato. Il poliestere è una massa liquida colorata che deve passare attraverso dei buchi (estrusione) rotondi, ovali, rettangolari, di sezioni diverse e i filamenti hanno caratteristiche diverse (dritto, onda, zig-zag). 

Tutti questi componenti sono stati mescolati per poi cercare una massa di “lana vegana” che simula la morfologia dei peli della pecora. Tox è la fase iniziale prima della filatura e ha le stesse caratteristiche della lana. Questo è un esempio concreto per creare un capo comodo e sostenibile rispettando anche l’esigenza di mercato. Il tox di lana è stato poi filato e cardato. Ecco un esempio di produzione sostenibile unita a un concetto etico che testimonia l’importanza di utilizzare quello che c’è in natura.

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È stata difficile la lavorazione durante la tessitura con questo tipo di filato?

No, è stato più difficile arrivare a trovare degli standard quantitativi costanti. Per tingere il filato siamo partiti da una materia prima sconosciuta che non è cotone, lana o poliestere ma poliestere riciclato, ovvero un materiale che ha ottenuto una seconda vita e necessitava di reagire al finissaggio e alla filatura. Una volta ottenuto il filo è stato avviato il passaggio successivo.

Quali sono stati i pro e i contro della lavorazione di questi tessuti?

Per quanto riguarda i pro, innanzitutto l’acquirente finale è attento al tema della sostenibilità e questo è un valore aggiunto. Le persone cercano infatti prodotti belli e provenienti da un processo di lavorazione etico. Chi compra fa quindi la sua parte nella filiera tessile, privilegiando prodotti sostenibili. Per quanto riguarda i contro invece, va detto che questa lavorazione ha un costo maggiore. Anche se si parte da uno scarto, i processi di recupero non hanno un’economia di scala che permette di abbattere gli investimenti.

L’azienda si basa sul concetto di “F”fabbrica lenta”: i processi sono affidati a macchinari meccanici, non elettronici e privi di automatismi come vecchi telai scartati e in disuso

Prevedete altri utilizzi delle bottiglie di plastica?

Sì, certo. Con la plastica produciamo la lana riciclata e il cotone riciclato. Tuttavia, mentre nei capi di poliestere riesci a ottenere del buon filo, sul cotone riciclato ottieni un filo di minor qualità. Adesso per fortuna la moda sta tornando a un concetto più vintage, quindi più lavato e “consumato”. Di conseguenza questi cotoni e queste lane posso essere utilizzate anche nel mondo della moda.

Cosa significa NWS?

Il certificato NWS garantisce che la pecora merinos è stata trattata con criteri che rispettino la salute dell’animale. Inoltre accerta che lungo la filiera produttiva non si è fatto ricorso a lavoro minorile o forme di schiavitù come accade in paesi come Cina o India. In questi posti, durante la prigionia, è usanza lavorare nelle fabbriche: per noi europei si tratta di lavoro forzato, ma per la legge cinese e indiana è rieducazione. La certificazione NWS garantisce quindi che questi parametri, etici e rispettosi dei diritti, siano una priorità.

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Questo articolo è stato realizzato dagli studenti e dalla studentesse della scuola secondaria di secondo grado A. Scotton, a conclusione del progetto“Green Learning”, un percorso formativo sul tema della sostenibilità, che permette di acquisire le competenze per individuare e raccontare una storia di cambiamento e sostenibilità nel proprio territorio. Green Learning è un progetto di Sineglossa, realizzato con il sostegno di Fondazione Cariverona, con il supporto di Comune di Bassano del Grappa, di Italia che cambia e dell’UNIVPM Università Politecnica delle Marche. Per saperne di più ed adottare il progetto nella tua scuola: https://greenlearning.it/

Articolo scritto da: Aurora De Rossi Aurora, Sayali Michelon, Altea Longhini e Asia Roncon delle classi 3-4 F dell’Istituto A. Scotton

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