Arpa Piemonte: “L’acqua non è un bene infinito ed è nostro dovere prendercene cura”
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Torino - Cambiamento climatico, siccità e abbassamento del livello dei fiumi: in che modo questi fenomeni influenzano la nostra società? Ma soprattutto, qual è la responsabilità della politica e quale la nostra? Proveremo a dare una risposta a queste domande attraverso la seconda parte dell’intervista a Elisa Bianchi, incaricata del settore “Educazione alla sostenibilità” e a Christian Ronchi, referente rischi naturali e ambientali della Regione Piemonte, nonché esperti di ARPA Piemonte.
Quando possiamo considerarci in presenza di uno stato siccitoso?
Il discorso è complesso. La siccità può essere rappresentata nelle sue varie forme, ad esempio quando si trasforma da siccità meteorologica a siccità cronica – detta aridità – tipica di alcune zone del Mediterraneo, parti della Sicilia e della Sardegna. La siccità parte sempre come siccità meteorologica: piove meno rispetto alla norma del periodo, su scale temporali molto ridotte come uno, due, tre mesi. Questa non ha ancora impatti socio-economici perché, sul breve periodo, le attività che utilizzano l’acqua – di qualunque natura siano – non risentono della sua scarsità.
Quando questa anomalia si protrae per periodi più lunghi come sei o dodici mesi, cominciano a esserci i primi problemi economici e l’agricoltura è la prima a soffrirne: le colture, se non vengono innaffiate, rischiano di perdersi. Se non piove o non nevica l’acqua deve comunque essere prelevata da altre parti, che sono essenzialmente due: dai fiumi o dalle acque sotterranee – la cosiddetta acqua di falda.
Se però inizia a esserci una siccità prolungata, che va dai sei mesi ai dodici anni, anche i fiumi cominciano a scarseggiare. Il prelievo dell’acqua dei fiumi è regolato da una serie di norme regionali e nazionali che, per esempio, prevedono sia garantito un deflusso minimo vitale del fiume che possa salvaguardare la biodiversità che vive in sua corrispondenza.
Cosa intendiamo quando parliamo di “guerra dell’acqua”?
Quando l’acqua scarseggia inizia quella che viene chiamata “la guerra dell’acqua”. Coloro che ne hanno bisogno da un punto di vista produttivo ne chiedono la somministrazione, ma naturalmente c’è da tener in considerazione la parte ambientale e quindi è necessario bilanciare le cose. Si parte una contrattazione ed emergono i primi impatti economici: l’agricoltura ha bisogno di acqua. Salendo su una scala un po’ più lunga come dodici, diciotto mesi di siccità, comincia a entrare in crisi il comparto idrogeologico, gli impianti elettrici, le industrie, che necessitano di acqua per funzionare, impattando sul tessuto economico e sociale.
Se la situazione si protrae, si cominciano a generare i primi impatti sociali. Per esempio, quando si tocca l’acqua potabile. In questo caso entrano in gioco due fattori che non dipendono tanto dal discorso naturale quanto da quello umano: il primo è la capacità di distribuzione delle acque sul territorio attraverso gli acquedotti; il secondo è il prelievo dell’acqua potabile non solo dai fiumi, non solo dalle sorgenti, ma anche dai pozzi. È qui che entrano in gioco le acque sotterranee, che sono diventate molto importanti nel contesto della siccità.
Per quanto riguarda l’impatto sociale, si pensi ad alcune parti d’Italia, soprattutto al Sud, dove spesso l’acqua, in alcuni periodi dell’anno, viene razionata durante la giornata. Per chiudere, se si considera che il Nord-Ovest è sempre stato considerato la “water tower” d’Europa per l’abbondanza d’acqua, forse è importante avere coscienza che l’acqua non è un bene infinito, per fare il primo passo verso una corretta gestione. Pensiamo che paradossalmente in alcune zone della Sardegna o della Sicilia che sono abituate a una scarsità d’acqua, le strategie di sopravvivenza per la gestione dell’acqua durante i periodi siccitosi sono molto più all’avanguardia ed efficienti delle nostre.
Sulla base di questi fenomeni possiamo dire che la responsabilità sia nelle mani dei politici o possiamo fare qualcosa anche noi per migliorare le cose?
La domanda è interessante. Arrivando dall’ambito della climatologia, c’è una risposta che do sempre e che va bene sia per l’acqua che per qualsiasi cosa riguardi l’ambiente: esiste sia una responsabilità personale, con delle strategie che personalmente possiamo mettere in campo per gestire al meglio l’ambiente in generale e l’acqua in particolare, ma c’è anche una responsabilità sociale, che è in capo a chi ci rappresenta. Quando penso a un politico non penso a una categoria al di fuori di me, ma chi mi rappresenta è come se fossi io al secondo livello.
Quindi sì, ci sono delle strategie personali da mettere in atto, prima fra tutte pensare che l’acqua non sia un bene infinito e di conseguenza adottare comportamenti che non sono privazioni, ma sono ottimizzazioni: un semplice esempio è chiudere l’acqua quando ci si lava i denti o bagnare il giardino solo se necessario. Tutte queste sono azioni che fanno comunque bene all’ambiente, in particolare alla gestione delle risorse idriche e sono piccoli accorgimenti che può mettere in atto ognuno di noi.
D’altro canto non può essere tutto calato sulla persona: la responsabilità dell’ambiente non è mai solo del singolo, ma è di noi tutti, considerati come società, e della nostra espressione politica. In questo, devo dire che c’è una coscienza politica e anche amministrativa, sia a livello regionale che nazionale, che fa sì che vengano messe in atto delle strategie anche economiche di macroscala. Possono andare da una gestione più corretta del rilascio del deflusso minimo vitale alla costruzione di invasi per trattenere l’acqua laddove c’è, o possono considerare la gestione della qualità dell’acqua sotterranea, che non è tutta potabile.
Tutto questo passa attraverso leggi, regolamenti, vincoli o facilitazioni che, avendo un respiro di macroscala, devono essere per forza l’espressione della nostra politica, dei nostri amministratori e non solo dei cittadini. Noi siamo sempre animali individuali e animali sociali: come animali individuali abbiamo delle strategie personali, come animali sociali abbiamo un’espressione politica, dobbiamo fare in modo che la nostra espressione politica agisca nella maniera più corretta per l’ambiente.
In conclusione, come esperti di Arpa Piemonte volete mandare un messaggio a chi leggerà il nostro articolo?
C.R.: Sì. L’acqua non è un bene infinito, questo è il messaggio e se diventa un riflesso automatico, le strategie di gestione dell’acqua vengono da sole. Questo si applica a tutte le attività legate all’ambiente. Quindi, in generale: avere attenzione all’ambiente, senza farla diventare una lotta generazionale.
E.B: Un ulteriore messaggio è che ogni azione conta. Ogni cosa che noi facciamo, per piccola che sia, può produrre un beneficio che dipende dalla nostra azione singola che può diventare collettiva se replicata da ognuno di noi, senza rimandarla ad altri. Al momento è importante risparmiare quella poca acqua che abbiamo, attraverso il nostro comportamento quotidiano: un’azione collettiva e costante è fondamentale per salvaguardare l’ambiente che ci circonda.
L’iniziativa fa parte di “AGISCI ORA! Ognuno fa la differenza”, progetto che mira a promuovere l’attivismo e la partecipazione dei giovani nella periferia sud di Torino sui temi dell’emergenza climatica e ambientale. Questo articolo è stato realizzato con il sostegno finanziario dell’Unione Europea, attraverso la Regione Piemonte nell’ambito di Mindchangers – Regions and youth for Planet and People. I contenuti sono di sola responsabilità di Italia Che Cambia e non riflettono necessariamente le opinioni dell’Unione Europea.
Articolo scritto da Virginia, Francesca, Marco, Lara, Alessio e Luca della classe 3A dell’ITIS Pininfarina di Moncalieri.
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